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Presenza imputato detenuto: quando è obbligatoria?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti, stabilendo un principio chiave sulla presenza imputato detenuto in appello. La Corte ha chiarito che, nel giudizio camerale d’appello che segue un rito abbreviato, non vi è obbligo di traduzione dell’imputato se quest’ultimo non ne fa espressa richiesta. La semplice istanza di trattazione orale da parte del difensore non è sufficiente a generare tale obbligo. La Corte ha inoltre confermato la gravità del reato, escludendo l’ipotesi lieve a causa della purezza e varietà delle sostanze.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presenza Imputato Detenuto in Appello: Un Obbligo o un Onere?

La questione della presenza imputato detenuto durante le udienze di appello è un tema delicato che interseca diritti di difesa e principi di economia processuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, specificando che la partecipazione dell’imputato non è un automatismo, ma un onere a suo carico, specialmente nei procedimenti che seguono un rito abbreviato. Questa pronuncia analizza il confine tra la richiesta di trattazione orale del difensore e la volontà personale dell’imputato di essere presente in aula.

I Fatti del Caso

Il caso origina da una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73, comma 1, D.P.R. 309/90), confermata dalla Corte di Appello di Firenze in un giudizio celebrato con rito abbreviato in primo grado. Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Violazione di legge processuale: Si lamentava la mancata traduzione dell’imputato, che si trovava in stato di detenzione, all’udienza di appello, nonostante la difesa avesse richiesto la trattazione orale del processo.
2. Mancata derubricazione: Si contestava il mancato riconoscimento dell’ipotesi di ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5), sostenendo che si trattasse di semplice spaccio di strada.
3. Mancato riconoscimento di un’attenuante: Si richiedeva l’applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità.
4. Errata applicazione di una misura di sicurezza: Si contestava l’applicazione della misura dell’espulsione, nonostante l’imputato fosse titolare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria.

La Decisione della Corte e la Presenza Imputato Detenuto

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Il cuore della decisione si concentra sul primo motivo, offrendo una lezione chiara sulla gestione della presenza imputato detenuto.

La Corte ha stabilito che, poiché il giudizio di appello segue una sentenza emessa con rito abbreviato, si svolge in camera di consiglio, dove la presenza dell’imputato non è considerata necessaria per legge. Di conseguenza, se l’imputato detenuto desidera partecipare, ha l’onere di comunicare esplicitamente questa sua volontà. In assenza di una tale comunicazione, il giudice non è tenuto né a disporre la sua traduzione in aula né a rinviare l’udienza.

Inoltre, i giudici hanno precisato che la richiesta del difensore di passare da un rito ‘cartolare’ (scritto) a uno a trattazione orale non implica automaticamente una richiesta di partecipazione da parte dell’imputato. Si tratta di due istanze distinte: una riguarda la modalità di svolgimento del processo (orale anziché scritta), l’altra riguarda la partecipazione fisica di una delle parti.

Le Motivazioni

La Corte ha argomentato punto per punto le ragioni del rigetto.

Sulla presenza in udienza: La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che, nel giudizio camerale d’appello scaturito da rito abbreviato, spetta all’imputato detenuto manifestare il proprio interesse a comparire. Il diritto alla partecipazione è garantito, ma il suo esercizio è subordinato a una sua attiva richiesta. L’inerzia dell’imputato non può tradursi in un obbligo per l’autorità giudiziaria di disporne d’ufficio la traduzione.

Sulla qualificazione del reato: Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici di merito avevano correttamente escluso l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ basandosi su elementi oggettivi inequivocabili: la detenzione di droghe eterogenee (principalmente pesanti), l’elevato numero di dosi potenzialmente ricavabili e, soprattutto, l’altissimo grado di purezza della cocaina (fino al 95,54%). Tali elementi, secondo la Corte, non erano compatibili con la figura di un piccolo spacciatore, ma delineavano un soggetto ben inserito in un contesto criminale di un certo spessore.

Sull’attenuante del lucro tenue: Anche questo motivo è stato respinto. La quantità e la purezza della droga avrebbero garantito un ‘riscontro economico notevole’, incompatibile con il concetto di lucro di ‘particolare tenuità’ richiesto dall’art. 62, n. 4, c.p.

Sulla misura di sicurezza: La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile per genericità. La pericolosità sociale dell’imputato era stata adeguatamente motivata in appello, considerando un precedente specifico e il fatto che il reato fosse stato commesso mentre era già sottoposto a un’altra misura cautelare, dimostrando una ‘totale mancanza di resipiscenza’. Anche le sue condizioni socioeconomiche (assenza di lavoro lecito) giustificavano la misura.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di procedura penale: il diritto di un imputato detenuto a partecipare all’udienza d’appello non è assoluto ma condizionato a una sua espressa richiesta. La difesa tecnica, richiedendo la trattazione orale, non supplisce a questa manifestazione di volontà personale. Questa decisione sottolinea l’importanza di una chiara e tempestiva comunicazione da parte dell’imputato che intenda esercitare il proprio diritto a presenziare, ponendo su di lui un onere di attivazione per garantire la propria partecipazione al processo.

Un imputato detenuto ha sempre diritto ad essere presente all’udienza di appello?
No. In particolare, nel giudizio di appello che segue una sentenza emessa con rito abbreviato, la presenza dell’imputato non è ritenuta necessaria. Diventa un suo onere comunicare al giudice la volontà di comparire, altrimenti l’udienza si svolge legittimamente in sua assenza.

La richiesta del difensore di trattazione orale dell’appello obbliga il giudice a far partecipare l’imputato detenuto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la richiesta di trattazione orale e la richiesta di partecipazione personale dell’imputato sono due cose distinte. La prima riguarda la modalità del processo (orale invece che scritto), ma non crea automaticamente l’obbligo di tradurre l’imputato se quest’ultimo non ne ha fatto espressa richiesta.

Quali elementi possono impedire che lo spaccio di droga sia considerato un ‘fatto di lieve entità’?
Secondo la sentenza, elementi decisivi per escludere la lieve entità sono: la detenzione di diversi tipi di sostanze (eterogeneità), in particolare droghe pesanti; un quantitativo da cui è possibile ricavare un alto numero di dosi; e un elevato grado di purezza della sostanza, che indica un ruolo non marginale dell’imputato nella catena dello spaccio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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