Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9412 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9412 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a GIOIA TAURO avverso l’ordinanza in data 29/09/2023 del TRIBUNALE DI VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sosti Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha illustrato i motivi del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanz in data 29/09/2023 del Tribunale di Venezia, che ha rigettato l’appello present avverso l’ordinanza in data 29/08/2023 del Tribunale di Verona, che avev dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di revoca o sostituzione della m cautelare della custodia in carcere, applicata in relazione ai reati di estorsi usura aggravati dal metodo mafioso.
Deduce:
Inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazion all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. per errata applicazione del principio presunzione carceraria nei criteri di scelta della misura cautelare e per comunque omesso di motivare sulle censure esposte con l’appello.
Dopo avere riassunto la vicenda fattuale, processuale e procedimentale, il ricorrente osserva che «per l’ordinanza impugnata, anche rispetto a reati per i quali non è giuridicamente prevista una presunzione assoluta dell’esigenza cautelare carceraria bensì relativa (…), sarebbe possibile una rivalutazione della misura cautelare carceraria con altra meno afflittiva solo nell’ipotesi in cui l’indagato e/ imputato manifesti una propria consapevolezza critica del proprio vissuto o addirittura confessi il reato contestato o comunque ponga in essere condotte positive rispetto al proprio vissuto criminale. Ciò senza considerare, nel rispetto del legittimo diritto di difesa, che l’imputato possa e debba, come nel caso di specie, proclamarsi innocente».
Tale argomentare, secondo il ricorrente, configura la violazione di legge, atteso che i giudici hanno l’obbligo di valutare l’attualità delle esigenze cautelari quando sia decorso un considerevole lasso temporale dalla data di commissione del reato rispetto all’applicazione della misura cautelare.
Aggiunge che il Tribunale di Verona non si è confrontato e non ha dato risposta alle deduzioni difensive, richiamando una generica e astratta presunzione cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il tribunale ha rigettato l’appello delibando gli elementi di novità rappresentati con l’atto di appello.
In particolare, ha osservato che la parziale assoluzione di COGNOME per alcuni dei reati contestati non comportava l’attenuazione o l’elisione delle esigenze cautelari, atteso che era stata confermata la responsabilità per il reato costituente il titolo cautelare, infliggendo una pena assai rilevante, a conferma della gravità dei fatti e del contesto criminale della loro perpetrazione; che -diversamente da quanto sostenuto dalla difesa- l’imputato non aveva prestato alcuna collaborazione, in quanto in sede di esame dibattimentale si era limitato a sminuire le proprie responsabilità; che la posizione di COGNOME risultava solo allegata e non dimostrata dalla difesa; che, comunque, la lontananza di COGNOME risultava del tutto ininfluente, atteso che il pericolo di reiterazione era di ordine generale, e non correlata alla singola persona offesa; che a fronte di quanto esposto, il tempo decorso dall’applicazione della misura non assumeva alcun rilievo, attesa l’irrilevanza del mero decorso del tempo in regime di custodia carceraria; che il superamento della presunzione di pericolosità poteva avvenire solo in presenza di elementi dedotti dal cautelato, nel caso di specie mancanti.
1.2. La rilevata presenza di una motivazione adeguata e puntuale su tutte le argomentazioni sviluppate con l’atto di appello dimostra la manifesta infondatezza della denuncia di omessa motivazione. Peraltro, va rilevato che l’assunto secondo
cui il tribunale avrebbe preteso la confessione travisa il contenuto della motivazione.
In realtà, è stato il ricorrente a prospettare al tribunale l’esistenza di u rapporto collaborazione utile ad attenuare le esigenze cautelari. A fronte di ciò, il tribunale si è limitato a dare risposta all’argomentazione difensiva, rimarcando come -in realtà- COGNOME -diversamente da quanto allegato dalla difesa- non avesse prestato alcuna collaborazione.
1.3. Alla manifesta infondatezza si aggiunga anche che il ricorso si presenta come una mera rivalutazione delle emergenze procedimentali, alternativa e antagonista a quelle del giudice di meno.
Va, infatti, rilevato come dalla lettura delle argomentazioni esposte non emergano vizi riconducibili alla manifesta illogicità ovvero alla contraddittorietà, mentre, d’altro canto, le censure sviluppate con il motivo si risolvono in un’interpretazione degli elementi fattuali antagonista a quella dei giudici del merito.
Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito», (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, Lupo Rv. 252178).
Quanto COGNOME esposto COGNOME porta COGNOME alla COGNOME declaratoria COGNOME di COGNOME inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comm 1- ter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen..
Così deciso il 01 febbraio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME