Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6799 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6799 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME IMPERIALI NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a SAN CLEMENTE il 28/12/1956 BPER BANCA S.P.A. avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata venga annullata senza rinvio con riferimento alle statuizioni civili; rigetto dei ricorsi dell’imputato e del responsabile civile ed ha depositato conclusioni scritte;
udito il difensore della parte civile costituita Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il udito il difensore della responsabile civile ricorrente BPER S.p.a., Avv. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite come memoria ritualmente depositata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 23/04/2024, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Rimini del 28/09/2015, ha assolto NOME COGNOME dal reato ascritto al capo a) perchØ il fatto non Ł piø previsto come reato ed ha dichiarato non doversi procedere per ‘il reato continuato ascritto all’imputato al capo b) (artt. 640, 61 n.7 cod. pen.) perchØ estinto per prescrizione’ con conferma delle statuizioni civili e condanna dell’imputato e del responsabile civile in solido alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei rispettivi difensori, BPER S.p.a. e NOME COGNOME con motivi di ricorso del tutto sovrapponibili che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Ricorso RAGIONE_SOCIALE
3.1. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica e contraddittoria come emerge dagli atti del processo per avere la Corte di appello erroneamente negato l’intervenuta prescrizione del delitto di truffa continuata anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado; la difesa ha in tal senso osservato come il reato sia stato erroneamente contestato come commesso sino al 22/06/2009, mentre – al contrario – alla data del primo atto interruttivo (rappresentato dal decreto di citazione diretta a giudizio datato 17/05/2013) era già maturata sia la prescrizione ordinaria che prorogata (massima), con conseguente nullità delle statuizioni civili confermate dalla sentenza di appello.
La sentenza impugnata non si Ł confrontata con la contestazione della truffa continuata in relazione al deposito amministrato n. 447/1014538, mentre ha riferito la condotta all’indefinito, complessivo e ben piø ampio patrimonio finanziario della persona offesa presso la Banca Popolare dell’Emilia Romagna; la individuazione della data finale della condotta con il momento in cui la persona offesa bloccava la gestione finanziaria nel suo complesso Ł, peraltro, smentita dalla circostanza di fatto, emersa in giudizio, dell’allontanamento del COGNOME dalla banca sin dal Febbraio 2009, mentre la condotta non poteva essere individuata con riferimento al complesso dei rapporti riferibili alla persona offesa, ma solo ed esclusivamente al deposito amministrato indicato nel capo di imputazione; il tempus commissi deliciti doveva essere individuato in relazione alle singole operazioni finanziarie realizzate su tale deposito e in particolare si doveva certamente ritenere conclusa tale condotta alla data del 22/23 agosto 2007 quando i titoli riferibili al deposito amministrato in oggetto venivano trasferiti senza alcuna contestazione della persona offesa, ma anzi su sua richiesta su altro conto titoli cointestato al figlio (447/1076600).
La circostanza era stata specificamente oggetto di censura in appello con la proposizione del sesto motivo di gravame e la Corte di appello era rimasta del tutto silente sul punto, sostanzialmente omettendo di motivare e rendendo una motivazione del tutto apparente con il mero richiamo alla data di presentazione della querela e dell’avvenuta formale conoscenza della illegittimità delle attività poste in essere dal COGNOME riconoscendo pertanto come la condotta illecita si fosse mantenuta sino al 19/03/2009. Il trasferimento sul nuovo conto titoli aveva impedito qualsiasi azione ulteriore al COGNOME e da quel momento la condotta si doveva ritenere cessata; dalla circostanza così evidenziata derivava senza alcun dubbio l’intervenuta prescrizione del delitto ascritto in data antecedente alla sentenza di primo grado, considerato l’unico atto interruttivo antecedente alla sentenza di primo grado era il decreto di citazione diretta a giudizio datato 17/05/2013, ma formalmente comunicato in data 27/09/2013, con conseguente prescrizione di tutte le condotte commesse sino al 27/09/2007.
3.2. Violazione di norme processuali e vizio della motivazione perchØ omessa in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello condannato imputato e responsabile civile in via solidale tra loro al risarcimento dei danni ritenendo il reato commesso anche con la vendita e rimborso titoli e fondi nonostante la imputazione si riferisse a negoziazioni apocrife riferibili esclusivamente all’acquisto di titoli e sottoscrizione fondi, in relazione ai quali era intervenuta la costituzione di parte civile in via esclusiva. La censura era stata proposta esplicitamente in sede di appello e il giudice di secondo grado aveva completamente omesso di motivare sul punto; la condanna era dunque intervenuta su fatti ontologicamente diversi da quelli oggetto di imputazione (vendita invece che acquisto) e per i quali era stata avanzata la pretesa della parte civile costituita.
3.3. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ contraddittoria e sostanzialmente apparente in relazione agli artt. 124, 640 cod. pen. e 529 cod. proc. pen. quanto alla mancata declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per tardività della querela, con conseguente necessità di giungere a revocare le statuizioni civili disposte nella sentenza di primo grado.
La difesa ha osservato come, nonostante fossero state allegate circostanze specifiche su questo tema con i motivi di appello, la Corte di appello a pag. 2 della motivazione si era limitata ad affermare che il delitto contestato al capo b) della rubrica era da ritenere aggravato e dunque procedibile di ufficio. Questa affermazione si scontrava decisamente con la valutazione in tema di pena del giudice di primo grado, che non aveva motivato alcunchØ sul punto e non aveva computato in alcun modo l’eventuale aumento per l’aggravante contestata, sicchØ, questa doveva ritenersi esclusa.
La Corte di appello non aveva a sua volta motivato sul punto, ritenendo sufficiente un mero richiamo alla imputazione, senza alcun confronto con la motivazione di primo grado, nonostante l’esplicita censura proposta sul punto in appello. L’affermazione del giudice di primo grado, secondo il quale la parte civile era venuta a conoscenza dei fatti di rilievo penale in data 19/03/2009 rendeva evidente come la querela, presentata in data 22/06/2009, si dovesse ritenere tardiva.
3.4. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica e contraddittoria in relazione agli artt. 125, 538, 546 cod. proc. pen., artt. 112 cod. proc. civ. e 185 cod. pen.
La Corte di appello aveva disposto il risarcimento dei danni patrimoniali in violazione del principio della domanda, atteso che la parte civile aveva limitato la richiesta al danno morale. La Corte di appello si era limitata a confermare la decisione del giudice di primo grado, richiamando il rapporto tra motivazione e dispositivo in modo apodittico.
La decisione di primo grado e la motivazione adottata evidenziano come la statuizione abbia ricompreso danni a carattere patrimoniale; il dispositivo di primo grado contrariamente a quanto affermato dalla sentenza di appello non conteneva alcuna limitazione al solo danno morale, mentre la motivazione per il suo contenuto richiamava senza alcun dubbio un danno patrimoniale.
4. Ricorso COGNOME.
4.1. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica e contraddittoria come emerge dagli atti del processo per avere la Corte di appello erroneamente negato l’intervenuta prescrizione del delitto di truffa continuata anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado; la difesa ha in tal senso osservato come il reato sia stato erroneamente contestato come commesso sino al 22/06/2009, mentre al contrario alla data del primo atto interruttivo (rappresentato dal decreto di citazione diretta a giudizio datato 17/05/2013) era già maturata sia la prescrizione ordinaria che prorogata (massima), con conseguente nullità delle statuizioni civili confermate dalla sentenza di appello.
4.2. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ contraddittoria e sostanzialmente apparente in relazione agli artt. 124, 640 cod. pen. e 529 cod. proc. pen. quanto alla mancata declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per tardività della querela, con conseguente necessità di giungere a revocare le statuizioni civili disposte nella sentenza di primo grado. La difesa ha osservato come, nonostante fossero state allegate circostanze specifiche su questo tema con i motivi di appello, la Corte di appello a pag. 2 della motivazione si era limitata ad affermare che il delitto contestato al capo b) della rubrica era da ritenere aggravato e, dunque, procedibile di ufficio.
4.3. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica e contraddittoria in relazione agli artt. 125, 538, 546 cod. proc. pen., artt. 112 cod. proc. civ. e 185 cod. pen.
La Corte di appello aveva disposto il risarcimento dei danni patrimoniali in violazione del principio della domanda, atteso che la parte civile aveva limitato la richiesta al danno morale. La Corte di appello si era limitata a confermare la decisione del giudice di primo grado, richiamando il rapporto tra motivazione e dispositivo in modo apodittico.
La decisione di primo grado e la motivazione adottata evidenziano come la statuizione abbia ricompreso danni a carattere patrimoniale; il dispositivo di primo grado contrariamente a quanto affermato dalla sentenza di appello non conteneva alcuna limitazione al solo danno morale, mentre la motivazione per il suo contenuto richiamava senza alcun dubbio un danno patrimoniale.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata venga annullata senza rinvio con riferimento alle statuizioni civili in accoglimento del primo motivo di ricorso .
La difesa del ricorrente RAGIONE_SOCIALE ha tempestivamente depositato memoria con la quale ha allegato documentazione e reiterato le argomentazioni a sostegno dei motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
La difesa della parte civile, COGNOME NOMECOGNOME ha concluso chiedendo di respingersi i ricorsi proposti dall’imputato e dal responsabile civile, con la conferma della sentenza impugnata e delle conseguenti statuizioni civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso proposto in termini sovrapponibili dai ricorrenti Ł fondato, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi proposti. La sentenza impugnata deve essere conseguentemente annullata senza rinvio in relazione al reato di truffa perchØ estinto per prescrizione.
Come compiutamente evidenziato anche dal Procuratore generale, in considerazione delle allegazioni difensive, riscontrate dalla documentazione in atti, la imputazione elevata al COGNOME Ł riferita all’avere con artifici e raggiri indotto la persona offesa ad affidare la gestione del deposito amministrato NUMERO_DOCUMENTO, gestione cessata il 22 agosto 2007. Anche la documentazione richiamata nella imputazione ed oggetto di contestazione fa riferimento a condotte di formazione di atti apocrifi fino al mese di luglio 2007. La difesa della responsabile civile BPER RAGIONE_SOCIALE aveva proposto uno specifico motivo di appello con il quale, ricostruendo analiticamente la condotta imputata e gli accertamenti dibattimentali espletati (sostanzialmente non contestati nella loro portata) in ordine alla condotta del ricorrente COGNOME, evidenziava l’intervenuto decorso del termine di prescrizione prima della decisione di primo grado del Tribunale di Rimini del 28/09/2015.
La Corte di appello di Bologna ha reso sul punto una motivazione sostanzialmente apparente, non confrontandosi effettivamente con gli argomenti posti alla base del motivo ed ha individuato la decorrenza del termine di prescrizione, in modo erroneo, identificandolo nella data nella quale asseritamente la persona offesa sarebbe venuta a conoscenza dal figlio della effettiva consistenza degli investimenti effettuati presso la Banca e quanto rappresentatole da NOME COGNOME In sostanza la Corte di appello non ha tenuto conto dell’oggetto della contestazione riferibile al deposito amministrato n. 447/1014538, la cui gestione Ł definitivamente cessata – come emerge documentalmente – in data 22/23 agosto 2007.
Dalle argomentazioni della Corte di appello non emerge in alcun modo perchØ l’offesa al bene protetto si sarebbe protratta oltre tale data, mentre viene richiamato in senso risolutivo un elemento diverso, ovvero l’acquisita consapevolezza della attività truffaldina subita, che all’evidenza rileva ad altri fini, ovvero al fine di tempestivamente presentare la querela per procedere nei confronti del COGNOME.
Nell’affrontare il tema devoluto con il motivo di ricorso, la Corte di appello, in parte con motivazione apparente (in assenza di reale confronto con le argomentazioni poste dalla difesa) e in parte con motivazione apodittica (quanto alla durata della condotta da riferire al complesso dei
rapporti finanziari tra la persona e la banca) non ha correttamente applicato il principio di diritto, affermato da questa Corte e che qui si intende ribadire, secondo il quale nei reati procedibili a querela, il termine di decorrenza della prescrizione va computato dalla data del commesso reato e non da quello di presentazione della querela (Sez. 2, n. 43339 del 15/09/2023, COGNOME, Rv. 285193-01).
Nel considerare conseguentemente il decorso del termine di prescrizione (anche tenuto conto della oggettiva esclusione in fatto della aggravante contestata, come evidenziato dalla difesa in considerazione della argomentata motivazione di primo grado sia quanto alla ricostruzione della condotta che quanto alla dosimetria della pena), tenuto conto dell’atto interruttivo rappresentato dal decreto di citazione diretta a giudizio, e dunque del termine prorogato nella misura di sei anni oltre un quarto come aumento massimo, il reato si deve ritenere estinto in data 23/02/2015, precedente alla pronuncia della sentenza di primo grado (28/09/2015).
Dall’intervenuto decorso del termine di prescrizione, in epoca precedente alla decisione di primo grado consegue altresì la revoca delle statuizioni civili confermate dalla Corte di appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al reato di truffa perchŁ estinto per prescrizione.
Revoca le statuizioni civili.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME