Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4002 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 4002  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato in Senegal il DATA_NASCITA
NOME, nato in Gabon il DATA_NASCITA
NOME COGNOME, nato in Gambia il DATA_NASCITA
NOME, nato in Mauritania il DATA_NASCITA
NOME, nato in Senegal il DATA_NASCITA
NOME COGNOME, nato in Gabon il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato in Gabon il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2022 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione per taluni imputati e l’inammissibilità dei restanti ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Genova, in accoglimento delle richieste concordate dalle parti formulate ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., riformava parzialmente la pronuncia di primo grado riducendo la pena per COGNOME e COGNOME NOME; rideterminando la pena per COGNOME NOME e NOME, previa riqualificazione dei fatti di reato loro addebitati ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990; rideterminando la pena per COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME, previa riqualificazione dei fatti di reato loro ascritti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e riconoscendo la continuazione con altri reati per i quali erano stati in precedenza condannati con altra sentenza definitiva; nonché rideterminando la pena per NOME, riconoscendo la continuazione tra i reati oggetto del presente processo e quelli per i quali lo stesso era stato condannato con sentenza irrevocabile; applicando per taluni imputati ed eliminando per altri alcune pene accessorie; prosciogliendo il NOME da un reato – e confermava nel resto la medesima pronuncia del 6 maggio 2021 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato i sette imputati sopra elencati in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. cit., commessi in Genova in vari periodi, per avere in più occasioni ceduto sostanza stupefacente del tipo cocaina.
 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale, con un unico punto, ha dedotto il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di motivare le ragioni per le quali l’imputato non potesse essere assolto dai fatti di reati che gli erano stati addebitati, limitandosi a elencare gli episodi contestati e a ricopiare il contenuto della ordinanza applicativa della misura cautelare.
Contro la medesima sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 157 e 161 cod. pen., 129 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di merito omesso di dichiarare l’intervenuta estinzione dei reati dei capi A11), A16), A70), A71, A74) e A79), in quanto gli stessi, riqualificati ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., in ragione dell’epoc di commissione, dovevano considerarsi prescritti per decorso dei termini massimi maturati prima della pronuncia di secondo grado.
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Contro la sentenza ha proposto ricorso law COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 157 e 161 cod. pen., 129 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale omesso di dichiarare l’intervenuta estinzione dei reati dei capi A164), A165) e A166), in quanto gli stessi, riqualificati ai sensi dell’art. 73 comma 5, d.P.R. cit., in ragione dell’epoca di commissione, dovevano considerarsi prescritti per decorso dei termini massimi maturati prima della pronuncia di secondo grado.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso NOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione all’art. 133 cod. pen., e la carenza di motivazione, per avere la Corte territoriale inflitto al prevenuto una pena in aumento per continuazione sproporzionata rispetto alla pena base fissata per il reato più grave.
Contro la più volte citata sentenza ha proposto ricorso NOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 157 e 161 cod. pen., 129 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di dichiarare l’intervenuta estinzione del reato del capo A31), in quanto lo stesso, riqualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., in ragione dell’epoca di commissione, doveva considerarsi prescritto per decorso del termine massimo maturato prima della pronuncia di secondo grado.
Avverso quella sentenza ha proposto ricorso anche NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale, con un primo articolato motivo, ha dedotto la violazione di legge, in relazione all’art. 73 d.P.R. cit., e vizio motivazione, per assenza grafica, carenza, illogicità o contraddittorietà, per avere la Corte territoriale, con riferimento ai numerosi fatti di reato oggetto di addebito, omesso di indicare le ragioni per le quali il prevenuto dovesse essere considerato penalmente responsabile di quelle condotte e di illustrare le ragioni per cui era stata disattesa la richiesta difensiva di riqualificazione di quei reat come fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 del menzionato art. 73, anche tenuto conto del tenore criptico delle conversazioni intercettate e dell’assenza di riscontri obbiettivi in ordine alla natura e ai quantitativi della sostanz asseritamente ceduta. Tanto vale in relazione ai capi di imputazione A38), A54), A131), A132) punto 1, A132) punti da 2 a 10 e da 20 a 29, A133) punti da 1 a 8, A134), A135) punti da 1 a 8, A136), A137), A138), A139), A140), A141), A142),
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A143), A 144) punti 1 e 2; ed ancora la violazione di legge, in relazione all’art. 81 cod. pen., e il vizio di motivazione, per contraddittorietà e illogicità, per aver la Corte di merito disatteso la richiesta difensiva di ric:onoscimento della continuazione con altri reati contestati come commessi a gennaio 2018 e giugno 2019, nonostante si tratti di fatti cronologicamente collegabili agli altri per i qua la continuazione è stata riconosciuta.
 Infine, avverso la sentenza in argomento ha presentato ricorso RAGIONE_SOCIALE, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la carenza di motivazione, per avere la Corte periferica omesso di motivare le ragioni per le quali l’imputato non potesse essere assolto dai fatti di reati che gli erano stati addebitati, limitandosi ad operare un rinvio al contenuto della pronuncia di primo grado che, a sua volta, aveva solo copiato l’ordinanza applicativa della misura cautelare.
Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi presentati nell’interesse di NOME NOME, NOME COGNOME e NOME RAGIONE_SOCIALE vanno accolti, per le ragioni e nei limiti di seguito precisati.
Dirimendo il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione, le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione hanno chiarito che nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, Fazio, Rv. 284481-01).
Alla luce di tale principio va rilevata la fondatezza delle doglianze difensive formulate dai suddetti ricorrenti, tenuto conto che, per effetto della avvenuta riqualificazione dei reati loro rispettivamente contestati nei capi d’imputazione All), A16), A31), A70), A71, A74), A79), A164), A165) e A166) – che risultano addebitati come commessi tra il 12 gennaio 2015 e il 7 aprile 2015 – tali illeciti si sono estinti, per maturazione del termine massimo di prescrizione di sette anni e mezzo, prima della adozione della sentenza impugnata in data 2 novembre 2022; ciò vale ad esclusione dello specifico reato del capo A166) ascritto
all’imputato NOME come commesso il 17 maggio, 2015 che, alla data della emissione della sentenza di appello, non si era ancora estinto.
 I ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE non superano il vaglio preliminare di ammissibilità perché con gli stessi sono stati dedotti motivi rinunciati ovvero sono state formulate doglianze diverse da quelle consentite dalla legge.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del procuratore AVV_NOTAIO sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quel prevista dalla legge (così, tra le molte, Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M. Rv. 278170; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969).
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
3.1. Il primo, lungo e articolato, motivo del ricorso, nella parte in cui sono stati lamentati sotto vari profili vizi di motivazione in relazione all’affermazione dell colpevolezza dell’imputato con riferimento ai reati allo stesso ascritti, è inammissibile perché presentato per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
Va ricordato come, ai fini del controllo di legittimità sui vizi lamentati, ricorra c.d. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione del prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (così, ex multis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615).
Le due sentenze di merito ricostruiscono in fatto le vicende addebitate con motivazione esaustiva, immune da vizi logici e strettamente ancorata alle
emergenze processuali e, in particolare, al contenuto delle intercettazioni telefoniche eseguite durante le indagini e ai risultati delle ulteriori investigazion della polizia giudiziaria, sicché il concorso del NOME nella commissione dei reati di acquisto e di successivo spaccio di cocaina può ritenersi definitivamente acclarato (v. pagg. 6-8 sent. impugn.; pagg. 154-177 sent. primo grado).
I rilievi formulati al riguardo dal ricorrente si muovono nella prospettiva di accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, non consentite censure in fatto all’iter argomentativo seguito dalla sentenza di merito, nella quale, per altro, v’è puntuale risposta a detti rilievi, in t sovrapponibili a quelli già sottoposti all’attenzione della Corte territoriale.
Né conduce a differenti conclusioni il tentativo di rivalutazione del tenore di singole conversazioni registrate dalla polizia giudiziaria: resta, infatti, un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle conversazioni intercettate, che è questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimità se – come nella fattispecie è accaduto – la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Gionta, Rv. 239724).
3.2. Manifestamente infondate sono le doglianze difensive inerenti alla decisione con la quale la Corte di appello aveva escluso che le condotte del NOME potessero essere qualificate come di live entità, ovvero di scarsa o ridotta offensività, con conseguente esclusione della riqualificazione dei singoli episodi ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
In particolare, la Corte ligure ha convincentemente puntualizzato come il prevenuto disponesse di quantitativi di cocaina tutt’altro che modici (ad esempio, in un caso era stato coinvolto nell’acquisto in Francia di una partita di 262,68 grammi di cocaina; in un altro, aveva concorso con altri nel nascondimento in casa di un involucro contenente diversi grammi di quella droga; in altra circostanza, aveva concorso nella cessione di “600…” di quello stupefacente, ragionevolmente riferendosi a 600 grammi di cocaina), avesse spacciato anche droghe di diversa natura ed avesse svolto quell’attività delittuosa in maniera professionalmente continuativa, mantenendo costanti contatti con altro imputato pure interessato alla gestione del narcotraffico nella città di Genova (v. pag. 8 sent. impugn.).
Decisione con la quale è stata fatta corretta applicazione dell’indirizzo esegetico privilegiato dalla Cassazione, secondo il quale, in materia di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento o meno della fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., il giudice, al fine di consentire
Corte di cassazione il sindacato che le è proprio, deve fornire un’adeguata valutazione complessiva del fatto, considerando in particolare mezzi, modalità e circostanze dell’azione, oltre alla qualità e quantità della sostanza, perché solo in questo modo è possibile formulare un concreto giudizio sulla lieve offensività del reato (in questo senso, tra le tante, Sez. 6, n. 38606 del 08/02/2018, Sefar, Rv. 273823; conf., in seguito, Sez. 6, n. 46607 del 01/12/2021, Abbruzzese, Rv. 282391; Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278615); in ogni caso, la fattispecie autonoma di cui all comma 5 del suddetto art. 73 è configurabile solamente nei casi che si caratterizzano per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro e potenzialità di guadagni limitati (in questo senso Sez. 6, n. 45061 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284149-02).
3.3. Generiche sono, infine, le doglianze difensive riguardanti l’asserita violazione dell’art. 81 cod. pen., in quanto le censure formulate con il ricorso sono indeterminate e non si confrontano cori i passaggi motivazionali contenuti nella sentenza gravata nei quali i giudici di merito avevano chiarito di poter ritenere sussistente il vincolo della continuazione tra i numerosi reati oggetto del presente processo e quelli, commessi nel coevo periodo del 2015, per i quali il NOME era stato in precedenza condannato con sentenze definitive; e di dovere, invece, escludere l’applicazione della disciplina della continuazione con riferimento ad altri analoghi reati di spaccio, oggetto di due ulteriori sentenze di condanna irrevocabili, perché delitti commessi nel 2018 e nel 2019, cioè a notevole distanza di tempo da quelli esaminati in questo procedimento (v. pag. 8 sent. impugn.).
Segue la condanna dei quattro ricorrenti, il cui atto di impugnazione è stato dichiarato inammissibile, al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME NOME, NOME COGNOME e NOME perché i reati loro rispettivamente ascritti sono estinti per prescrizione, ad eccezione dell’episodio del 17/05/2015 del capo A166 con riferimento al quale rigetta il ricorso di NOME COGNOME, disponendo per tale ricorrente la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Genova per la rideterminazione della pena.
Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME, NOME, NOME e RAGIONE_SOCIALE che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18/01/2024