Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31309 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31309 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata ad Aversa il 27/01/1978
avverso la sentenza del 22/10/2024 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME il quale ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata venga annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione, con la conferma delle statuizioni civili;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/10/2024, la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del 17/03/2023 del Tribunale di Napoli Nord con la quale NOME COGNOME era stata condannata alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed C 600,00 di multa per il reato di ricettazione di un assegno bancario non trasferibile, oltre che al risarcimento del danno in favore della costituita parte civil RAGIONE_SOCIALE
Avverso la menzionata sentenza del 22/10/2024 della Corte d’appello di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza e/o l’erronea applicazione degli artt. 157 e 160 cod. pen., in quanto, tenuto conto che l’assegno oggetto del reato era stato negoziato presso un ufficio di Poste Italiane s.p.a., da un soggetto che era stato individuato nell’imputata, nel luglio del 2014, in mancanza di cause di sospensione del corso della prescrizione, l’attribuito reato di ricettazione si doveva ritener prescritto nel luglio del 2024, cioè prima della pronuncia della sentenza di appello, con la conseguenza che la Corte d’appello di Napoli avrebbe dovuto emettere sentenza di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., l’inosservanza e/o l’erronea applicazione dell’art. «640» cod. pen., e, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la mancanza della motivazione, in quanto la Corte d’appello di Napoli avrebbe fornito una motivazione «meramente apparente, laddove non manifestamente illogica», in ordine alle doglianze che erano state avanzate con l’atto di appello, in particolare, in ordine: 1) alla doglianza con la quale aveva «segnala l’assenza di elementi provanti l’accertamento dell’identità del soggetto che aveva posto all’incasso l’assegno ed aveva, a seguito, prelevato la somma di denaro», censura con la quale «mirava ad evidenziare come l’assenza di certezza sul soggetto presentatosi allo sportello implicasse la possibilità che terzi soggetti, all’insaput della COGNOME, ne avessero utilizzato le generalità per compiere impunemente un reato»; 2) alla doglianza «legata alla mancata denuncia di donazione dei documenti dell’imputata», con la conseguenza che resterebbero «ignote, per l’effetto, le ragioni per le quali sarebbe irrilevante la discrasia sottolineata nell’a di appello» tra il numero della carta d’identità che era stato annotato sull’assegno versato e il numero della carta d’identità che era stata utilizzata per l’apertura del conto corrente sul quale lo stesso assegno era stato accreditato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza e/o l’erronea applicazione dell’art. 175 cod. pen., e, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la mancanza della motivazione con riguardo al diniego della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, per avere la Corte d’appello di Napoli fondato tale diniego sulle «esigenze di pubblicità della condotta della imputata, volte a tutelare l’affidamento commerciale dei terzi» (pag. 3 della sentenza impugnata), ragione, questa, «estranea al novero degli elementi che il Giudice di merito deve considerare ai fini della decisione sulla meritevolezza della concessione» del beneficio, con la conseguente mancanza di motivazione al rigurdo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In ordine logico, deve essere esaminato per primo il secondo motivo.
Esso non è fondato.
Con le loro conformi sentenze, i giudici del merito hanno affermato la colpevolezza dell’imputata in ordine reato di ricettazione di un assegno bancario non trasferibile a lei contestato sulla base degli elementi che la donna che aveva negoziato tale assegno era stata identificata come NOME COGNOME dal dipendente di Poste Italiane s.p.a. mediante carta d’identità – della quale non era emersa la falsità e della quale la COGNOME non aveva mai denunciato né lo smarrimento né il furto né la clonazione – e che la somma di denaro di cui allo stesso assegno era stata versata, su richiesta della suddetta donna, sul conto corrente intestato alla medesima NOME COGNOME.
Tale motivazione della commissione del contestato fatto di ricettazione dell’assegno da parte dell’imputata risulta del tutto priva di contraddizioni e di illogicità, tanto meno manifeste, sicché si sottrae a censure in questa sede.
In particolare, a quelle che sono state prospettate con il motivo in esame, le quali risultano infondate, attesa la già evidenziata logicità dell’argomentazione con la quale i giudici del merito hanno ritenuto che il fatto dovesse essere addebitato all’imputata nonché delle argomentazioni con le quali la Corte d’appello di Napoli, nel respingere le doglianze che erano state avanzate dalla Sentili° con l’atto di appello, ha evidenziato come il numero del documento che era stato annotato a tergo dell’assegno in occasione del versamento di esso corrispondesse a una carta d’identità intestata all’imputata della quale ella non aveva neppure allegato di avere denunciato l’affermata clonazione e ha ritenuto l’irrilevanza, ai fini dell’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione dell’assegno, dell’assenza di accertamenti in ordine al soggetto che, dopo la consumazione dello stesso reato, ebbe a prelevare le somme versate.
2. Il primo motivo è fondato.
Dalla lettura delle sentenze di merito risulta che l’assegno oggetto dell’attribuito reato di ricettazione: 1) era stato spedito da Zurich Insurance PLC il 03/07/2014; 2) era stato negoziato dall’imputata presso Poste Italiane s.p.a. il 18/07/2014.
Ne discende che, ancorché nel capo d’imputazione sia indicato, come giorno di consumazione, il 17/12/2015, l’attribuito delitto di ricettazione, il quale h natura istantanea e si consuma nel momento in cui l’agente ottiene il possesso della cosa (Sez. 2, n. 29561 del 20/07/2020, COGNOME, Rv. 279969-01), si è in
realtà consumato tra il 03/07/2014 e il 18/07/2014 e, quindi, al più tardi, in quest’ultimo giorno.
Ciò posto, poiché, ai sensi del primo comma dell’art. 157 cod. pen., il tempo necessario a prescrivere è pari al massimo della pena edittale, considerato che il reato di cui all’art. 648 cod. pen. è punito con la pena massima di otto anni, il tempo necessario a prescrivere lo stesso è, appunto, di otto anni.
Risultando l’esistenza di atti interruttivi, si deve peraltro rilevare che ta interruzione della prescrizione, a norma dell’art. 161, secondo comma, cod. pen., richiamato anche dall’art. 160, terzo comma, dello stesso codice, non può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, con la conseguenza che, nel caso di specie, tale tempo è pari a dieci anni.
Poiché, come si è detto, il delitto di ricettazione ascritto alla COGNOME si consumato, al più tardi, il 18/07/2014, non risultando periodi di sospensione del corso della prescrizione, esso si è quindi prescritto, sempre al più tardi, i 18/07/2024, cioè prima della pronuncia della sentenza di appello, che è del 22/10/2024.
L’esame del terzo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
Pertanto, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione. Il ricorso deve, invece, essere rigettato agli effetti civili, con la conseguente conferma delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso il 12/09/2025.