Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27389 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/01/2024 del TRIBUNALE del RIESAME di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del PG NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di Tribunale del riesame, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria in data 6 dicembre 2023, che aveva a sua volta rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere disposta nei suoi confronti in relazione ai reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e di estorsione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, con cui lamenta la violazione di legge (in relazione agli artt. 125, 178, 274 e 275 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione.
I giudici del riesame avrebbero omesso di offrire una congrua risposta rispetto agli elementi, sopravvenuti rispetto al giudicato cautelare, limitandosi a valorizzare irritualmente il consolidamento dell’ordinanza genetica e la natura storica del sodalizio mafioso.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto con motivi generici, poiché evitano di confrontarsi appieno con il percorso giustificativo del provvedimento in esame, e comunque manifestamente infondati.
Sovrapponendo, infatti, questioni incidenti sull’affievolimento della gravità indiziaria e sulla permanenza delle esigenze cautelari, il ricorrente si duole della mancata considerazione di elementi in ipotesi rilevanti a discarico (l’assenza di circostanze indizianti in altro procedimento penale; il sequestro di documentazione concernente regolari trattative negoziali con le supposte persone offese delle estorsioni, senza che poi siano emersi specifici seguiti investigativi sul punto; la mancata chiamata in correità da parte dei più recenti collaboratori di giustizia; il non breve periodo di carcerazione, a fronte dell’attenuazione del regime cautelare per il coimputato COGNOME sulla sola base del decorso del tempo), tutte asseritamente obliterate dal Tribunale, «trinceratosi» sul giudicato cautelare.
Le deduzioni, al contrario, sono tutte debitamente registrate nella sentenza impugnata, ma ritenute insufficienti a fondare una pronuncia di accoglimento, sulla base di considerazioni scevre da vizi logico-giuridici.
2. Il Tribunale, in primo luogo, ha rilevato come, in relazione ai fatti per cui è stata applicata la misura, COGNOME fosse già stato condannato, con sentenza non definitiva, alla pena di tredici anni e sei mesi di reclusione. Resta dunque preclusa ogni valutazione sulla persistenza dei gravi indizi di colpevolezza necessari al mantenimento della misura di cautela personale, dal momento che la decisione cautelare non può porsi in contrasto con il contenuto della sentenza, pur non irrevocabile, emessa in ordine ai medesimi fatti nei confronti dello stesso soggetto, stante la relazione di strumentalità esistente tra il procedimento incidentale e quello principale (Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017, COGNOME, Rv. 272398; Sez. 2, n. 5988 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 258209; Sez. 1, n. 44081 del 11/11/2008, COGNOME, Rv. 241851).
Quanto al periculum libertatis, correttamente l’ordinanza impugnata richiama il disposto di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., che sancisce, qualora si proceda per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, una doppia presunzione, di natura relativa («salvo che siano acquisiti elementi» di segno contrario) per ciò che concerne la sussistenza delle esigenze cautelari e di natura assoluta con riguardo all’adeguatezza al loro contenimento della sola misura carceraria, quest’ultima superabile nei soli casi previsti dall’art. 275, commi 4 e 4-bis, cod. proc. pen (cfr. Sez. 2, n. 24515 del 19/01/2023, Sinneoli, Rv. 284857).
Il Collegio, sul punto, ribadisce e intende dare seguito all’orientamento di legittimità, per cui il mancato accoglimento della richiesta di sostituzione o di revoca di misure cautelari applicate per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ove la condotta sia riconducibile alla partecipazione ad un’associazione mafiosa “storica”, caratterizzata da un risalente radicamento e da una riconosciuta stabilità, impone al giudice un onere motivazionale attenuato in ordine alla persistenza del periculum libertatis, anche nei casi in cui sussista una qualche distanza temporale tra l’applicazione della misura e la richiesta di sostituzione della stessa, posto che l’attualità delle esigenze è immanente a tale tipo di reato e può essere esclusa solo in presenza di prova della rescissione di ogni rapporto dell’accusato con il sodalizio (Sez. 2 , n. 12197 del 14/12/2022, dep. 2023, Bella, Rv. 284474; Sez. 5, Sentenza n. 36389 del 15/07/2019, COGNOME, Rv. 276905). Il cosiddetto “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato rileva dunque in misura limitata, a norma dell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. e nei limiti suindicati. Pertanto, qualora sussistano i gravi indizi di colpevolezza e non ci si trovi in presenza di una situazione nella quale fa difetto una qualunque esigenza cautelare, non è idonea, di per sé sola, a escludere il requisito in questione la mera allegazione del tempo trascorso, che può essere valutato solo in via residuale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Tribunale del riesame, peraltro, ha chiarito adeguatamente come in ogni caso la suddetta presunzione non sia vinta da esiti asseritamente negativi di distinti procedimenti (in particolare, un proscioglimento per prescrizione per il delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. o gli accertamenti sui rapporti con g imprenditori Berna, a fronte di prognosi procedimentali avanzate dal ricorrente in via del tutto congetturale), dalla mancanza di nuove propalazioni eteroaccusatorie (poiché i collaboratori erano collocati in altre aggregazioni criminali del reggino) e dalle diverse determinazioni assunte nei confronti di altro componente della cosca RAGIONE_SOCIALE (non fondate su fatti nuovi utilmente valutabili anche per la posizione di COGNOME).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà del ricorrente, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso 1’8 maggio 2024