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Prescrizione recidiva: come cambia il calcolo del tempo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che sosteneva l’avvenuta prescrizione del suo reato. L’ordinanza chiarisce un punto fondamentale sul calcolo della prescrizione recidiva: la recidiva qualificata, ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p., non solo aumenta il termine base, ma estende anche il limite massimo di aumento per gli atti interruttivi a due terzi, e non a un quarto come erroneamente sostenuto dal ricorrente. Di conseguenza, il reato non era ancora estinto al momento della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione e Recidiva Qualificata: La Cassazione Chiarisce il Calcolo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i criteri per il calcolo della prescrizione recidiva, un tema cruciale nel diritto penale. La decisione chiarisce come la recidiva qualificata influenzi non solo la durata base della prescrizione, ma anche il tetto massimo degli aumenti dovuti agli atti interruttivi, un dettaglio che può fare la differenza tra l’estinzione del reato e la conferma di una condanna.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna, per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), aggravato dalla recidiva specifica, infraquinquennale e reiterata (art. 99, comma 4, c.p.).

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un unico motivo: la mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Secondo la sua tesi, il reato, commesso il 9 dicembre 2013, si sarebbe prescritto il 9 aprile 2022, data anteriore alla sentenza d’appello del 7 settembre 2023. Questo calcolo si basava su un’interpretazione restrittiva degli effetti dell’interruzione della prescrizione.

L’Errore nel Calcolo della Prescrizione Recidiva

Il ricorrente aveva correttamente individuato l’aumento di due terzi sul termine di prescrizione base dovuto alla recidiva qualificata, come previsto dall’art. 157 del codice penale. Tuttavia, ha commesso un errore cruciale nel valutare l’impatto degli atti interruttivi. Egli sosteneva che, nonostante la recidiva, l’aumento massimo della prescrizione per effetto di interruzioni (come un decreto di citazione a giudizio) dovesse essere contenuto nel limite di un quarto, come previsto in via generale dall’art. 161 c.p.

Questa interpretazione, se corretta, avrebbe effettivamente portato all’estinzione del reato prima della pronuncia di secondo grado. La Corte di Cassazione, però, ha giudicato questa tesi manifestamente infondata, evidenziando il doppio impatto della prescrizione recidiva qualificata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando la tesi difensiva con argomentazioni solide e richiamando un importante precedente delle Sezioni Unite (Sent. n. 30046/2022). I giudici hanno chiarito che la recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. (specifica, infraquinquennale e reiterata) ha un duplice effetto sui termini di prescrizione:

1. Aumento del termine base: Il termine ordinario di prescrizione viene aumentato di due terzi, ai sensi dell’art. 157 c.p.
2. Aumento del limite per l’interruzione: Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, anche il limite massimo di aumento derivante da atti interruttivi viene elevato a due terzi, e non rimane fermo al limite ordinario di un quarto o un terzo.

Applicando questo corretto meccanismo di calcolo, il termine massimo di prescrizione per il reato in questione si estendeva a undici anni e quaranta giorni, un periodo di tempo ben più lungo di quello trascorso tra la commissione del fatto e la sentenza d’appello. Il reato, quindi, non era affatto prescritto.

La Corte ha inoltre precisato, citando le Sezioni Unite, che il computo deve basarsi su parametri oggettivi e astratti, senza che i limiti di pena previsti per la recidiva (art. 99, sesto comma) possano influenzare la qualificazione della stessa come circostanza a effetto speciale ai fini della prescrizione.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Conseguenze Pratiche

L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa decisione non è solo una sanzione per aver adito la Corte con un motivo palesemente infondato, ma funge da monito sull’importanza di un corretto inquadramento giuridico delle norme sulla prescrizione.

L’ordinanza conferma un principio fondamentale: la recidiva qualificata è una circostanza che aggrava pesantemente la posizione dell’imputato non solo in termini di pena, ma anche dilatando significativamente i tempi necessari per l’estinzione del reato. Per i professionisti del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione al tipo di recidiva contestata per calcolare correttamente i termini processuali ed evitare di fondare strategie difensive su presupposti errati.

Come incide la recidiva qualificata (art. 99, comma 4, c.p.) sul termine di prescrizione?
La recidiva qualificata comporta un aumento del termine di prescrizione base pari a due terzi. Inoltre, estende il limite massimo di aumento in caso di atti interruttivi, portandolo anch’esso a due terzi.

Perché il calcolo della prescrizione presentato dal ricorrente era sbagliato?
Il ricorrente ha erroneamente ritenuto che l’aumento massimo per l’interruzione della prescrizione fosse limitato a un quarto, mentre la legge, per la recidiva qualificata contestata, prevede un aumento fino a due terzi, estendendo notevolmente il tempo necessario per l’estinzione del reato.

Quali sono state le conseguenze della decisione della Cassazione?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, poiché il reato non era prescritto. Di conseguenza, ha confermato la condanna e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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