Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23341 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
De NOME nata a Napoli il 16/03/1983
avverso la sentenza emessa il 9 settembre 2024 dalla Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in accoglimento del primo motivo di ricorso;
lette le richieste del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso e, in subordine, per la dichiarazione di prescrizione del reato.
RILEVATO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 348 cod. pen. in relazione all’abusivo esercizio della professione di “praticante avvocato” o di “avvocato” in data successiva alla scadenza del periodo di abilitazione al patrocinio risultante dalla delibera del Consiglio dell’Ordine degli avvocati del 30/10/2007 (dal 9/3/2009 al 30/10/2014). La medesima sentenza ha invece, assolto la coimputata NOME COGNOME in considerazione
dell’avvenuta produzione di un certificato del Consiglio dell’Ordine attestante l’abilitazione al patrocinio fino all’8/11/2016.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo sette motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Difetto assoluto di motivazione sull’eccezione di nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio in appello, eccezione dedotta all’udienza del 17/9/2024 e reiterata nella memoria difensiva del 6/9/2024 riportata nel motivo. Tale eccezione era fondata sulla non applicabilità dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per l’incompletezza dell’accertamento relativo alla inidoneità del domicilio dichiarato dalla ricorrente risultando genericamente dalla relata di notifica che le imputate erano irreperibili, senza alcuna specificazione del tipo di accertamento svolto.
2.2. In via subordinata, nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio appello per inosservanza del termine di comparizione.
2.3. Violazione di legge, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per palese travisamento della prova in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 348 cod. pen., fondata sul solo certificato del Consiglio dell’Ordine. Si rile infatti, che la ricorrente ha sempre contestato la valenza probatoria di tale certificato trattandosi di una fotocopia, e ha chiesto sin dal giudizio di primo grado l’acquisizione di copia originale, unitamente alla ulteriore documentazione. Nel corpo del motivo si censura anche la ritenuta irrilevanza del pagamento dei contributi, considerati dalla Corte territoriale di valore neutro, stante la loro natura tributaria, rispetto al dato concernen il legittimo ed effettivo svolgimento della professione. Deduce la ricorrente che il precedente richiamato dalla Corte a sostegno di tale conclusione (Cass. civ. n. 1782 del 2011) non afferma il principio di diritto utilizzato nella sentenza impugnata, limitandosi ad affermare che il contributo dovuto al Consiglio Nazionale Forense dagli iscritti all’ordine ha natura tributaria e le relative controversie appartengono alla giurisdizione delle commissioni tributarie. Si aggiunge, peraltro, che la posizione della ricorrente è identica a quella della coimputata, come risulta dal certificato stesso (si deduce, ad esempio, che le due coimputate sono state iscritte nel registro dei praticanti con la medesima delibera ed hanno conseguito l’abilitazione al patrocinio in pari data).
2.4. Difetto assoluto di motivazione in ordine alla richiesta di assoluzione per la configurabilità di un errore di fatto, ai sensi dell’art. 47, comma terzo, cod. pen. o, in v subordinata, di un errore di diritto, ai sensi dell’art. 5 cod. pen.
2.5. Difetto di motivazione sulla eccezione di prescrizione del reato dedotta con la memoria del 6/9/2024, depositata all’udienza del 9/9/2024. Nel motivo si indicano le udienze trattate in primo e secondo grado e si argomenta sulle ragioni per cui i rinvii disposti non comportano la sospensione della prescrizione.
2.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale chiesta con l’atto di appello e rigettata con formula di sti Si insiste sulla decisività dell’escussione del teste NOME COGNOME che avrebbe dovuto deporre sulla cessazione dell’attività da parte della ricorrente a partire dai primi mesi del 2014 e sulla sua assenza in udienza nei giorni indicati nel capo di imputazione.
2.7. Violazione di legge e vizio della motivazione in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in quanto fondato su motivazione apparente, e in merito al trattamento sanzionatorio, fissato in misura superiore al minimo edittale e senza alcuna motivazione sulla scelta della pena detentiva in luogo di quella pecuniaria. Si aggiunge, inoltre, che la Corte territoriale ha omesso di considerare i seguenti elementi favorevoli all’imputata ovvero: a) che è incensurata; b) che ha regolarmente pagato i bollettini; c) che non ha mai ricevuto alcuna comunicazione dal Consiglio dell’Ordine di scadenza dell’abilitazione; d) che non ha mai subito alcun procedimento disciplinare.
2.8. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riduzione della pena, fondata su formule di stile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ragioni di ordine logico impongono di esaminare in via preliminare il quinto motivo di ricorso in quanto il suo accoglimento ha una valenza assorbente rispetto all’esame di tutti gli altri motivi.
Risulta, infatti, dagli atti, cui il Collegio può accedere in ragione della questione dedotta, che l’eccezione di prescrizione del reato, sulla quale la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi, era fondata in quanto sin dal primo grado è stato erroneamente computato il periodo di sospensione della prescrizione, considerandosi anche taluni rinvii – ad esempio, quello dal 28/1/22 all’1/7/22 per esame dell’imputato o quello dal 7/10/22 al 4/2/23 per la discussione – in relazione ai quali il Giudice di primo grado ha illegittimamente disposto la sospensione del termine.
In realtà, l’unica sospensione legittimamente disposta è quella dall’1/7/2022 al 7/10/22 (rinvio per impedimento del difensore), pari a tre mesi e sei giorni. Ne consegue, pertanto, che, tenuto conto del tempus commissi delicti indicato nel capo di imputazione (dal novembre 2015 all’ottobre 2016) e della pena edittale prevista per la fattispecie contestata, il termine massimo di prescrizione del reato è maturato a marzo 2024, prima, dunque, dell’emissione della sentenza impugnata.
Ritiene, pertanto, il Collegio che non emergendo dagli atti elementi per un proscioglimento nel merito dell’imputata, tenuto conto dell’art. 41, comma 12, legge 31 dicembre 2012, n. 247 (nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense) – che indica in cinque anni il termine massimo di durata della abilitazione all’esercizio della professione forense – e delle prove documentali, costituite dai verbali di udienza in cui
è comparsa la ricorrente e dal certificato del Consiglio dell’Ordine del 2017, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Così deciso il 26 marzo 2025
Il Consigliere este
Il Pre idente