Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21585 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21585 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, , NOME COGNOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre, per il tramite il proprio difensore, avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza di Napoli in data 21/03/2023 che gli aveva concesso la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, lamentando con un unico motivo di gravame, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 47 ord. pen., con riferimento alle prescrizioni imposte nel citato provvedimento. In particolare, si lamenta la illogicità della motivazione perché il Tribunale avrebbe disposto, al punto 4 delle prescrizioni, di non uscire dalla propria abitazione prima delle ore 14 e di farvi rientro entro le 20.30, con obbligo di permanenza nelle giornate di sabato e domenica, disponendo così di fatto una detenzione domiciliare.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini di seguito esposti.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
Osserva il Collegio che uno degli elementi previsti dall’art. 47 ord. pen., ai fini della concessione della misura alternativa in esame, è costituito dalla formulazione di un giudizio prognostico favorevole nei confronti dell’affidato, rilevante sia nella fase genetica, sia nella fase dell’applicazione della misura. Né potrebbe essere diversamente, dovendosi in proposito ribadire l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui: «Ai fini della concessione delll’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condanNOME, essendo indispensabile l’esame anche dei
comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 773 del 03/12/2013, COGNOME, Rv. 258042).
È principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che nessuna limitazione sia prevista dall’art. 47, comma 5 e 6, ord. pen. in ordine al contenuto delle prescrizioni, che, quindi, purché non contrarie alla legge e non immotivatamente afflittive, debbono considerarsi legittime quali strumenti di risocializzazione, siccome rispondenti alle finalità normative e, segnatamente, di impedire al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possano portare al compimento di altri reati (Sez. 1, n. 29860 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276601; Sez. 1 n. 54339 del 20/11/2018, COGNOME, Rv. 274756; Sez. 1, n. 2026 del 07/04/1998, COGNOME, Rv. 211030). Dette prescrizioni non hanno pertanto una loro autonomia concettuale, ma fanno parte del giudizio prognostico che deve esprimere il tribunale di sorveglianza in punto di sussistenza delle condizioni per l’ammissione del condanNOME alla misura alternativa, le cui finalità rieducative e di prevenzione della recidiva, possono essere perseguite anche attraverso le prescrizioni stesse.
Il controllo sulla loro legalità deve pertanto consistere nella verifica che le stesse siano ricollegate alle categorie che le connotano, siccome tipizzate dallo statuto normativo cui l’interprete deve attenersi.
Stante la sopra delineata cornice teorica, non è controversa l’astratta possibilità del Tribunale di sorveglianza di imporre al condanNOME determinate prescrizioni, in quanto ritenute indispensabili per una proficua risocializzazione dell’affidato, tenuto conto del giudizio prognostico eseguito nei suoi confronti. In proposito, occorre anche ribadire che – una volta ammesso al regime dell’affidamento in prova al servizio sociale – il condanNOME ha l’obbligo di collaborare alla migliore riuscita del percorso trattamentale connesso alla misura, consentendo l’attuazione del programma di intervento attraverso il rispetto delle prescrizioni, funzionali alla rieducazione del reo ed a prevenire il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 31809 del 09/07/2009, COGNOME, Rv. 244322; Sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, dep. 2002, Chifari, 220473).
Ciò premesso, le doglianze difensive appaiono fondate, nei limiti che si vanno ad esplicitare.
Tenuto conto dei parametri ermeneutici che si sono sopra richiamati, deve allora rilevarsi come il provvedimento impugNOME si connoti per una complessiva
carenza motivazionale – già sotto il profilo grafico – in ordine all’effettiva necessità delle singole prescrizioni contenute nell’ordinanza, e precipuamente di quella di cui al punto n. 4 specificatamente aggredita nel ricorso, inerente il divieto uscire dalla propria abitazione prima delle ore 14 e di farvi rientro entro le 20.30, con obbligo di permanenza nelle giornate di sabato e domenica.
Il Tribunale di sorveglianza napoletano, nella sua sintetica ordinanza, si è infatti limitato ad elencare le condanne subite dallo COGNOME, osservando come, attesa la confermata idoneità del domicilio, e la disponibilità di attività lavorativa (con turni lavorativi dal lunedì al venerdì dalle ore 15:00 alle 20:00), l’istanza di ammissione all’affidamento in prova fosse accoglibile.
Coglie allora nel segno la censura difensiva laddove evidenzia come la prescrizione di cui al punto 4 del provvedimento (non uscire dalla propria abitazione prima delle ore 14 e di farvi rientro entro le 20.3C), con obbligo di permanenza nelle giornate di sabato e domenica) introduca una consistente limitazione dei movimenti del condanNOME, in totale assenza di un vaglio preliminare, finalizzato a correlare tale prescrizione ai giudizio prognostico formulato nei confronti del condanNOME, nell’ambito del programma trattamentale.
Il provvedimento impugNOME risulta quindi effettivamente carente, non essendo state esplicitate le ragioni che giustificavano le prescrizioni connesse al regime dell’affidamento in prova al servizio sociale applicato al ricorrente, ed il percorso valutativo attraverso cui si perveniva alle imposizioni di cui al punto 4.
In presenza di tali lacune motivazionali, s’impone pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, relativamente alla prescrizione di cui al punto 4), ed il rinvio al Tribunale di sorveglianza di Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alla prescrizione di cui al n. 4), con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Napoli.
Così deciso il 08/02/2024