Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13106 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1   Num. 13106  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a STAITI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Procedimento a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria ha riformato la condanna, emessa dal Tribunale della medesima città il 17/10/2017, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i delitti di cui agli artt. 12, comma 5 d. Igs. 286 del 1998 (capi B, D e G) ed all’art. 640, primo ed ultimo comma, cod. pen. (capi C, E ed H), dichiarando non doversi procedere nei confronti dei suddetti imputati in relazione ai delitti suindicati perché estinti per intervenuta prescrizione; ha confermato le statuizioni civili disposte in primo grado.
La Corte territoriale, nell’evidenziare come non sussistessero nel caso di specie, prove evidenti dell’innocenza degli imputati, sì da imporre una più ampia pronuncia liberatoria, né che fossero individuabili, nell’iter motivazionale della sentenza di primo grado, censure di ordine logico, disattendendo il corrispondente motivo avanzato da entrambi gli imputati, evidenziava come i reati di truffa (di cui ai capi C, E ed H), non si fossero estinti per decorso del termine massimo prescrizionale in epoca antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado; argomentava, sul punto, la Corte come, trattandosi nel caso di specie di ipotesi di truffa c.d. contrattuale, per individuare il momento consumativo, fosse indispensabile muovere dalle peculiarità dei singoli accordi, dalla valorizzazione delle specifiche volontà contrattuali e dalle specifiche modalità delle condotte e dei loro tempi; in pieno accordo con le valutazioni effettuate dal primo Giudice, i Giudici di appello ritenevano che il dies a quo da cui far decorrere la prescrizione dovesse essere individuato «nella data in cui la persona offesa ha avuto contezza della truffa perpetrata ai suoi danni, ovverosia quando ha compreso che le promesse circa l’effettiva assunzione da parte dei datori di lavoro per consentire la permanenza in Italia, non erano reali, ma frutto di una rappresentazione distorta della realtà», ovvero, nel caso specifico, alla data del 01/04/2010; in considerazione della sospensione dei termini della prescrizione per giorni 70, il termine massimo di anni sette e mesi sei, al momento della pronuncia della sentenza di primo grado (17/10/2017), non era quindi decorso.
Avverso detto provvedimento hanno proposto tempestivi ricorsi, tramite i rispettivi difensori, gli imputati, denunciando i vizi di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. NOME formula, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, un’unica censura con la quale denuncia la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione all’art. 157 cod. pen.
Osserva la ricorrente come l’argomentare dei Giudici di merito, che avevano ancorato la data di consumazione del reato di truffa al momento in cui la vittima ne
aveva avuto contezza, si ponesse in contrasto con i principi generali del nostro ordinamento che non consentono di collegare un elemento processuale quale il termine estintivo ad un dato incerto ed inesplorabile; ragionando in tal modo si finirebbe peraltro per considerare il delitto di truffa un reato continuato, in luogo del reato istantaneo qual è; come recentemente affermato dalla Corte di legittimità (Cass. n. 43900 del 2022), deve anche escludersi che le condotte successive alla stipula del contratto, possano ricondurre la fattispecie nell’ambito della truffa a consumazione prolungata, di talché la data di commissione del reato, nel caso di specie, dev’essere individuata al momento dell’intervenuta deminutio patrimonii, ovvero il settembre 2009 per il capo C), il dicembre 2007 per il capo E) e l’ottobre/novembre 2009 per il capo H). Conseguentemente per tutti i reati, al momento della pronuncia della sentenza di primo grado (17/10/2017), anche tenendo conto della sospensione di 70 giorni, il termine prescrizionale massimo era ampiamente scaduto.
Ed infatti, osserva la ricorrente, secondo la pacifica esegesi di legittimità, il termine di prescrizione del reato di truffa, reato di natura istantanea, inizia a decorrere dal momento in cui viene rilevato l’ingiusto profitto, indipendentemente dalla consapevolezza della vittima; la scoperta successiva del raggiro da parte della vittima non può modificare il momento consumativo del reato che rimane fissato nel momento in cui si realizza il danno patrimoniale, con corrispondente profitto del reo.
Quanto ai reati di cui all’art. 12, comma 5, d. Igs. 286 del 1998 (capi B, D e G), trattandosi di reati continuati costituiti da una serie eterogenea di possibili condotte, deve ritenersi che la continuazione cessi quando viene compiuta l’ultima tra le condotte che configura il reato; muovendo da tale assunto deve concludersi che anche i detti reati di favoreggiamento devono ritenersi prescritti prima della sentenza emessa dal Tribunale.
2.2. NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, a sua volta avanza un’unica censura, con la quale eccepisce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen. e 157 cod. pen.. Analogamente a quanto dedotto dalla coimputata, COGNOME si duole che la Corte territoriale abbia respinto il motivo di gravame con il quale si eccepiva l’intervenuta prescrizione dei reati di truffa per decorso del termine massimo prescrizionale in epoca precedente alla pronuncia della sentenza di primo grado. Con motivazione censurabile, i Giudici di appello hanno fatto decorrere la prescrizione dal momento in cui le pp.00. avrebbero avuto consapevolezza dei raggiri, giungendo tuttavia a sostenere che tutte le persone offese avrebbero acquisito consapevolezza delle truffe a ciascuno perpetrata, nello stesso giorno.
Il percorso argomentativo della Corte è erroneo, avendo ancorato il momento consumativo dei reati di truffa ad una circostanza aleatoria ed arbitraria: in realtà, il
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reato in esame si consuma nel momento in cui si realizza il danno patrimoniale con corrispondente profitto del reo.
Ripercorrendo le stesse dichiarazioni dibattimentali rese dalle persone offese, osserva il ricorrente come tutti i reati di truffa dovessero essere ritenuti estinti per prescrizione già in epoca antecedente alla sentenza di primo grado.
La Procuratrice generale, NOME COGNOME, ha fatto pervenire la sua requisitoria scritta con la quale conclude chiedendo il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Alla disamina dei motivi di ricorso deve premettersi come l’esame degli atti, resosi necessario in considerazione della natura delle doglianze avanzate, ha consentito di accertare che NOME COGNOME, parte offesa del reato contestato sub capo H) non si è costituito parte civile nel presente procedimento (e, correttamente, nell’epigrafe della sentenza d’appello il suo nominativo non viene riportato nell’elencazione delle parti civili); la costituita parte civile NOME COGNOME era persona offesa esclusivamente in relazione ai capo di imputazione L), dal quale gli odierni ricorrenti sono stati assolti in primo grado per non avere commesso il fatto.
Le parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME risultano costituite parti civili solo in relazione al capo C); la parte civile NOME COGNOME risulta costituita parte civile solo con riferimento al capo E).
Deve quindi rilevarsi l’inammissibilità dei ricorsi avanzati da NOME COGNOME e NOME per carenza di interesse all’impugnazione in relazione ai capi B), D) e G), tutti attinenti al reato di cui all’ad 12, comma 5, d. Igs. 286 del 1998, nonché quanto al reato di cui al capo H), atteso che la persona offesa NOME COGNOME non si è costituita parte civile.
È appena il caso di osservare, sul punto, come l’impugnata sentenza avesse dichiarato l’estinzione di tutti i reati per intervenuta prescrizione; i ricorsi degli imputati erano esclusivamente volti ad ottenere la revoca delle statuizioni civili come conseguenza dell’intervenuto decorso del massimo termine prescrizionale in epoca antecedente alla sentenza di primo grado.
Ne consegue che, in ordine ai reati già dichiarati estinti per prescrizione, in relazione ai quali non vi è stata costituzione di parte civile, non è ravvisabile in capo agli imputati alcun concreto interesse all’impugnazione, che non avrebbe alcun effetto maggiormente favorevole nei loro confronti.
Il motivo unico, comune ai due ricorsi, relativo al momento consumativo delle truffe di cui ai capi C) ed E), che merita una trattazione congiunta, è fondato.
Al capo C) agli imputati era contestato di avere, con artifici e raggiri, consistiti nel far credere a NOME COGNOME che, a fronte di un pagamento di C 4.000 ciascuno, avrebbero curato le pratiche di regolarizzazione sua e di suo fratello NOME COGNOME, inducendo NOME COGNOME in errore circa il buon esito della pratica, conseguito l’ingiusto profitto pari a complessivi C 8.000, con pari danno per la persona offesa. Al capo D), analogamente, era contestato di avere posto in essere i medesimi artifici e raggiri nei confronti di NOME COGNOME, il quale, indotto in errore circa l’espletamento da parte degli imputati delle pratiche di regolarizzazione sua e dei suoi familiari, consegnava loro la somma di C 10.800.
Va quindi precisato che il delitto di truffa contrattuale è reato istantaneo e di danno, per il quale il momento di consumazione – che segna il “dies a quo” della prescrizione – va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l’effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente (Sez. 2, n. 11102 del 14/02/2017, COGNOME, Rv. 269688; Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216429).
È, dunque, l’effettivo conseguimento dell’ingiusto profitto, con correlativo danno alla persona offesa che segna la consumazione del reato e tale momento si verifica all’atto dell’effettiva prestazione del bene economico da parte del raggirato, con susseguente passaggio dello stesso nella sfera di disponibilità dell’agente (Sez. 2, n. 20025 del 13/04/2011, COGNOME, Rv. 250358 – 01; Sez. 2, n. 18859 del 24/01/2012, COGNOME, Rv. 252821 – 01).
Alla luce delle descritte coordinate ermeneutiche, appare carente il percorso motivazionale dell’impugnata sentenza, che àncora in modo assertivo ed apodittico il momento consumativo, per tutti i reati, al 01/04/2010, senza tuttavia specificare, per ciascuna delle ipotesi delittuose, quando si sarebbe verificato il conseguimento, da parte degli imputati, del profitto con altrui danno.
Il percorso motivazionale operato dai Giudici d’appello appare inoltre viziato sotto altro profilo: dopo avere correttamente richiamato i principi in materia di determinazione del momento consumativo del reato di truffa, la Corte territoriale ha poi illogicamente, individuato la data di consumazione dei delitti di truffa, da cui far decorrere la prescrizione, «nella data in cui la persona offesa ha avuto contezza della truffa perpetrata ai suoi danni, ovverosia quando ha compreso che le promesse circa l’effettiva assunzione da parte dei datori di lavoro per consentire la permanenza in Italia, non erano reali, ma frutto di una rappresentazione distorta della realtà».
Va tuttavia osservato che, se il momento in cui la p.o. ha contezza della truffa commessa ai suoi danni è determinante ai fini della decorrenza del dies a quo per la proposizione della querela, esso invece non rileva ai fini della determinazione del momento di consumazione del reato, da cui inizia a decorrere il termine prescrizionale, COGNOME che, come sopra argomentato, si realizza con il conseguimento dell’ingiusto profitto, con correlativo danno alla persona offesa.
 COGNOME Ebbene, ciò premesso, occorre rilevare che la ricostruzione fattuale emergente dall’esame di entrambe le sentenze di merito non consente di stabilire quando le truffe sub capi C) ed E) si siano nel caso di specie consumate, il che impone l’annullamento con rinvio, della sentenza impugnata.
Il Giudice del rinvio dovrà quindi individuare, alla luce dei principi sopra evidenziati, il momento consumativo delle truffe rispettivamente contestate ai capi C) ed E), onde verificare se detti reati si siano prescritti in epoca antecedente alla sentenza di primo grado (17/10/2017). Nel fare ciò la Corte del rinvio dovrà tenere conto di tutti i periodi di sospensione (salvi gli ulteriori controlli demandati dal giudice del rinvio, nella sentenza di primo grado: dal 16/07/2013 al 24/09/2013, per adesione all’astensione dalle udienze proclamata dall’organismo di categoria; dal 24/09/2013 al 20/11/2013 per legittimo impedimento di uno dei difensori; dal 13/06/2017 al 13/07/2017 per adesione all’astensione dalle udienze proclamata dall’organismo di categoria), erroneamente indicati in soli giorni 70 nella sentenza d’appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente ai reati di cui ai capi C) ed E), con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso il 10/01/2025