Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20204 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20204 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAGLIARI il 03/10/1980
avverso la sentenza del 25/06/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, depositando nota spese;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale di Cagliari, emessa il 12 maggio 2023, che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, in relazione al reato di truffa ad una compagnia assicurativa, commesso simulando la verificazione di un sinistro mai accaduto al fine di percepire un indennizzo.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità, non avendo la Corte tenuto conto delle doglianze contenute nell’atto di appello.
La sentenza avrebbe fondato la decisione esclusivamente sulle dichiarazioni di COGNOME NOME e sui suoi accertamenti, senza considerare che questi era stato assunto al dibattimento come testimone e con come perito o consulente, sicché non avrebbe potuto riferire se non dei fatti, senza possibilità di valorizzare alcuna valutazione personale.
Il ricorso contesta anche il giudizio di inattendibilità formulato nei confronti teste difensivo COGNOME essendo comprensibile che, dato il tempo trascorso dai fatti, egli non avesse ricordi precisi dell’incidente; né poteva ritenersi sospetta circostanza che il teste si fosse dichiarato amico dell’imputato.
Infine, la constatazione amichevole del sinistro recherebbe una data e non l’indicazione che non vi fossero altre persone presenti all’incidente;
violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte rilevato la tardività della querela sporta dalla compagnia assicurativa il 26 luglio 2017 a fronte di un sinistro avvenuto il 21 febbraio 2017 e della piena conoscenza di esso da parte della società persona offesa il 30 marzo 2017, per effetto dell’accertamento svolto da COGNOME NOME quale ausiliario della Sara Assicurazioni; 3) violazione di legge e nullità della sentenza impugnata per la mancata correlazione con l’accusa contestata a proposito della data del commesso reato, indicata dai giudici di merito il 27 gennaio 2017 anziché il 27 febbraio 2024 come
indicato nel decreto di citazione a giudizio;
violazione di legge per non avere la Corte escluso la recidiva generica, contestata, da un lato, sulla base di un precedente penale estinto ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen. e, dall’altro, in relazione ad altro precedente per reato contravvenzionale.
La sentenza impugnata sarebbe viziata anche con riguardo alla omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, che si assume non essere stato motivato;
Il ricorrente, infine, eccepisce l’intervenuta prescrizione dopo la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti qui di seguito precisati.
Il primo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato.
La Corte di appello ha basato il giudizio di responsabilità sulla base delle dichiarazioni di COGNOME COGNOME consulente della compagnia assicurativa odierna parte civile, così come precisato nella sentenza di primo grado.
Come tale, egli poteva manifestare le proprie valutazioni in ordine agli accertamenti svolti per conto della parte civile, dimostrativi della incompatibilità dei danni riportati dalle autovetture coinvolte nel presunto sinistro con la dinamica dell’evento.
Tali dati oggettivi hanno consentito alla Corte, come al Tribunale, di ritenere non veritiera la testimonianza difensiva assunta al dibattimento, stante che il teste aveva riferito di non ricordare bene l’accaduto, non risultava indicato nella constatazione amichevole del sinistro e si era dichiarato amico dell’imputato.
La motivazione è esente da vizi logico-giuridici e le diverse argomentazioni difensive rimangono relegate al merito del giudizio.
Il secondo motivo, inerente alla tardività della querela, è, del pari, manifestamente infondato.
L’eccezione non aveva formato oggetto dell’atto di appello, sicché non può imputarsi alla Corte alcun vizio di motivazione.
Il ricorso, inoltre, non tiene conto di quanto precisato a fg. 8 della sentenza di primo grado, a proposito del fatto che la compagnia assicurativa aveva avuto piena cognizione dell’addebito solo il 28 aprile 2017, per effetto degli accertamenti svolti dal suo consulente.
Rispetto a tale data, la querela sporta il 26 luglio 2017 è tempestiva.
Il terzo motivo, con il quale è stata eccepita la mancata correlazione tra l’accusa contestata e la sentenza, non è consentito in quanto non aveva formato oggetto dell’atto di appello.
La mancata correlazione tra accusa contestata e sentenza è una nullità a regime intermedio che in quanto verificatasi in primo grado deve essere dedotta fino alla sentenza del grado successivo e non per la prima volta in sede di legittimità (Sez. 4, n. 19043 del 29/03/2017, COGNOME, Rv. 269886; Sez. 6, n. 31436 del 12/07/2012, COGNOME, Rv. 253217).
E’ fondato il quarto motivo.
L’estinzione del reato oggetto di una sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., opera “ipso iure” e non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione, sicchè non può tenersi conto di tale reato ai fini della contestazione della recidiva. (Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282515 – 02) (Sez. 6, n. 6673 del 29/01/2016, COGNOME, Rv. 266120 – 01).
Nel caso in esame, pertanto, l’estinzione ipso iure, in presenza delle condizioni di legge, dei reati di lesioni personali e minaccia per i quali il ricorrente avev
riportato condanna, non avrebbe dovuto consentire di applicare la recidiva generica, ritenuta, nella specie, equivalente alle circostanze attenuanti generiche.
La fondatezza del motivo di ricorso, già proposto in appello, determina l’obbligo di dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato al 21 agosto 2024, in assenza di
sospensioni del termine rilevate dal controllo degli atti.
Si tratta, infatti, di applicare il principio stabilito da Sez. U, n. 1 del 19/01/20
COGNOME, secondo cui, poiché la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza
(nel senso che la decisione acquista il carattere dell’irrevocabilità soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o
per la condanna dell’imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata
all’effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della
ritenuta responsabilità dell’imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l’autorità di cosa giudicata,
quando per quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto al giudice l’indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicché la
“res iudicata” si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relati decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame (fattispecie relativa a prescrizione del reato).
L’intervenuta prescrizione, oltre che assorbire la censura inerente al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, non interferisce con le statuizioni civili di cui alla sentenza di primo grado, essendosi verificata nelle more. Da ciò consegue anche la condanna del ricorrente alle spese sostenute nel presente grado dalla parte civile e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione.
Conferma le statuizioni civili.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., che liquida in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 24/04/2025.