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Prescrizione truffa: quando si consuma il reato?

Una società, vittima di un raggiro, si era vista negare il risarcimento in appello a causa della presunta estinzione del reato. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, specificando che il calcolo della prescrizione truffa parte non dalla firma del contratto, ma dall’ultimo atto che ha causato un effettivo danno economico. La sentenza chiarisce un principio fondamentale per la tutela delle vittime di frode contrattuale, rinviando il caso a un giudice civile per la quantificazione del danno.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Truffa: la Cassazione chiarisce il momento consumativo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7133/2024) offre un chiarimento cruciale sulla prescrizione truffa, in particolare nel contesto dei rapporti contrattuali. Stabilire il momento esatto in cui il reato si consuma è fondamentale, poiché da quel giorno, il cosiddetto dies a quo, inizia a decorrere il tempo utile per lo Stato per perseguire il colpevole. La pronuncia in esame ribalta una decisione di merito, riaffermando un principio cardine a tutela della parte offesa: la truffa si perfeziona con il danno effettivo, non con la semplice promessa.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di una società, costituitasi parte civile, contro una sentenza della Corte d’Appello. In primo grado, l’imputato era stato condannato per truffa e al risarcimento dei danni. Tuttavia, in appello, i giudici avevano dichiarato il reato estinto per prescrizione, revocando di conseguenza anche le disposizioni civili a favore della vittima. L’errore della Corte territoriale, secondo la parte civile, risiedeva nell’aver individuato il momento consumativo del reato nella data di sottoscrizione del contratto (aprile 2014) anziché nell’ultimo pagamento effettuato (luglio 2014). Questa differenza temporale era determinante per il calcolo della prescrizione.

L’Errore della Corte d’Appello nel calcolo della prescrizione truffa

La Corte d’Appello aveva ritenuto che la prescrizione fosse maturata prima della sentenza di primo grado. Basando il proprio calcolo sulla data di stipula del contratto, aveva concluso per l’estinzione del reato, cancellando così il diritto al risarcimento per la vittima.
La parte civile ha impugnato questa decisione in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Errata individuazione del momento consumativo: la difesa ha sostenuto che il reato di truffa, essendo un reato di danno, si consuma solo quando si verifica la concreta diminuzione patrimoniale (deminutio patrimonii) per la vittima e il conseguente profitto per l’agente. Nel caso di pagamenti dilazionati, questo momento coincide con l’ultimo versamento.
2. Violazione dei limiti della cognizione del giudice d’appello: l’imputato non aveva contestato il momento consumativo del reato nel suo appello, ma solo la sua responsabilità penale. Pertanto, la Corte d’Appello non avrebbe potuto modificare d’ufficio tale elemento.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, giudicandolo fondato nel suo motivo principale. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, i giudici hanno ribadito che la truffa contrattuale è un reato istantaneo e di danno.
La sua consumazione non avviene quando il soggetto passivo assume un’obbligazione, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte del truffatore e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato.

Nel caso specifico, i pagamenti effettuati dalla parte civile dopo la firma del contratto non erano irrilevanti. Al contrario, rappresentavano la progressiva realizzazione del danno patrimoniale e, contestualmente, il conseguimento del profitto ingiusto da parte dell’imputato. Di conseguenza, il momento consumativo doveva essere fissato nella data dell’ultimo pagamento, ovvero il 31 luglio 2014, come correttamente contestato nell’imputazione originaria.

Conclusioni

Sulla base di questo ricalcolo, la prescrizione del reato non era ancora maturata al momento della sentenza di primo grado. Pertanto, la Corte d’Appello, pur potendo dichiarare la prescrizione intervenuta successivamente, avrebbe dovuto comunque decidere nel merito delle statuizioni civili, come previsto dall’art. 578 del codice di procedura penale.
La Cassazione ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, rinviando la causa al giudice civile competente in grado di appello per una nuova valutazione sul risarcimento del danno. Questa decisione riafferma un principio fondamentale: nella prescrizione truffa, ciò che conta è il danno concreto e non la mera stipulazione di un accordo viziato da artifici e raggiri.

Quando inizia a decorrere la prescrizione nel reato di truffa contrattuale?
La prescrizione inizia a decorrere non dal momento della firma del contratto, ma dal momento in cui si verifica l’effettivo danno patrimoniale per la vittima e il conseguente ingiusto profitto per chi commette il reato. Se ci sono più pagamenti, il termine parte dall’ultimo versamento.

Se un reato si prescrive dopo la condanna di primo grado, la vittima perde il diritto al risarcimento?
No. Secondo l’articolo 578 del codice di procedura penale, se la prescrizione matura dopo la sentenza di condanna di primo grado, il giudice d’appello è comunque tenuto a pronunciarsi sulle richieste di risarcimento del danno avanzate dalla parte civile.

Nella truffa, i pagamenti successivi alla firma del contratto sono rilevanti per la prescrizione?
Sì, sono fondamentali. Essi costituiscono la materiale realizzazione del danno patrimoniale per la vittima e del profitto per il reo. L’ultimo pagamento segna il momento finale della consumazione del reato, da cui si calcola l’inizio della prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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