Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32778 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 32778 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1176/2025
NOME COGNOME
Relatore –
PU – 12/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA
PARTI CIVILI: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
avverso la sentenza 28/11/2024 della Corte di Appello di Napoli
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato commesso nei confronti del COGNOME e, limitatamente alla somma versata nel 2015, nei confronti della COGNOME, con rinvio per la determinazione della pena alla Corte di Napoli; dichiarazione di inammissibilità del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 28 novembre 2024 la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza del 16 novembre 2020 del Gup del Tribunale di Napoli, appellata dall’imputato NOME COGNOME e dalla parte civile NOME COGNOME, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’COGNOME in ordine al reato di truffa sub a), in relazione ai fatti ritenuti commessi in danno di NOME COGNOME perché estinto per intervenuta prescrizione, e rideterminava la pena, in relazione alle ulteriori
truffe di cui al capo a) e alla truffa in danno della COGNOME di cui al capo b), in anni uno, mesi otto di reclusione e euro 800 di multa.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo eccepisce l’erronea applicazione della legge penale – artt. 36, lett. g) e h), 41, 52 cod. proc pen., 81 cod. pen., 649 cod. proc. pen. – per il mancato accoglimento da parte del Presidente della Corte di appello della istanza di astensione presentata da due componenti del collegio giudicante, per aver giudicato e condannato il ricorrente per gli stessi fatti a danno delle medesime persone offese, in violazione del principio di imparzialità del giudice; inoltre, la contestazione di cui al capo a) era sovrapponibile a quella di cui alla sentenza irrevocabile del 22 novembre 2022, emessa dalla stessa corte partenopea, in relazione alla quale era stata presentata istanza di astensione, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem (il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva infatti emesso sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. in ordine alla posizione di NOME COGNOME, altra persona offesa dal reato).
Anche il capo di imputazione sub b) doveva essere assorbito in quello sub a), trattandosi di identica fattispecie, che aveva determinato un ingiustificato aumento della pena per continuazione esterna, mentre la truffa in danno della COGNOME costituiva una prosecuzione dell’identica condotta.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge (artt. 61 n. 7, 81, 131 e 157 cod. pen. nonché 336 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione circa la rideterminazione della pena.
Si sostiene che il sensibile discostamento della pena base (due anni di reclusione) dal minimo edittale (sei mesi) non era stato motivato, con duplice aumento per la continuazione interna per il capo a) e altro aumento per il capo b); inoltre, che solo per quest’ultima imputazione era stata contestata l’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. e che la riqualificazione del capo a) – dall’ipotesi contestata ex artt. 473 e 642 cod. pen. a quella di truffa – non poteva estendersi all’applicazione di circostanze mai contestate. In ogni caso, il giudice di primo grado aveva omesso la motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante.
Infine, la prescrizione era stata accertata solo per la truffa sub a) in danno dell’COGNOME, risalente al 2015, mentre tutte le condotte relative ai due capi di imputazione non si erano protratte oltre tale data, non essendo provata la commissione dei reati fino al mese di maggio del 2017 (circostanza, anzi, smentita per la parte offesa COGNOME dall’imputazione, sovrapponibile, di cui alla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 2055/2024).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo l’ordine logico delle questioni, i motivi relativi alla regolare costituzione dell’organo giudicante in appello, a seguito del rigetto dell’istanza di astensione, ed alla violazione del ne bis in idem sono insuscettibili di esame in quanto proposte per la prima volta in cassazione; non possono essere sollevate, infatti, davanti al giudice di legittimità questioni sulle quali il giudice di appello non si sia pronunciato, perché non devolute alla sua cognizione (ex multis, Sez. 2, n. 26721 del 26/04/2023, Rv. 284768 – 02).
In particolare, circa la preclusione derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, pur aderendo alla giurisprudenza, non univoca, che ritiene la stessa deducibile nel giudizio di cassazione, a condizione che la decisione della relativa questione non comporti la necessità di accertamenti di fatto (Sez. 6, n. 29188 del 15/05/2024, B., Rv. 286759 – 01), nel caso di specie il ricorrente richiede proprio quell’accertamento fattuale non consentito alla Corte, teso alla verifica dell’identità di una condotta che si ritiene identica sulla base dei capi di imputazione e degli accertamenti processuali.
Motivi relativi all’incompatibilità dei componenti dell’organo giudicante dovevano essere fatti valere con istanza di ricusazione e non con ricorso in cassazione, al fine di ottenere la nullità della sentenza.
È fondato il motivo relativo alla prescrizione con riferimento alla truffa in danno di NOME COGNOME commessa nel 2015 (capo B) e di quella in danno di NOME COGNOME (capo A), verificatasi prima della pronuncia di secondo grado.
La questione era stata eccepita ritualmente in appello rispetto a tutti gli episodi per cui vi era stata condanna in primo grado e la Corte di appello aveva ritenuto (pagine 8 e 9) che le condotte contestate come commesse in danno di NOME COGNOME sino a marzo 2015 fossero in effetti estinte; per quelle contestate ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME, invece, ha stabilito che non risultava decorso il termine di prescrizione, tenuto conto anche del periodo di sospensione pari a mesi dieci (per il rinvio di udienza, a seguito di adesione del difensore all’astensione proclamata dall’RAGIONE_SOCIALE, dall’8.2.2024 al 31.10.2024, e per l’emergenza pandemica da Covid 19 – pagina 10), senza individuare, tuttavia, in relazione a tali reati il tempus commissi delicti , oggetto peraltro di specifica contestazione da parte dell’appellante (pagina 7 e pagina 10 dell’atto di appello), il quale aveva evidenziato come la data indicata nei capi di imputazione si riferisse all’epoca dell’accertamento dei fatti e non a quella di commissione del reato.
Dalla ricostruzione in fatto riportata nella sentenza di primo grado (pagina 6) si evince che la COGNOME nel 2015 riscattò una precedente polizza e stipulò con
l’NOME un nuovo contratto, apparentemente intestato alla RAGIONE_SOCIALE, versando su un conto corrente, il cui codice IBAN fu indicato dall’imputato, i versamenti periodici relativi ai premi, negli anni 2015 e 2017.
Poiché si configura truffa c.d. a consumazione prolungata quando la percezione dei singoli emolumenti sia riconducibile ad un originario ed unico comportamento fraudolento con la conseguenza che il momento della consumazione del reato – dal quale far decorrere il termine iniziale di maturazione della prescrizione – è quello in cui cessa la situazione di illegittimità, è evidente che nel caso di specie i versamenti periodici furono determinati da un’unica e originaria condotta truffaldina e cessarono con il versamento del gennaio 2017, data che determina il dies a quo per il calcolo del termine prescrizionale, il cui decorso va individuato nel giorno 1 maggio 2025, successivo alla pronuncia di appello (al termine massimo di sette anni e sei mesi va aggiunto il suddetto periodo di sospensione determinato dalla corte territoriale).
Per quanto riguarda la truffa in danno di NOME COGNOME, risulta, invece, che i prodotti finanziari apparentemente acquistati da BNI Invest tramite l’RAGIONE_SOCIALE, con consegna di falsa documentazione, erano due polizze vita a premio unico ed erano commercializzati da una società attiva fino al 31.12.2014 per poi essere incorporata in altra (pag. 4 della sentenza di primo grado), per cui deve ritenersi che i premi di entrambe le polizze furono versati contestualmente alla stipula dei contratti con il sedicente promotore finanziario e che nel 2017 il NOME richiese il riscatto delle due polizze, sollecitando informazioni con missiva del 15 giugno 2017, in riscontro della quale apprese della truffa a suo danno.
Se nel 2017 veniva richiesto il riscatto delle polizze e il versamento dei premi avvenne in unica soluzione, su modulistica di società attiva fino al 2014, è plausibile quanto indicato dall’appellante a pag. 9 dell’atto di appello, secondo cui il pagamento avvenne nel 2011, come da allegato n. 32 alla querela sporta da RAGIONE_SOCIALE, circostanza in fatto che la Corte di appello avrebbe dovuto accertare ma che può ritenersi acquisita in atti.
È evidente, dunque, la prescrizione della truffa in danno del COGNOME prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, per cui si giustifica il ricorso per cassazione e l’instaurazione del rapporto processuale; ulteriore conseguenza è che deve dichiararsi la prescrizione di tutte le altre ipotesi di reato, anche con riferimento alle truffe commesse fino al gennaio 2017, essendo nelle more del giudizio di legittimità decorso il relativo termine di prescrizione.
Vanno confermate invece le statuizioni civili in quanto non solo il ricorrente non contesta la propria responsabilità in ordine alle truffe in oggetto ma non formula neanche censure a riguardo.
Tutti gli ulteriori motivi di ricorso attinenti alla circostanza aggravante ed alla determinazione della pena sono assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché i reati sono estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso in Roma il 12 settembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME