Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20897 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20897 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2283/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Gambia il 01/02/2000
avverso la sentenza del 04/04/2024 della Corte d’appello di Firenze.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME la quale, riportandosi alla memoria depositata, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore: Ł presente, in difesa dell’imputato, l’avvocato COGNOME del foro di Firenze, il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4.4.2024, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado che, in sede di rito abbreviato, aveva dichiarato la responsabilità di NOME in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando quanto segue.
Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all’ordinanza con la quale la Corte distrettuale, all’udienza del 4.4.2024, aveva rigettato l’eccezione difensiva circa la mancata traduzione dell’imputato all’udienza fissata per la trattazione orale, per non avere richiesto di partecipare all’udienza.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla mancata derubricazione dei fatti nell’ipotesi lieve di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/90, nonostante la modestia del dato ponderale e la riconducibilità del fatto nel c.d. spaccio di strada.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., stante la particolare tenuità del lucro perseguibile dall’imputato.
IV) Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla misura di sicurezza, erroneamente applicata nonostante il prevenuto abbia regolare permesso di soggiorno ottenuto con status di protezione sussidiaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Il primo motivo Ł privo di pregio.
Va rammentato l’insegnamento secondo cui, in tema di impugnazioni, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, l’istanza di trattazione orale formulata dal difensore nel procedimento d’appello avverso la sentenza emessa in primo grado in sede di giudizio abbreviato, determina la conversione del rito emergenziale “cartolare” in rito camerale ordinario, ma non anche l’obbligo di traduzione dell’imputato detenuto che non abbia espresso la volontà di partecipare all’udienza (cfr. Sez. 5, n. 3356 del 14/11/2024, dep. 2025, T., Rv. 287413 – 01; fattispecie in cui la Corte ha escluso la nullità della sentenza d’appello, ritenendo corretta la celebrazione del rito in assenza dell’imputato).
Nel caso, Ł pacifico che l’imputato non aveva espresso alcuna volontà di partecipazione all’udienza. Ne discende che, poichØ nel giudizio camerale di appello avverso la sentenza pronunciata in esito a giudizio abbreviato, la presenza dell’imputato non Ł necessaria, Ł onere dello stesso, ove detenuto, comunicare il proprio legittimo impedimento e la volontà di comparire all’udienza; sicchØ, in mancanza di tale comunicazione, il giudice non Ł tenuto a disporre la traduzione o a rinviare l’udienza (cfr. Sez. 2, n. 27245 del 02/05/2019, COGNOME, Rv. 276658 – 01; conf. Sez. 2, n. 5950 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258212 – 01; Sez. 6, n. 36128 del 13/05/2014, COGNOME Rv. 259936 – 01; Sez. 6, n. 29833 del 02/07/2012, COGNOME, Rv. 253255 – 01).
Sotto altro profilo, anche a voler ritenere nel caso applicabile il rito camerale previsto dalla normativa emergenziale di cui all’art. 23-bis d.l. n. 137/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n. 176/2020), la cui applicazione – ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 11, comma 7, del d.l. n. 215/2023, convertito dalla legge n. 18/2024 – Ł stata prorogata per gli appelli proposti fino al 30 giugno 2024, quindi anche per quello ora in esame, le conclusioni dianzi rassegnate non sarebbero diverse. Difatti, anche il citato art. 23-bis, al comma quarto, richiede che l’imputato formuli una espressa richiesta di partecipazione all’udienza; solo in tale caso Ł imposto un obbligo di traduzione dell’imputato detenuto.
3. Il secondo motivo Ł manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di appello hanno motivatamente escluso l’ipotesi lieve del comma quinto dell’art. 73 d.P.R. 309/1990, alla luce delle modalità della condotta (spaccio all’interno di un parco) e della sua effettiva potenzialità offensiva, avendo valorizzato l’eterogeneità delle sostanze detenute (principalmente droghe pesanti), il dato quantitativo particolarmente alto di dosi ricavabili e il grado di purezza della droga (per la cocaina di cui al reperto D Ł stato accertato un principio attivo pari al 95,54% e per quella di cui al reperto E un principio attivo pari al 77,51%). Tali elementi hanno logicamente indotto i giudici a ritenere che l’imputato non sia un soggetto posto alla fine della catena di spaccio ma si inserisca in un contesto criminale di spessore, potendo fare affidamento su fornitori importanti, a loro volta in contatto con le
fonti dirette di produzione.
4. Il terzo motivo Ł infondato.
L’esclusione dell’invocata attenuante del lucro di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. Ł stata argomentata con motivazione non viziata in diritto nØ inficiata da manifesta illogicità, tenuto conto del quantitativo di sostanza rinvenuta e del suo grado di purezza, che avrebbero consentito un riscontro economico notevole, non riducibile a un concetto di lucro di particolare tenuità.
5. Il quarto motivo Ł inammissibile.
Il rilievo Ł prospettato in maniera generica, a fronte di una motivazione che ha incensurabilmente valutato la ricorrenza della pericolosità sociale del prevenuto, alla luce del precedente specifico a suo carico e della circostanza di aver commesso il reato in disamina nel mentre risultava gravato da una misura cautelare, così mostrando una totale mancanza di resipiscenza. La misura dell’espulsione, disposta ai sensi dell’art. 86 d.P.R. 309/90, Ł stata giustificata anche in considerazione delle condizioni socioeconomiche dell’imputato, avendo costui – privo di lecita attività lavorativa – ammesso di provvedere al proprio sostentamento attraverso l’illecita attività criminale svolta.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME