Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36326 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36326 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Siracusa il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 7971 della Corte di appello di Milano del 6 novembre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
sentito il PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, per la ricorrente l’AVV_NOTAIO, del foro di Milano, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, in data 6 novembre 2023, ha confermato la sentenza con la quale il precedente 24 ottobre 2022 il Tribunale di Milano aveva dichiarato la penale responsabilità di COGNOME NOME NOME ordine al reato di cui all’art. 10-ter del dlgs n. 74 del 2000 per avere, nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE omesso di versare, entro il termine previsto, l’Iva relativa all’anno di imposta 2015, per un importo pari ad euri 447.342,00 quindi ampiamente superiore rispetto alla soglia di punibilità stabilita dal legislatore, e la aveva, pertanto, condannata alla pena ritenuta d giustizia.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha interposto ricorso per cassazione la difesa della COGNOME, articolando 5 motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha lamentato la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte di Milano nel non rilevare la fondatezza della eccezione di incompetenza territoriale del giudice milanese, atteso che la sede operativa della RAGIONE_SOCIALE non era in Milano ma in circondario di Siracusa; ha rilevato la difesa dell’imputata che il criterio derogatorio della competenza territoriale stabilito dall’art. 18 del dlgs n. 74 del 2000 si applica solamente nel caso i cui non sia possibile determinare diversamente il foro competente, cosa che nell’occasione non si sarebbe verificata, attesa la indubbia collocazione della sede operativa della società della quale la RAGIONE_SOCIALE era amministratrice formale in territorio di Augusta, quindi nel circondario di Siracusa.
Il secondo motivo di ricorso attiene alla violazione di legge per non avere la Corte di merito considerato la circostanza che la COGNOME era una mera prestanome la quale non avrebbe avuto neppure i poteri sostanziali per adempiere alla obbligazione tributaria la cui omissione le è attualmente contestata.
Il terzo motivo attiene alla carenza dell’elemento soggettivo del reato in esame non avendo la imputata mai avuto alcuna intenzione di omettere il versamento dell’Iva dovuta, come dimostrato anche dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE si avvaleva, per il corretto adempimento degli obblighi tributari, di un servizio professionale di assistenza fiscale.
Il quarto motivo di ricorso attiene alla carenza di motivazione in relazione alla determinazione della pena, non contenuta nel minimo.
Infine, il quinto motivo concerne la illegittimità della confisca del valore delle imposte evase, disposta sebbene sia emerso che, a decorrere dal 2017, la RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultati del tutto privi di pregio í motivi posti a suo sostegno, va dichiarato inammissibile.
Quanto al primo motivo di impugnazione, concernente la affermata incompetenza territoriale del giudice adito, si rileva che, per come il motivo di impugnazione è stato impostato, esso è inammissibile.
Si rileva, infatti, che, trattandosi di reato avente carattere omissivo il luogo di sua perpetrazione è ontologicamente incerto, potendo ritenersi tale qualunque luogo dal quale sarebbe stato possibile eseguire il pagamento che, invece, è stato omesso.
Per tale motivo il radicamento della competenza di fronte alla autorità giudiziaria milanese non è avvenuto sulla base della, verosimilmente erronea, considerazione che era nel circondario di Milano che la RAGIONE_SOCIALE aveva la sua sede operativa, ma in ragione del dato normativo secondo il quale, ove non sia possibile diversamente accertare il foro competente (cosa che come detto si verifica nella fattispecie) è competente l’autorità giudiziaria che per prima ha iniziato ad indagare in relazione ai fatti di causa; quindi, quanto alla fattispecie, incontestatamente l’autorità giudiziaria di Milano.
Anche il secondo motivo di impugnazione è privo di pregio; premesso infatti che la COGNOME rivestiva, senza che la questione abbia formato oggetto di alcuna censura, la veste di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, era lei – eventualmente in concorso con coloro i quali esercitavano in via di fatto i poteri di gestione della predetta società di cui lei era formalmente investita che era tenuta ad eseguire i versamenti delle imposte dovute per legge; va aggiunto che – a fronte della eventualità in cui la stessa, asseritamente non fornita di alcun reale potere gestionale, non fosse stata dotata da chi in via di fatto esercitava i poteri direttivi della impresa commerciale condotta dalla RAGIONE_SOCIALE dei mezzi finanziari per fare fronte agli obblighi, presidiati anche, in caso di inadempimento, dalla sanzione penale, tributari incombenti sulla predetta società – sarebbe stato suo onere, onde sollevarsi dal rischio della responsabilità penale, rassegnare con effetto immediato la proprie dimissioni dalla carica e, in caso di mancata nomina di un nuovo amministratore,
sollecitare le Autorità competenti a provvedere con gli strumenti legislativamente previsti per assicurare l’avvicendamento della cariche sociali rappresentative.
Anche il terzo motivo di impugnazione è manifestamente infondato; infatti, quanto alla sussistenza in capo alla COGNOME dell’elemento soggettivo del reato a lei contestato, si osserva che, quand’anche si volesse ritenere che la stessa non fosse l’amministratrice reale della società in questione, essendo una mera prestanome di altri soggetti, il dato di fatto, segnalato in sede di merito che la stessa fosse comunque soggetto esperto di contabilità aziendale, quindi non digiuno degli obblighi anche fiscali che competevano al legale rappresentante di una impresa, rende del tutto giustificato il ritenere che la stessa fosse pienamente partecipe delle iniziative finanziarie poste in essere (ovvero trascurate) dalla società medesima; poco rileva il fatto che la RAGIONE_SOCIALE si avvalesse della collaborazione di un servizio di assistenza fiscale, non essendo in discussione il dato dell’avvenuta omissione dell’adempimento fiscale.
Il motivo di ricorso concernente la determinazione della pena in misura, peraltro assai contenuta, superiore al minimo edittale previsto per il reato in contestazione, è manifestamente infondato, laddove di osservi che siffatta determinazione è stata plausibilmente giustificata da parte del giudice del merito dal fatto che l’ammontare della imposta evasa, pari ad euri 447.342,00, risulta abbondantemente superiore alla soglia di punibilità prevista per il reato in esame, di tal che non è ingiustificata la determinazione di una sanzione che si discosti dal minimo edittale che, logicamente, appare congruo in relazione ad omissioni tributarie il cui ammontare, diversamente da quella ora in questione, non sia sensibilmente superiore alla soglia di punibilità fissata dal legislatore.
Quanto all’ultimo motivo di impugnazione, avente ad oggetto l’avvenuta confisca per equivalente di beni nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE per un importo pari a quella della imposta evasa, si osserva che la doglianza formulata dalla ricorrente, argomentata sulla base dell’avvenuta dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE, è manifestamente infondata, non essendo chiaro, a tutto voler concedere, in quali termini l’avvenuta insolvenza di un soggetto terzo rispetto alla ricorrente avrebbe il potere di bloccare l’efficacia della previsione normativa che impone la confisca del profitto del reato apparendo, anzi, siffatta circostanza idonea a rendere attuale, proprio in funzione della problematicità di rinvenirne le tracce immediate nell’esausto patrimonio della
società beneficiaria, l’esigenza di provvedere al sequestro, sia pure per equivalente, del valore di detto profitto Jracciandolo nel patrimonio di chi materialmente ha commesso il reato.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile e la ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente