Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35946 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35946 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME PATERNO’ RADDUSA NOME DI COGNOME OMBRETTA DI GIOVINE
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Castellana Grotte il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 26/11/2024 emessa dalla Corte d’appello di Bari udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
La ricorrente impugna la sentenza con la quale la Corte di appello di Bari confermava la condanna per i reati di cui agli artt. 336 cod. pen. e 73, comma 5°, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale pronuncia la ricorrente ha proposto due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo, deduce l’omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alla contestata aggravante di cui all’art. 61, n.2, cod. pen.
La sentenza impugnata, infatti, fa riferimento alla valutazione del giudizio di equivalenza rispetto alla ‘recidiva’, circostanza che, invece, non era stata in alcun modo contestata e ritenuta.
3.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’intervenuta prescrizione intermedia, evidenziando come i reati contestati sono stati commessi il 15 maggio 2018, mentre l’udienza dinanzi alla Corte di appello si Ł tenuta il 2 luglio 2024 e, successivamente, il 26 novembre 2024 Ł stata pronunciata la sentenza.
Il ricorso Ł stato trattato con rito cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Il primo motivo di ricorso Ł infondato.
La Corte di appello Ł sicuramente incorsa in errore lì dove, nell’esaminare il motivo concernente il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche, ha fatto riferimento
all’avvenuta contestazione della recidiva.
Invero, dalla lettura del capo di imputazione e della sentenza di primo grado, emerge pacificamente che all’imputata era contestata l’aggravante di cui all’art. 61, n. 2 cod. pen. e non già la recidiva.
Ciò posto, deve darsi atto che la Corte di appello, nel confermare il giudizio di valenza, non ha in alcun modo valorizzato la maggiore offensività del fatto legato alla recidiva, bensì ha ritenuto che le modalità della condotta fossero ostative al riconoscimento della prevalenza delle generiche.
Ne consegue che, pur a fronte di un erroneo riferimento ad una aggravante diversa da quella in concreto applicata, il giudizio reso dalla Corte di appello Ł ugualmente immune da censure, essendosi fondato su elementi attinenti alla ricostruzione del fatto di reato, con riguardo alla sua particolare offensività, e non all’incidenza dell’aggravante rispetto al complessivo giudizio di valenza.
3. Il secondo motivo di ricorso Ł infondato.
La ricorrente ha ritenuto che, nel caso di specie, il termine di prescrizione intermedio doveva computarsi nel termine di sei anni, omettendo di considerare che il reato per il quale si procede, essendo stato commesso nel 2018, ricade nell’intervallo temporale di applicazione della disciplina della prescrizione introdotta dalla cosiddetta ‘Riforma Orlando’.
Come recentemente affermato da Sez. U., n. 20989 del 12/12/2024, dep.2025, PG/Polichetti, Rv.288175-01,la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati commessi dall’1 gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021
Premesso che i reati oggetto di giudizio sono stati commessi nel maggio 2018, ne consegue che nel computo del termine di prescrizione deve tenersi conto del periodo di sospensione previsto in pendenza del giudizio di appello dall’art. 159 cod. pen., vigente ratione temporis , stabilito in un anno e sei mesi.
Ne consegue che alla data di fissazione e definizione del giudizio di appello il termine complessivo, computato sulla base del principio sopra indicato, non era sicuramente decorso.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 08/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME