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Prescrizione reato: quando va dichiarata in appello

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per ricettazione, stabilendo che il reato era già estinto per prescrizione prima della pronuncia d’appello. La Corte ha chiarito che il giudice di secondo grado ha l’obbligo di rilevare la prescrizione reato, e che la recidiva non applicata in primo grado non può essere considerata per estendere i termini, se non vi è impugnazione del Pubblico Ministero.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato: L’Obbligo del Giudice d’Appello di Dichiararla

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 11485/2025) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di prescrizione reato: il giudice d’appello ha il dovere di dichiarare l’estinzione del reato se i termini sono maturati prima della sua decisione, anche quando questo è l’unico motivo di ricorso. Questa pronuncia offre spunti cruciali sul calcolo dei termini e sul ruolo della recidiva nel processo penale.

Il Caso in Analisi: Ricettazione e il Tempo che Scorre

Il caso riguardava un’imputata condannata in primo e secondo grado per il delitto di ricettazione. I fatti contestati risalivano al 9 marzo 2011. La difesa ha presentato ricorso per cassazione sostenendo un unico, ma decisivo, motivo: il reato si era già estinto per prescrizione prima della sentenza della Corte d’Appello, emessa il 28 giugno 2024.

Secondo i calcoli della difesa, il termine massimo di prescrizione, incluse le interruzioni e le sospensioni (compresi i 64 giorni di sospensione ex lege per l’emergenza sanitaria), era scaduto il 23 marzo 2022. Di conseguenza, al momento della pronuncia di secondo grado, il reato non era più perseguibile.

La Questione della Prescrizione Reato e la Recidiva

Il punto nevralgico della difesa si concentrava sulla contestata recidiva qualificata. Sebbene contestata, questa aggravante non era stata concretamente applicata dal giudice di primo grado, né ai fini della determinazione della pena, né con una motivazione specifica. La difesa ha correttamente argomentato che, in assenza di un’impugnazione da parte del Pubblico Ministero su questo punto, la Corte d’Appello non poteva “riesumare” la recidiva per estendere i termini di prescrizione a svantaggio dell’imputata.

Questo aspetto è di fondamentale importanza: la recidiva, per produrre effetti sostanziali come l’allungamento della prescrizione, deve essere non solo contestata ma anche ritenuta sussistente e applicata dal giudice di merito. Se il giudice di primo grado la esclude (anche implicitamente, non tenendone conto), tale esclusione diventa definitiva se non contestata dalla pubblica accusa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso, annullando la sentenza impugnata senza rinvio perché il reato era estinto.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, ha confermato che un ricorso per cassazione è ammissibile anche se basato esclusivamente sulla intervenuta prescrizione maturata prima della sentenza di appello. Questa doglianza, infatti, integra una violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), del codice di procedura penale.

Nel merito, i giudici hanno verificato i calcoli: partendo dalla data del commesso reato (9 marzo 2011) e aggiungendo i periodi di sospensione, hanno confermato che il termine massimo di prescrizione era effettivamente decorso il 23 marzo 2022, ben prima della pronuncia d’appello.

Hanno poi ribadito che, ai fini del calcolo della prescrizione, non si poteva tenere conto della recidiva qualificata. Citando le Sezioni Unite (sent. n. 20808/2018, Schettino), la Corte ha spiegato che se il giudice di primo grado non considera la recidiva, non motivandone la sussistenza e non applicandone l’effetto aggravante sulla pena, essa si deve intendere esclusa. Di conseguenza, la Corte d’Appello, in mancanza di appello del PM, non aveva il potere di riconsiderarla. Sussisteva quindi l’obbligo per la Corte territoriale di dichiarare immediatamente l’estinzione del reato, come previsto dall’art. 129 c.p.p.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza due importanti garanzie per l’imputato. La prima è che la prescrizione reato è una causa di estinzione che deve essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo, non appena matura. La seconda è la cristallizzazione del giudicato interno: una circostanza aggravante, come la recidiva, se esclusa dal primo giudice e non oggetto di specifica impugnazione, non può essere reintrodotta a sfavore dell’imputato nei gradi successivi. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’attenta vigilanza sui termini processuali da parte della difesa e riafferma il principio secondo cui il tempo, nel processo penale, è un fattore giuridico determinante che non può essere ignorato.

È ammissibile un ricorso per cassazione basato unicamente sulla mancata dichiarazione della prescrizione maturata prima della sentenza d’appello?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è un motivo di ricorso pienamente ammissibile, in quanto integra una violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), del codice di procedura penale.

Se il giudice di primo grado non applica una recidiva contestata, il giudice d’appello può tenerne conto per allungare i tempi di prescrizione?
No. Se la recidiva non è stata considerata dal giudice di primo grado (né in fatto né ai fini dell’aumento di pena) e il Pubblico Ministero non ha impugnato specificamente questo punto, la Corte d’Appello non può considerarla per estendere i termini di prescrizione a danno dell’imputato.

Cosa deve fare la Corte d’Appello se si accorge che il reato è prescritto?
La Corte d’Appello ha l’obbligo di dichiarare immediatamente l’estinzione del reato per prescrizione, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale, indipendentemente dagli altri motivi di appello presentati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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