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Prescrizione usura: il no della Cassazione al riesame

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per un reato di usura. Viene confermato che la prescrizione usura decorre dall’ultimo pagamento di capitale o interessi. La Corte ribadisce inoltre il suo consolidato principio di non poter riesaminare nel merito le prove e i fatti, confermando la condanna dell’imputato e il suo obbligo al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Usura: la Cassazione Conferma i Limiti del Proprio Giudizio

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso delicato, offrendo chiarimenti fondamentali su due aspetti cruciali del diritto penale: la decorrenza della prescrizione usura e i limiti del sindacato di legittimità. La decisione sottolinea come il termine per l’estinzione del reato di usura inizi a decorrere solo dall’ultimo pagamento effettuato dalla vittima e ribadisce che la Suprema Corte non può sostituirsi ai giudici di merito nella valutazione delle prove. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato per il reato di usura dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato si è rivolto alla Corte di Cassazione sollevando principalmente due questioni. In primo luogo, sosteneva che il reato fosse ormai estinto per prescrizione, affermando che il termine avrebbe dovuto decorrere da una data anteriore a quella stabilita dai giudici di merito. In secondo luogo, contestava la valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello, ritenendola viziata e illogica, in particolare per quanto riguarda le consulenze tecniche, le prove documentali e la credibilità della persona offesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La decisione si è basata su un’analisi rigorosa di entrambi i motivi di ricorso, confermando l’orientamento consolidato sia in materia di prescrizione del reato di usura sia sui poteri della Corte stessa.

Primo Motivo: la Decorrenza della Prescrizione Usura

La Corte ha rigettato la tesi della difesa sulla prescrizione usura. I giudici hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 644-ter del codice penale, la prescrizione per il reato di usura decorre dalla data dell’ultimo pagamento effettuato dalla vittima, sia esso relativo al capitale o agli interessi. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva accertato, con una ricostruzione dei fatti ritenuta logica e coerente, che l’ultimo pagamento era avvenuto nel corso del 2008. Di conseguenza, al momento della fissazione dell’udienza d’appello, il termine di prescrizione non era ancora maturato. La Cassazione ha definito l’argomentazione del ricorrente come palesemente smentita dagli atti processuali e in contrasto con il dato normativo.

Secondo Motivo: l’Impossibilità di Riesaminare i Fatti

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al presunto vizio di motivazione nella valutazione delle prove, è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Suprema Corte non ha il potere di effettuare una “rilettura” degli elementi di fatto o di sostituire la propria valutazione a quella del giudice dei gradi inferiori. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici e giuridici.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione dell’ordinanza si fonda su due pilastri. Il primo è il chiaro dettato dell’art. 644-ter c.p., che fissa il dies a quo della prescrizione all’ultimo pagamento. Qualsiasi interpretazione alternativa, come quella proposta dal ricorrente, è stata ritenuta non conforme alla legge. Il secondo pilastro è il consolidato orientamento giurisprudenziale, citando la sentenza delle Sezioni Unite n. 6402/1997 (Dessimone), che delimita nettamente i poteri della Corte di Cassazione. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione solida e coerente (un “granitico ed univoco quadro probatorio”), in particolare sull’attendibilità della parte civile, le cui dichiarazioni erano state ritenute credibili perché coerenti e riscontrate da elementi esterni. Pertanto, tentare di ottenere in Cassazione una diversa ricostruzione dei fatti è un’operazione non consentita dalla legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza due principi fondamentali. Innanzitutto, per chi è vittima di usura, chiarisce che il reato continua a sussistere fino all’ultimo esborso, posticipando così il termine entro cui è possibile denunciare e ottenere giustizia. In secondo luogo, per gli operatori del diritto, l’ordinanza serve come un monito: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un “terzo grado” di giudizio per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, ma deve concentrarsi esclusivamente sulla violazione di legge o sui vizi logici della motivazione, che devono essere evidenti e manifesti.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato di usura?
La prescrizione del reato di usura, secondo l’art. 644 ter del codice penale, inizia a decorrere dal giorno dell’ultimo pagamento del capitale o degli interessi da parte della vittima.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e l’assenza di vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza impugnata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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