Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34818 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34818 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Baiano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Napoli
n
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10/10/2024, la Corte d’appello di Napoli, per quanto qui interessa, in parziale riforma della sentenza del 01/12/2020 del Tribunale di Avellino, esclusa l’applicazione della recidiva, rideterminava in due anni e otto mesi di reclusione ed C 8.000,00 di multa la pena irrogata ad NOME COGNOME per il reato di usura pluriaggravata (dall’avere commesso il reato in danno di persone che si trovavano in stato di bisogno e che svolgevano attività imprenditoriale) in concorso (con NOME Campanile) ai danni dei coniugi NOME COGNOME ed NOME del COGNOME di cui al capo Al) dell’imputazione, confermando la condanna del COGNOME per tale reato.
2. Avverso la menzionata sentenza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione «da ascriversi al travisamento per omissione della prova» e, di conseguenza, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., la violazione degli artt. 157 e 644 cod. pen. e dell’art. 531, comma 2, cod. proc. pen., con riguardo al rigetto del motivo di appello con il quale aveva dedotto l’intervenuta prescrizione del reato.
Riportata la motivazione della sentenza impugnata in ordine a tale punto, il ricorrente, dopo avere trascritto alcune dichiarazioni rese da NOME COGNOME all’udienza del 29/11/2011 a seguito delle contestazioni che gli erano state mosse dal pubblico ministero sulla base del contenuto della denuncia sporta dallo stesso COGNOME, il ricorrente lamenta la contraddittorietà della motivazione «nella forma del cd. travisamento per omissione del dato probatorio innanzi riportato».
Deduce, in particolare, che tale «dato probatorio» «consacr come alcun pagamento sia avvenuto nel 2006», il che disarticolerebbe la logicità dell’argomentazione della Corte d’appello di Napoli «nella parte in cui, di contro, facendo risalire l’ultimo pagamento al febbraio 2006, ha disatteso il motivo di impugnazione in punto di sopravvenuta prescrizione».
Anche in virtù di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 531 cod. proc. pen., la Corte d’appello di Napoli «avrebbe dovuto retrocedere l’epoca di perfezionamento e consumazione del reato, quantomeno al novembre 2005, mese nel quale è intervenuta la dazione degli effetti cambiari e, per l’effetto pronunciare sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione».
Infatti, individuata, per quanto detto, la commissione del reato in data antecedente all’entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005, n. 251, avrebbe trovato applicazione la disciplina prescrizionale più favorevole all’imputato di cui alla stessa legge, con riferimento, peraltro, alla pena massima che era prevista al tempo della commissione del reato, la quale era pari a sei anni di reclusione.
Ne discenderebbe che il tempo necessario a prescrivere il reato sarebbe di nove anni (sei anni, aumentati della metà in ragione delle attribuite aggravanti a effetto speciale), da aumentare di un quarto, attesa l’esistenza di atti interruttivi del corso della prescrizione, con la conseguenza che il termine massimo di prescrizione era pari a undici anni e tre mesi.
Pertanto, anche tenendo conto della sospensione del corso della prescrizione per 601 giorni, il termine di prescrizione del reato era maturato 26/10/2018.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo è manifestamente infondato.
La Corte di cassazione ha chiarito che il reato di usura si configura come reato a schema duplice e, quindi, si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita l’effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l’integrale adempimento dell’obbligazione usuraria (Sez. 2, n. 23919 del 15/07/2020, Basilicata, Rv. 279487-01, con la quale la Corte, in applicazione di tale principio, ha escluso la prescrizione del reato in relazione a fatti per i quali si era accertata la dazione di interessi usurari sino ad epoca successiva alle modifiche introdotte all’art. 644 cod. pen. dalla legge n. 251 del 2005; Sez. 2, n. 50397 del 21/11/2014, Aronica, Rv. 261487-01).
La Corte di cassazione ha altresì precisato che il delitto di usura si configura come reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata, sicché i pagamenti o i comportamenti compiuti in esecuzione del patto usurario non costituiscono un post factum non punibile ma segnano il momento consumativo del reato da cui computare il termine di prescrizione (Sez. 2, n. 35878 del 23/09/2020, Bianchi, Rv. 280313-01; Sez. 2, n. 43322 del 19/06/2009, COGNOME, Rv. 245240-01).
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Napoli ha accertato che le persone offese avevano effettivamente pagato gli interessi e che l’ultimo pagamento degli stessi era stato eseguito nel febbraio del 2006, quando era stata pagata la cambiale che scadeva alla fine di tale mese.
La Corte d’appello è pervenuta a tale conclusione sulla base degli elementi di prova costituiti: a) dalla «lettura completa» della deposizione testimoniale che era stata resa da NOME COGNOME all’udienza del 29/11/2011, nel corso della quale il COGNOME aveva ribadito che l’annotazione «500 P» che figurava nella sua agenda al giorno 30/01/2006 significava che la cambiale che scadeva alla fine del mese di gennaio 2006 era stata pagata; b) sempre dalla «lettura completa» dell’indicata deposizione del COGNOME, emergeva che tale testimone aveva ribadito che anche la cambiale che era scaduta nel mese di febbraio 2006 era stata pagata; c) questa circostanza era stata confermata anche dalla testimone NOME COGNOME, la quale aveva riferito di avere pagato le prime due cambiali in scadenza (cioè quelle dei mesi di gennaio e febbraio 2006, atteso che le persone offese avevano rilasciato otto effetti cambiari con scadenza mensile da gennaio ad agosto 2006; pag. 15 della sentenza di primo grado).
A fronte di tale argomentazione della Corte d’appello di Napoli, fondata sulla pluralità di elementi che si sono indicati, compresa la lettura «completa» della deposizione testimoniale che era stata resa da NOME COGNOME all’udienza del 29/11/2011, il ricorrente: a) da un lato, ha omesso di confrontarsi con la pluralità
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di elementi che hanno indotto la Corte d’appello di Napoli a ritenere che l’ultimo pagamento compiuto in esecuzione del patto usurario – pagamento che segnava il momento consumativo del reato dal quale computare il termine di prescrizione di esso – era stato effettuato nel febbraio 2006; b) dall’altro lato, ha isolato solo alcuni passaggi della deposizione che era stata resa dal COGNOME il 29/11/2011, i quali, ad avviso del Collegio, lasciano emergere delle mere incertezze e imprecisioni del ricordo del testimone, del tutto inidonee a disarticolare l’argomentazione della Corte d’appello di Napoli, la quale si basa, come si è detto, sulla lettura «completa» delle dichiarazioni del COGNOME, sull’annotazione rinvenuta sulla sua agenda e sulla deposizione dell’altra persona offesa NOME COGNOME.
Ciò posto, del tutto correttamente la Corte d’appello di Napoli ha ritenuto che il reato di usura pluriaggravata commesso dal COGNOME si fosse consumato nel febbraio 2006 e che, dovendosi perciò individuare la disciplina della prescrizione negli artt. 157 e 161 cod. pen. come modificati dalla legge n. 251 del 2005, lo stesso reato era sottoposto al termine prescrizionale ordinario di quindici anni (dieci anni, pari al massimo della pena edittale, aumentati della metà in ragione delle attribuite circostanze aggravanti a effetto speciale), aumentati di un quarto, attesa l’esistenza di atti interruttivi del corso della prescrizione, con le conseguenze che: a) il termine massimo di prescrizione era pari a diciotto anni e nove mesi; b) considerato che il corso della prescrizione era rimasto sospeso per 601 giorni, il reato non si doveva ritenere prescritto. Né lo è a tutt’oggi, atteso che esso si prescriverebbe solo il 26/06/2026 (e non il 26/06/2025, come, per mero errore materiale, è stato indicato dalla Corte d’appello di Napoli nel secondo capoverso della pag. 9 della sentenza impugnata).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/10/2025.