Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12499 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12499 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2372/2025
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Castelvetrano il 12/08/1975
avverso la sentenza del 09/04/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 09/04/2024 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo in data 26/01/2022, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di truffa aggravata ascrittogli.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 226 cod. proc. pen., nonchØ carenza di motivazione. Rileva che la Corte territoriale ha ritenuto il reato ascritto all’imputato procedibile d’ufficio, avendo qualificato la RAGIONE_SOCIALE a partecipazione interamente pubblica; che siffatta affermazione contrasta con le emergenze processuali, sol che si consideri che il giudice di prime cure aveva evidenziato come il ricorrente non fosse dipendente dell’amministrazione regionale, ma di una società privata di somministrazione di lavoro interinale, la RAGIONE_SOCIALE, che lo aveva dato in prestito alla società per azioni RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta lo aveva affidato all’Assessorato alla Sanità della Regione Sicilia, come attività di supporto on site; che, dunque, il rapporto di lavoro in discorso ha natura privatistica; che, di conseguenza, manca la condizione di procedibilità, trattandosi di reato procedibile a querela a seguito della cd. riforma Cartabia; che, invero, mai la Tempor, nØ tanto meno la Sicilia Digitale,
hanno sporto querela; che, peraltro, la motivazione della sentenza impugnata Ł carente, laddove non ha speso una sola parola sulla circostanza per cui la RAGIONE_SOCIALE dopo essersi costituita parte civile, non solo non ha rassegnato le proprie conclusioni, ma ha addirittura assunto a tempo indeterminato l’imputato.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per carenza di motivazione. Osserva che il provvedimento impugnato non ha considerato che il responsabile di RAGIONE_SOCIALE, tale NOME COGNOME, aveva comunicato verbalmente ai dipendenti che l’interruzione per la pausa pranzo non andava timbrata, avendo riportato solo le dichiarazioni rese dalla responsabile dell’area personale di RAGIONE_SOCIALE, che sul punto nulla ha specificato; che nemmeno ha considerato il comportamento collaborativo serbato dal COGNOME nel corso dell’intero procedimento penale, che ha dimostrato di essersi trattenuto spesso oltre l’orario di lavoro, di avere di sovente saltato la pausa pranzo, di aver lavorato da casa anche in orario serale, talora anche mentre era in ferie; che, dunque, in quelle isolate ipotesi prese in considerazione dal capo di imputazione aveva ritenuto di non arrecare danno al datore di lavoro, trattandosi di ritardi marginali che non gli hanno procurato un ingiustificato arricchimento; che, anche in relazione al lavoro straordinario, la motivazione del provvedimento impugnato Ł carente, atteso che non era possibile effettuare lo straordinario senza una specifica autorizzazione; che, in ogni caso, come risulta anche dal provvedimento che revocava la misura cautelare applicata al Camarda, nel caso di specie non vi Ł stato ingiusto profitto, nØ danno per l’ente, atteso che l’odierno ricorrente ha svolto prestazioni lavorative superiori a quelle dovute senza alcuna retribuzione; che la motivazione Ł carente anche con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 cod. pen., pure puntualmente invocata dalla difesa, in considerazione della esiguità del danno; che ancora la Corte territoriale non ha considerato che le attività lavorative effettuate erano state individuate in base al raggiungimento di obiettivo e non di orario e che, in conformità a tale previsione, la Sicilia Digitale provvedeva ad emettere le fatture di pagamento; che, infine, anche con riferimento al riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale, la sentenza impugnata rimane silente.
2.3. Con il terzo motivo chiede la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, maturata dopo la lettura del dispositivo e comunque in epoca antecedente al deposito della motivazione della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei termini di seguito precisati e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchØ il reato ascritto a NOME COGNOME Ł estinto per prescrizione, maturata in data successiva alla sentenza di appello.
1.1. Manifestamente infondato Ł il primo motivo.
Invero, come evidenziato dalla Corte territoriale, ciò che rileva, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen., Ł la partecipazione interamente pubblica della RAGIONE_SOCIALE, ente presso il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva allocato il Camarda e per il quale, dunque, quest’ultimo prestava attività lavorativa, poi retribuita alla RAGIONE_SOCIALE, che materialmente provvedeva ad erogare il compenso previsto contrattualmente per il lavoratore.
Del resto, Ł stato anche di recente affermato che, ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen., devono ritenersi rientranti nella categoria degli enti pubblici tutti gli enti, anche a formale struttura privatistica, aventi personalità giuridica, che svolgano funzioni strumentali al perseguimento di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, posti in situazioni di stretta dipendenza nei confronti dello Stato, degli enti
pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico (Sez. 2, n. 20683 del 13/05/2022, COGNOME, Rv. 283406 – 01; Sez. 2, n. 29709 del 19/04/2017, Ferrara, Rv. 270665 – 01; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270518- 01), come appunto si verifica nel caso di specie. Invero, la ratio della circostanza aggravante in esame, quale traspare anche dai lavori preparatori del vigente codice penale, va individuata nella causazione di un danno che lede esattamente il patrimonio dell’ente pubblico e, con esso, l’interesse patrimoniale dello Stato amministrazione, per cui detta aggravante Ł finalizzata ad apprestare una particolare protezione al patrimonio pubblico.
Orbene, tenuto conto della partecipazione interamente pubblica della RAGIONE_SOCIALE, il fatto perturbativo di un siffatto ordine patrimoniale ridonda direttamente nei confronti del patrimonio pubblico rafforzando l’esigenza protettiva che il maggior disvalore del fatto connesso alla gravante intende salvaguardare. In tal senso, si Ł affermato che «l’aggravante in parola … facendo espresso riferimento al danno cagionato nella sfera giuridica del soggetto passivo pare discostarsi dai casi, del tutto differenti, in cui la disposizione penale fa leva sulla qualità soggettiva del soggetto agente sia quale elemento costitutivo del reato che determina il mutamento del relativo titolo (ad es. peculato/appropriazione indebita) ovvero ne aggrava il disvalore in ragione della qualifica “pubblicistica” rivestita dal soggetto passivo (art. 61 n. 10 cod. pen.). Il danno, infatti, nell’economia della truffa, occupa un ruolo centrale, quale ulteriore evento del reato, dopo l’induzione in errore e l’atto di disposizione patrimoniale, assumendo, al contempo rilievo circostanziale allorchØ il fatto Ł commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico» (Sez. 2, n. 20683/2022, cit.).
In conclusione, la truffa per cui si procede – essendo aggravata ai sensi dell’art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen. – Ł perseguibile di ufficio.
1.2. Coglie nel segno la doglianza assorbente e decisiva relativa alla omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale, richiesto con i motivi di appello.
Ed invero, sul punto la sentenza impugnata Ł silente. Tale omissione assume ancor piø rilievo, ove si consideri che all’imputato Ł stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena, di talchŁ non Ł dato comprendere quali siano le ragioni che hanno portato il giudice di secondo grado a non riconoscere l’altro beneficio, pure richiesto.
All’omessa motivazione di cui si discute dovrebbe conseguire a seconda dei casi l’annullamento con o senza rinvio della sentenza: con rinvio, laddove l’applicabilità del beneficio involga valutazioni di merito sulla ricorrenza o meno delle condizioni per provvedere sulla richiesta dell’imputato (Sez. 3, n. 40452 del 05/06/2018, F., Rv. 275253 – 01; Sez. 3, n. 31349 del 09/03/2017, Diop, Rv. 270639 – 01); senza rinvio, se il predetto beneficio possa essere direttamente disposto dalla Corte di cassazione, alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, quando non vi sia la necessità di svolgere ulteriori accertamenti di fatto, che sarebbero incompatibili con il giudizio di legittimità (Sez. 5, n. 14885 del 15/02/2021, COGNOME, Rv. 281028 – 01; Sez. 3, n. 56100 del 09/11/2018, M., Rv. 274676 – 01).
Ad un provvedimento di annullamento senza rinvio per detta causale osta, tuttavia, la circostanza per cui nelle more il reato risulta essersi estinto per prescrizione, atteso che, tenuto conto del periodo di sospensione dal 22/09/2021 al 22/12/2021 per complessivi tre mesi (unico evento sospensivo verificatosi), anche a considerare l’ultima violazione, che risale al 07/03/2017, la prescrizione Ł maturata il 07/12/2024. In proposito, deve evidenziarsi che, diversamente da quanto si verifica in presenza di ricorso inammissibile (Sez. U, n. 21 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266 01), l’eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finchØ il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce (Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, COGNOME, Rv. 216239 – 01).
In particolare, le Sezioni Unite COGNOME hanno avuto cura di precisare che: «PoichØ la cosa
giudicata si forma sui capi della sentenza (nel senso che la decisione acquista il carattere dell’irrevocabilità soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o per la condanna dell’imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all’effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell’imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l’autorità di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto al giudice l’indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicchØ la res iudicata si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame. Ne consegue che l’eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finchØ il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce. (Fattispecie relativa a prescrizione del reato)». Ed invero, «ad ogni capo corrisponde una pluralità di punti della decisione, ognuno dei quali segna un passaggio obbligato per la completa definizione di ciascuna imputazione, sulla quale il potere giurisdizionale del giudice non può considerarsi esaurito se non quando siano stati decisi tutti i punti, che costituiscono i presupposti della pronuncia finale su ogni reato, quali l’accertamento del fatto, l’attribuzione di esso all’imputato, la qualificazione giuridica, l’inesistenza di cause di giustificazione, la colpevolezza, e – nel caso di condanna- l’accertamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti e la relativa comparazione, la determinazione della pena, la sospensione condizionale di essa, e le altre eventuali questioni dedotte dalle parti o rilevabili di ufficio» (Sez. U, COGNOME, in motivazione).
In conclusione, la fondatezza del motivo concernente la mancata applicazione della non menzione della condanna, in quanto afferente ad un punto della decisione, comporta la valida instaurazione del rapporto processuale in relazione al capo di imputazione cui si riferisce e consente, pertanto, di rilevare l’eventuale estinzione del reato per prescrizione nelle more maturata (Sez. 6, n. 57862 del 25/10/2018, Giovane, Rv. 274785 – 01).
1.3. La decisività della questione rende assorbite le altre doglianze contenute rispettivamente nel secondo e nel terzo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchŁ il reato Ł estinto per prescrizione.
Così deciso il 25/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME