Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2110 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2110 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SARONNO il 06/06/1973
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE d’APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della se del GIP del Tribunale di Monza del 16.11.2022, emessa a seguito di rito abbrevi rideterminato la pena inflitta nei confronti di NOME COGNOME in anni due e me reclusione, riducendo nella stessa misura anche le sanzioni accessorie di cui a ultimo comma, I. fall. La Corte territoriale ha confermato nel resto la sentenza grado e, quindi, la condanna dell’imputato in relazione ai reati di bancarotta f patrimoniale e documentale, nonché di bancarotta impropria da operazioni do contestati al capo 1, ed ai reati tributari contestati ai capi 2,4 e 5, quale unico della RAGIONE_SOCIALE – una società “cartiera” fallita il 26.6.2019 – d costituzione sino al 13.4.2018.
Avverso il provvedimento d’appello citato ha proposto ricorso l’imputato, t difensore di fiducia, formulando un unico motivo con cui, in sintesi, deduc violazione di legge e mancanza e contraddittorietà della motivazione del provved impugnato in relazione alla valutazione delle prove, travisate o pretermes riguardo all’elemento soggettivo dei reati.
La difesa evidenzia che dall’istruttoria dibattimentale è emerso come il ricorren coimputato, NOME COGNOME COGNOME anch’egli amministratore della società falli periodo, fossero meri prestanome, individui senza fissa dimora che vivevano ai m della società, senza competenze di sorta per poter operare quali amministrator società ed in relazione ai quali il dubbio circa la sussistenza del coefficient doloso doveva essere immediatamente evidente.
Si rappresenta, altresì, che vi erano prove acquisite al processo (anche emai individuare in NOME COGNOME COGNOME, rappresentante di uno studio contabile provincia di Bergano, l’amministratore di fatto della fallita (insieme ad un altr NOME COGNOME): COGNOME era colui il quale aveva attivato la società cartiera e portando avanti il suo sistema fraudolento.
A giudizio della difesa, il prelievo di contanti dalle casse sociali, da parte d contanti utilizzati in pagamenti di varia matrice (stipendi dei numerosi dipend falita; acquisto di materiali e mezzi per i cantieri in atto) – costituisce un’a banale e scontata, da cui non potrebbe essere desunta la prova della consapevole delitti contestatigli. Neppure può derivare tale prova, di per sé, dalla co dell’accettazione della carica di amministratore unico da parte del ricorrente.
Si contesta anche l’utilizzabilità delle dichiarazioni contro l’imp dall’amministratore di una ditta che era in rapporti economici con la fall COGNOME, il quale è stato ascoltato a sommarie informazioni senza l’assiste
difensore, mentre invece egli avrebbe dovuto avere la qualifica di indagato di reati connessi.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione NOME COGNOME con requisitoria scritta, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Le ragioni addotte dal ricorrente a sostegno della sua richiesta di annullamento sono state costruite in modo disorganico e secondo direttrici rivalutative delle prove, che si collocano al di fuori del sindacato di legittimità, consentito in tal caso solo dinanz manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Le argomentazioni difensive sono sviluppate prevalentemente attraverso la trascrizione di brani di alcune annotazioni di polizia giudiziaria e la mera, assertiva contestazione dell’attendibilità di alcune fonti dichiarative, oltre che proclamando l’estraneità ricorrente alla firma dei contratti di subappalto al centro della contestazione di bancarott fraudolenta
Si tratta di un incedere inammissibile anche, dunque, nell’approccio critico proposto, generico ed apodittico, privo di confronto reale con le ragioni sviluppate dalla sentenza impugnata per giungere alla condanna del ricorrente, che, invece, ha approfonditamente Il ruolo dell’imputato è stato attentamente esaminato nella sentenza di primo grado, che ha evidenziato plurimi e chiari indicatori delle funzioni effettivamente gestorie svolte da ricorrente nella fallita (i prelievi in contanti per pagare in nero i dipendenti; la fir contratti di subappalto, messa in dubbio con un argomento difensivo inedito e proposto per la prima volta nel ricorso, come emerge dai motivi di appello e dalla sentenza impugnata sicchè anche per questo inammissibile). Sono manifestamente infondate, pertanto, oltre che generiche, le deduzioni con le quali la difesa ha tentato di far passare la posizione del ricorrente come quella di mero prestanome.
I giudici di secondo grado, saldandosi con le motivazioni della sentenza del Tribunale, hanno inoltre evidenziato come il ricorrente avesse effettuato consistenti prelievi di danaro dalle casse sociali della fallita tra aprile 2017 e maggio 2018, sottraendo oltre 500.000 euro ed effettuando ricariche di carte prepagate per oltre 800.000 euro.
Rispetto a tale solido indice di fraudolenza dell’agire gestorio da parte dell’imputato, ricorso si limi a considerazioni del tutto generiche.
Irrilevanti, poi, si rivelano le obiezioni all’attendibilità delle testimonianze citate in ed alla legittimità della loro assunzione, visto che non si deduce la loro decisività.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul pun Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 ottobre 2024.