Prescrizione Reato Tributario: Quando l’Inammissibilità del Ricorso Blocca l’Estinzione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un importante chiarimento sul tema della prescrizione reato tributario e sui suoi limiti. In particolare, la Suprema Corte stabilisce che un ricorso palesemente infondato non consente di dichiarare l’estinzione del reato, anche se i termini di prescrizione maturano durante il giudizio di legittimità. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: l’accesso alla giustizia deve essere fondato su argomentazioni solide e non può essere utilizzato come mero strumento dilatorio per ottenere la prescrizione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata per il reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, relativo all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. La condanna, emessa dal Tribunale di Savona e confermata dalla Corte d’Appello di Genova, riguardava l’annualità fiscale 2013, con un fatto accertato nel giugno 2015. La difesa dell’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su un unico motivo: l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, il motivo addotto dalla difesa era manifestamente infondato. La Corte non solo ha rigettato la tesi della prescrizione, ma ha anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei termini di prescrizione e sull’applicazione di un consolidato principio giurisprudenziale.
Il Calcolo della Prescrizione del Reato Tributario
La Corte ha innanzitutto ricostruito il calcolo del termine di prescrizione. Per il reato contestato, la legge prevede un termine massimo di 10 anni. Il dies a quo, ovvero il giorno da cui far decorrere il termine, è stato individuato nel 29 settembre 2014, data di presentazione della dichiarazione annuale. Di conseguenza, il termine decennale sarebbe scaduto il 29 settembre 2024.
A questo termine, tuttavia, è stato necessario aggiungere un periodo di sospensione di 84 giorni, relativo al rinvio del giudizio d’appello. Questo slittamento ha spostato la data di maturazione della prescrizione al 5 febbraio 2025. Poiché la sentenza d’appello impugnata era stata emessa il 23 ottobre 2024, a quella data il reato non era ancora prescritto.
L’Impatto della Manifesta Infondatezza del Ricorso
L’aspetto più rilevante della decisione riguarda il rapporto tra l’inammissibilità del ricorso e la prescrizione reato tributario. La Cassazione ha sottolineato che, anche se la prescrizione fosse maturata dopo la sentenza d’appello ma prima della loro decisione (come in effetti è avvenuto, dato che l’ordinanza è del maggio 2025), la declaratoria di estinzione del reato sarebbe stata comunque preclusa.
Il motivo è di natura processuale: un ricorso basato su motivi manifestamente infondati è considerato inammissibile ab origine. Tale inammissibilità impedisce l’instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione. In altre parole, è come se il giudizio di Cassazione non fosse mai validamente iniziato. Di conseguenza, il giudice di legittimità non può rilevare e dichiarare cause di estinzione del reato, come la prescrizione, che siano sopravvenute alla data della sentenza impugnata.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte si basano su un principio di diritto consolidato, citando un precedente specifico (Sez. 7, n. 6935 del 17/04/2015). La logica sottostante è quella di evitare abusi del processo. Consentire la declaratoria di prescrizione in presenza di un ricorso palesemente infondato premierebbe un comportamento dilatorio e vanificherebbe l’efficacia della giustizia penale. La Corte, dichiarando il ricorso inammissibile, non entra nel merito della questione ma si ferma a una valutazione preliminare sulla fondatezza dei motivi. Se questi sono palesemente privi di pregio, il rapporto processuale si chiude, cristallizzando la situazione giuridica definita dalla sentenza di secondo grado. L’onere del pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, previsto dall’art. 616 c.p.p., funge da ulteriore deterrente contro la proposizione di impugnazioni temerarie.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza un principio cardine della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza prevale sulla potenziale causa di estinzione del reato maturata successivamente. Per i professionisti e i cittadini, il messaggio è chiaro: il ricorso per Cassazione non può essere una strategia per guadagnare tempo sperando nella prescrizione. I motivi di impugnazione devono essere seri, specifici e giuridicamente fondati. In caso contrario, non solo il ricorso verrà respinto, ma si andrà incontro anche a conseguenze economiche significative, senza poter beneficiare dell’eventuale maturare della prescrizione.
Cosa succede se la prescrizione del reato matura dopo la sentenza d’appello ma prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso in Cassazione è basato su motivi manifestamente infondati, la Corte lo dichiara inammissibile. Questa inammissibilità impedisce di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, anche se questa è maturata nel frattempo. La situazione giuridica rimane quella definita dalla sentenza d’appello.
Perché un ricorso manifestamente infondato impedisce di dichiarare la prescrizione?
Perché, secondo la giurisprudenza consolidata, un ricorso con tali caratteristiche non è idoneo a instaurare un valido rapporto processuale di impugnazione. Di conseguenza, il giudice di legittimità non può prendere in considerazione eventi successivi alla sentenza impugnata, come la maturazione della prescrizione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato equitativamente dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35709 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35709 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ALBENGA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/10/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Genova del 23 ottobre 2024, che, per quanto in questa sede rileva, ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Savona il 3 ottobre 2023, con la quale NOME COGNOME era stata condannata alla pena di anni 1 e mesi 1 di reclusione, in quanto ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74/ riferito all’annualità 2013. Fatto accertato in Albenga il 17 giugno 2015.
Vista la memoria trasmessa dall’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dell’imputata,
Osservato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura la mancata declaratoria di estin per prescrizione del reato, è manifestamente infondato, dovendosi considerare che la prescrizio massima del reato contestato si computa in 10 anni ai sensi dell’art. 17 comma 1 bis del d. lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, convertito dalla legge n. del 14 settembre 2011; risalendo la presentazione della dichiarazione annuale al 29 settembre 2014 il termine decennale sarebbe maturato il 29 settembre 2024; a tale termine, tuttavia, vanno aggi 84 giorni di sospensione riferibili al giudizio di appello (dal 1° luglio al 23 settembre 2024 conseguenza che la prescrizione è maturata il 5 febbraio 2025, ossia dopo la data di emissione del sentenza impugnata. Né rileva la circostanza che la prescrizione sia intervenuta in epoca successi alla emissione della sentenza impugnata, essendo la declaratoria di estinzione del reato comunqu impedita dal rilievo della manifesta infondatezza della doglianza sollevata, non consente l’inammissibilità originaria dei ricorsi per cassazione la valida instaurazione dell’ulterio impugnazione (cfr. in termini, ex multis, Sez. 7, n. 6935 del 17/04/2015, dep. 2016, Rv. 266172).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.