Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6289 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6289 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MAZARA DEL VALLO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso di COGNOME NOME.
In ordine, invece, alle posizioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME, il Proc. Gen. ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente alle circostanze attenuanti e alla sospensione condizionale della pena e per il rigetto del ricorso nel resto.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di MARSALA, in difesa di NOME e NOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e insiste per il suo accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 gennaio 2023 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Sciacca del 5 ottobre 2021 – per quanto di interesse in questa sede – ha assolto COGNOME NOME dai reati ascrittigli ai capi D), E), F), G), H), I), 3), K), L), M), N) della rubrica per aver commesso il fatto, così rideterminando la pena inflitta nei suoi confronti nella misura di anni tre, mesi due di reclusione ed euro 450,00 di multa in ordine ai residui delitti ex art. 624-bis cod. pen. a lui contestati, altresì confermando l condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di anni due, mesi uno di reclusione ed euro 700,00 di multa per il reato continuato di ricettazione in concorso loro ascritto al capo U).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, a mezzo dei loro difensori, proponendo due distinti atti di impugnazione.
2.1. Con il primo COGNOME COGNOME ha eccepito violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis, 120, 624 e 624-bis cod. pen., innanzi tutto lamentando l’erroneità della decisione con cui la Corte di merito ha confermato la pronuncia di condanna nei suoi riguardi per le residue fattispecie di furto, in quanto basata su un panorama probatorio fragile, contraddittorio ed aperto a interpretazioni diverse. La sua responsabilità, infatti, sarebbe stata unicamente fondata sulla compatibilità delle sue fattezze fisiche con quelle di un soggetto ripreso dalle telecamere di videosorveglianza, nonché dal fatto che le celle del suo telefono cellulare fossero state agganciate da ripetitori vicini ai luoghi di perpetrazione dei furti, senza, tuttavia, che: lui fosse mai stato individuato o fermato, o il suo telefono fosse stato localizzato, nelle immediate vicinanze dei luoghi teatro degli eventi; nessun accertamento tecnico fosse stato effettuato per stabilire, in modo certo, la compatibilità delle sue fattezze fisiche con quelle dell’uomo ripreso dal servizio di videosorveglianza; fosse stata accertata la ricorrenza di contatti telefonici intercorsi tra lui e i presunti ricettatori merce trafugata; fosse stata riferita alla sua persona, in nessuna intercettazione, la commissione dei furti oggetto di giudizio.
Il COGNOME, inoltre, ha lamentato la mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti generiche, di cui ricorrerebbero i presupposti applicativi, tenuto conto della corretta condotta processuale mantenuta e del modico valore dei beni sottratti.
2.2. COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno dedotto, in un unico ricorso, due motivi di doglianza.
Con il primo hanno eccepito manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta affermazione della loro responsabilità penale per il delitto di ricettazione continuata in concorso contestatogli sub U), oltre a mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’indicato reato.
Sarebbe stata confermata, infatti, la condanna emessa nei loro confronti pur a fronte della intervenuta pronuncLa di assoluzione dei due soggetti (COGNOME NOME NOME COGNOME NOMENOME originariamente imputati dei reati-presupposto di furto di gasolio da loro asseritannente ricettato. Ciò determinerebbe una palese illogicità, atteso che il NOME e il NOME sarebbero stati imputati proprio di aver acquistato il gasolio sottratto dai suddetti soggetti, invece assolti per ta fatti. In ogni modo, risulterebbe insufficiente il compendio probatorio acquisito a far ritenere dimostrata la sussistenza dello stesso delitto ex art. 648 cod. pen., essendone stata desunta la ricorrenza sulla sola scorta di una conversazione telefonica intercettata, inidonea a comprovare, senza il conforto di ulteriori e adeguati riscontri, i differenti accordi di volta in volta intervenuti per favor l’acquisizione dei proventi scaturiti da ogni singolo furto.
Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione della circostanza attenuante di cui all’art 114 cod. pen., delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena. Rispetto alla concessione di tali benefici, espressamente invocata dal COGNOME e dal COGNOME con specifico motivo di appello, non sarebbe stata espressa, infatti, motivazione alcuna da parte della Corte di merito, che ne avrebbe completamente omesso ogni valutazione, neanche effettuata in maniera implicita o indiretta.
Il difensore di COGNOME NOME e COGNOME NOME ha depositato memoria con motivi nuovi, con cui ha insistito per l’accoglinnento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio ritiene non manifestamente infondati i motivi dedotti da COGNOME NOME e COGNOME NOME, per l’effetto prendendo atto dell’intervenuta prescrizione del reato ascrittogli, con pronuncia nei loro confronti dell’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. E’, invece, inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME.
Con riferimento a quest’ultimo, infatti, deve essere osservato come la censura con cui costui ha lamentato l’insussistenza della propria responsabilità
penale in ordine alle residue fattispecie di furto ascrittegli rappresenti, nell sostanza, solo un’alternativa rilettura in fatto delle emergenze processuali acquisite, a fronte di una motivazione della Corte di appello che ben individua aspetti logici e congrui (compatibilità delle sue fattezze fisiche con quelle del soggetto ripreso dalle telecamere di videosorveglianza; celle del suo telefono cellulare agganciate da ripetitori vicini ai luoghi di perpetrazione dei furti) da c evincere la ricorrenza della colpevolezza dell’imputato.
In proposito, allora, assume troncante rilievo il principio, reiteratannente affermato da parte di questa Suprema Corte, per cui al giudice di legittimità è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 dep. 2021, F., Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507-01). E’, conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga con motivazione logica e congrua, come effettuato nel caso di specie, le ragioni del proprio convincimento.
2.1. Stesso giudizio di manifesta infondatezza deve essere espresso, poi, con riguardo alla seconda doglianza eccepita da parte del COGNOME, in ordine alla mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti, generiche, assumendo rilievo la congrua motivazione espressa da parte del primo giudice, cui, all’evidenza, la Corte di appello si è riferita, trattandosi di doppia conforme pronuncia di condanna.
In tal maniera, le implicite valutazioni rese dalla Corte territoriale appaiono prive di vizi logici nonché coerenti con le emergenze processuali acquisite, con motivazione, pertanto, non sindacabile in questa sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
D’altro canto – in particolare dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. disposta dal d.l. 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modifiche dalla I. 24 luglio 2008, n. 125 – è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dare conto, come avvenuto nella situazione in esame, di avere valutato e applicato i criteri ex art. 133 cod. pen. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di tale adeguamento non può mai essere data per scontata o per
presunta, sì da imporre un obbligo per il giudice, ove ritenga di escluderla, di doverne giustificare, sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (così, tra le tante, 4. ez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, COGNOME, Rv. 192381-01). In altri termini, l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. Sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, COGNOME ed altro, Rv. 245241-01).
3. Non sono, invece, manifestamente infondate – come detto – le doglianze eccepite da parte di COGNOME NOME e COGNOME NOME, risultando, in primo luogo, illogico che sia stata confermata la decisione di condanna emessa nei loro confronti per il delitto di ricettazione continuata in concorso – contestat sub U) – pur a seguito dell’intervenuta assoluzione dei due individui (COGNOME NOME e COGNOME NOME) originariamente imputati dei reati-presupposto di furto di gasolio.
Del pari non manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso eccepito, non essendo stata espressa motivazione alcuna nella sentenza di appello in ordine alle richieste di riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 114 cod. pen., delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena
Tali aspetti, allora, fanno ritenere ben radicato il grado di giudizio dinanzi a questa Corte di legittimità, inducendo alla conseguente declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Essendo stata contestata, infatti, la commissione del reato fino alla data del 4 marzo 2013 e non risultando la ricorrenza di cause di sospensione o di interruzione intervenute, il relativo termine prescrizionale, di cui al combinato disposto agli artt. 157, comma 1, e 161, comma 2, cod. pen., pari a dieci anni, si è già compiuto il 4 marzo 2023.
E’, poi, appena il caso di sottolineare come la maturata prescrizione renda superfluo ogni possibile approfondimento nel merito. Ed infatti, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti dei ricorrenti, è ben noto che, secondo consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità, addirittura pur se di ordine generale, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice d merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa
estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Cremonese, Rv. 220511-01), non essendo rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in presenia, come nel caso di specie, di una causa di estinzione del reato, quale la prescrizione (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275-01).
Non ricorrono, infine, le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., tenuto conto delle congrue e non illogiche valutazioni rese dalla Corte di merito nella sentenza impugnata, nonché del fatto che i coimputati COGNOME NOME e COGNOME NOME, sottoposti a giudizio per i reati-presupposto di furto di gasolio, sono stati assolti da parte delle imputazioni loro contestate per non avere commesso il fatto, con ciò non escludendosi né la sussistenza di tali furti, né la conseguente oggettività del delitto di ricettazion ascritto sub U) al NOME e al COGNOME.
Non emergendo, dunque, all’evidenza circostanze tali da imporre, quale mera “constatazione” (cioè presa d’atto), la necessità di assoluzione (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275-01), discende, di conseguenza, la pronunzia dell’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME per essere il reato loro ascritto al capo U) estinto per intervenuta prescrizione. Deve, invece, essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, perché il reato loro ascritto (capo U) è estinto per prescrizione. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente