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Prescrizioni affidamento in prova: limiti e obblighi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21585/2024, ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che imponeva severe restrizioni orarie a un soggetto in affidamento in prova. La Corte ha stabilito che le prescrizioni affidamento in prova, specialmente quelle che limitano significativamente la libertà personale, devono essere specificamente motivate e correlate al percorso rieducativo, altrimenti sono illegittime per carenza di motivazione.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizioni Affidamento in Prova: Quando i Limiti Diventano Illegittimi

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, quali sono i confini del potere del giudice nell’imporre le regole di condotta? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21585/2024) chiarisce che le prescrizioni affidamento in prova non possono trasformarsi in una detenzione domiciliare mascherata senza un’adeguata e specifica giustificazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un uomo, ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova, si vedeva imporre dal Tribunale di Sorveglianza delle prescrizioni particolarmente restrittive. In particolare, gli veniva vietato di uscire dalla propria abitazione prima delle ore 14:00 e di rientrarvi dopo le 20:30, con l’obbligo di permanenza domiciliare per l’intera giornata di sabato e domenica. L’uomo, che svolgeva un’attività lavorativa dal lunedì al venerdì pomeriggio, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che tali condizioni, di fatto, equivalevano a una detenzione domiciliare e che il Tribunale non aveva fornito alcuna motivazione sulla loro necessità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la prescrizione contestata e rinviando il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui ogni limitazione della libertà personale, anche nell’ambito di una misura alternativa, deve essere sorretta da una motivazione concreta e specifica.

Le Motivazioni: Prescrizioni Affidamento in Prova e Obbligo di Giustificazione

La Corte ha ribadito che l’affidamento in prova si fonda su un giudizio prognostico favorevole circa la capacità del condannato di reinserirsi nella società. Le prescrizioni sono gli strumenti pratici per attuare questo percorso, non un’ulteriore afflizione. Sebbene il Tribunale di Sorveglianza goda di ampia discrezionalità nel definirle, tale potere non è illimitato.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno rilevato una totale “carenza motivazionale”. L’ordinanza impugnata si limitava a elencare le condanne subite dal soggetto e a prendere atto della disponibilità di un lavoro e di un domicilio idoneo, senza però spiegare perché fosse necessario imporre restrizioni così severe. Mancava, in altre parole, quel passaggio logico fondamentale che collega la specifica prescrizione (il divieto di uscita per gran parte della giornata e nei weekend) con le finalità rieducative e di prevenzione della recidiva nel caso concreto.

La Cassazione ha sottolineato che prescrizioni così invasive introducono una “consistente limitazione dei movimenti del condannato” e non possono essere imposte senza un “vaglio preliminare” che le correli al giudizio prognostico e al programma di trattamento. In assenza di tali ragioni, la prescrizione diventa immotivatamente afflittiva e, quindi, illegittima.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza una garanzia fondamentale per chiunque sia sottoposto a una misura alternativa. I giudici non possono applicare restrizioni standardizzate o eccessivamente gravose senza un’analisi individualizzata. Ogni prescrizione che incide sulla libertà di movimento deve essere:
1. Funzionale: Direttamente collegata agli obiettivi di risocializzazione.
2. Proporzionata: Non più restrittiva del necessario per raggiungere tali obiettivi.
3. Motivata: La sua necessità deve essere esplicitata nel provvedimento.

In conclusione, le prescrizioni affidamento in prova devono essere un abito cucito su misura per il condannato, non una gabbia priva di senso. La decisione della Cassazione serve da monito: la discrezionalità del giudice deve sempre essere esercitata nel rispetto dei diritti fondamentali della persona e attraverso provvedimenti che rendano palesi le ragioni di ogni scelta.

Può il Tribunale di Sorveglianza imporre qualsiasi tipo di prescrizione durante l’affidamento in prova?
No. Sebbene il Tribunale abbia ampia discrezionalità, le prescrizioni non possono essere contrarie alla legge o immotivatamente afflittive. Devono essere strumenti legittimi finalizzati alla risocializzazione e alla prevenzione di nuovi reati, e la loro necessità deve essere sempre giustificata.

Una prescrizione che limita severamente gli orari di uscita è sempre illegittima?
Non necessariamente, ma lo diventa se non è supportata da un’adeguata motivazione. Il Tribunale deve spiegare in modo specifico perché una limitazione così significativa della libertà personale è indispensabile per il percorso rieducativo di quel determinato soggetto e per prevenire il rischio di recidiva. Una restrizione generica e non motivata è illegittima.

Cosa accade quando la Corte di Cassazione rileva una ‘carenza motivazionale’ in un’ordinanza?
La Corte annulla la parte del provvedimento viziata dalla mancanza di motivazione. In questo specifico caso, ha annullato la prescrizione relativa agli orari e ha rinviato gli atti al Tribunale di Sorveglianza, che dovrà procedere a un nuovo esame e motivare adeguatamente ogni eventuale nuova prescrizione imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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