Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19144 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CUI 03DC1T3) GLYPH nato in TUNISIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/12/2023 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Genova’ in parziale riforma della sentenza con la quale il Tribunale della Spezia aveva condannato NOME per il reato di ricettazione, ritenuta l’attenuante
del fatto di particolare tenuità prevalente sulla recidiva, rideterminava la pena in dieci mesi di reclusione e duecento euro di multa.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello per violazione di legge.
2.1. Con il primo motivo la difesa ha osservato che l’udienza di appello, con trattazione orale, si è celebrata in assenza dell’imputato, nonostante egli fosse detenuto per altra causa (circostanza nota in quanto tutti gli atti gli erano stati notificati in carcere) e non avesse rinunciato a comparire.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte di appello non ha tenuto conto della contraddittorietà della sentenza di primo grado per la discordanza interna alla motivazione e per il contrasto fra la stessa e il dispositivo in ordine al riconoscimento della ipotesi attenuata del fatto di particolare tenuità.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito nella legge 23 febbraio 2024, n. 18), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il Procuratore generale e il difensore hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati.
In ordine alla eccezione in rito, la difesa ha richiamato un principio che non è pertinente al caso di specie, essendosi il processo di appello celebrato non in pubblica udienza ma in camera di consiglio, poiché la sentenza impugnata era stata emessa ad esito del giudizio abbreviato.
Diversamente dal giudizio ordinario nel quale va sempre verificata la presenza dell’imputato detenuto, salvo che questi espressamente vi rinunzi (Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021, Costantino, Rv. 282806), nel giudizio camerale di appello la presenza dell’imputato non è necessaria e va quindi assicurata soltanto se questi manifesti espressamente la volontà di voler comparire, potendo altrimenti presumersi la sua rinunzia ad essere presente. In tale
giudizio, pertanto, il legittimo impedimento, ivi compreso quello costituito dallo stato di detenzione, è irrilevante e non produce effetti se l’imputato non adempia l’onere legislativamente impostogli di comunicare al giudice la volontà di essere presente (Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247836; Sez. 2, n. 27245 del 02/05/2019, COGNOME, Rv. 276658; Sez. 6, n. 36128 del 13/05/2014, COGNOME, Rv. 259936; da ultimo v. Sez. 1, n. 10377 del 08/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.).
Le Sezioni Unite, risolvendo un contrasto di giurisprudenza su una diversa questione, hanno poi affermato che la richiesta di partecipazione da parte dell’imputato detenuto può essere tratta anche da facta concludentia da cui possa desumersi la sua inequivoca manifestazione di volontà di comparire all’udienza camerale, ivi incluse le indicazioni del suo difensore (Sez. U, n. 4694 del 27/10/2011, dep. 2012, Casani, Rv. 251272).
Nel caso di specie la notifica del decreto di citazione per l’udienza di appello fu effettuata presso la casa circondariale di Massa ove si trovava ristretto COGNOME, che non presentò alcuna richiesta di partecipazione.
L’udienza si svolse con trattazione orale, a seguito della tempestiva richiesta della difesa, alla presenza del Procuratore generale e del difensore di fiducia, che nulla eccepì in ordine all’assenza dell’imputato.
È privo di ogni fondamento anche il motivo inerente all’applicazione dell’attenuante del fatto di particolare tenuità, chiaramente già riconosciuta dal primo giudice – come osservato nella sentenza impugnata – alla luce della indicazione nel dispositivo e della determinazione della pena in misura inferiore al minimo edittale previsto dall’art. 648, primo comma, cod. pen.
Emendando l’errore del Tribunale che, considerata l’ipotesi prevista dall’art. 648, quarto comma, una fattispecie autonoma di reato e non una circostanza attenuante, in contrasto con un principio da lungo tempo pacifico (v. Sez. U, n. 9567 del 21/04/1995, Cosmo, Rv. 202003), la Corte di appello ha correttamente escluso l’aumento di pena per la recidiva, ritenuta subvalente, e ha così ridotto la pena con una statuizione favorevole all’imputato.
Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/04/2024.