Prescrizione Reato: La Cassazione Annulla la Condanna se il Termine Scade Prima della Sentenza d’Appello
La prescrizione del reato rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, che sancisce un limite temporale all’esercizio della pretesa punitiva dello Stato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 37616/2024) ha riaffermato un principio cruciale in materia: se il termine massimo di prescrizione matura prima della pronuncia della sentenza d’appello, la condanna deve essere annullata. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.
Il Caso in Analisi: Bancarotta e il Ricorso del Procuratore Generale
Il procedimento vedeva un imputato condannato dal Tribunale di Cassino per reati fallimentari previsti dagli artt. 216 e 219 del R.D. 267/1942. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 19 febbraio 2024, aveva parzialmente riformato la prima pronuncia solo per quanto riguarda le pene accessorie, confermando di fatto la condanna.
Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la stessa Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico, ma decisivo, motivo: l’erronea applicazione della legge penale. Secondo il Procuratore, la Corte territoriale non si era accorta che i reati contestati erano già caduti in prescrizione prima della sua stessa sentenza.
Il Calcolo della Prescrizione del Reato e i Periodi di Sospensione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato sulla base di un’attenta analisi dei termini. Il punto di partenza per il calcolo della prescrizione del reato era la data della dichiarazione di fallimento, fissata al 29 novembre 2010. Il termine massimo di prescrizione, in questo caso, era di 12 anni e 6 mesi.
Durante il processo, si erano verificati diversi periodi di sospensione dei termini, che hanno posticipato la data di scadenza:
* 28 giorni per una richiesta della difesa;
* 60 giorni per un legittimo impedimento del difensore;
* 105 giorni per l’astensione dei difensori dalle udienze.
Sommando questi periodi (per un totale di 193 giorni) al termine ordinario, la Corte ha calcolato che la prescrizione era definitivamente maturata l’8 dicembre 2023. La sentenza della Corte d’Appello, datata 19 febbraio 2024, era stata quindi emessa quando il reato era già estinto.
La Decisione della Cassazione e il Principio di Diritto sulla prescrizione reato
La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. Nel farlo, ha richiamato un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 32 del 2000, De Luca), secondo cui l’eventuale inammissibilità di un ricorso può precludere il rilievo della prescrizione solo se questa è maturata successivamente alla sentenza impugnata.
In questo caso, invece, la prescrizione si era perfezionata prima della decisione d’appello. Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevarla d’ufficio e dichiarare estinto il reato, invece di procedere a una conferma, seppur parziale, della condanna.
Le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è netta: il motivo di ricorso del Procuratore Generale era fondato. Il calcolo matematico dei termini non lasciava spazio a dubbi. Il termine massimo di prescrizione, comprensivo dei 193 giorni di sospensione, era scaduto l’8 dicembre 2023. La sentenza della Corte d’Appello, emessa oltre due mesi dopo, il 19 febbraio 2024, è stata pronunciata quando lo Stato aveva già perso il suo potere punitivo per quel fatto specifico. La Corte ha quindi applicato il principio secondo cui la prescrizione, se maturata, deve essere dichiarata in ogni stato e grado del processo.
Le conclusioni
Questa sentenza ribadisce l’importanza del corretto computo dei termini di prescrizione come garanzia per l’imputato. Un errore nel calcolo, come avvenuto nel giudizio d’appello, può portare a una condanna illegittima. La decisione sottolinea che il giudice ha il dovere di verificare, prima di emettere qualsiasi verdetto di condanna, che il reato non sia già estinto per il decorso del tempo. Si tratta di un principio fondamentale che assicura la certezza del diritto e impedisce che i cittadini restino indefinitamente sotto la spada di Damocle di un procedimento penale.
Cosa succede se il termine di prescrizione di un reato scade prima della sentenza d’appello?
Se il termine massimo di prescrizione, inclusi i periodi di sospensione, matura prima che la Corte d’Appello emetta la sua sentenza, quest’ultima deve dichiarare l’estinzione del reato e non può confermare la condanna. In caso contrario, la sentenza è annullabile dalla Corte di Cassazione.
Come vengono calcolati i periodi di sospensione della prescrizione?
I periodi di sospensione, causati da eventi specifici come legittimi impedimenti del difensore o rinvii su richiesta delle parti, vengono sommati al termine di prescrizione massimo. Questi giorni “congelano” il decorso del tempo, che riprende a scorrere solo al termine della causa di sospensione, posticipando così la data finale di estinzione del reato.
Può essere dichiarata la prescrizione anche se il ricorso in Cassazione è inammissibile?
Secondo il principio citato nella sentenza (Sez. U., n. 32 del 2000), l’inammissibilità del ricorso impedisce di dichiarare la prescrizione solo se questa è maturata dopo la sentenza che si sta impugnando. Se, come nel caso di specie, la prescrizione era già maturata prima di tale sentenza, essa deve essere rilevata e dichiarata.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37616 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 37616 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a SAN CIPRIANO D’AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Roma ha parzialmente riformato in punto di pene accessorie la pronunzia di condanna del Tribunale di Cassino nei confronti di COGNOME NOME per i delitti di cui agli artt. 219, 216 R.D. 267 del 1942.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello articolando un motivo, con il quale è stata dedotta l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’intervenuta estinzione dei reati per prescrizione prima della emissione della sentenza impugnata.
Rilevato che:
nel caso in esame non risulta essere contestata la circostanza aggravante ex art.219 comma primo. R.D. 267 del 1942;
il termine di prescrizione massimo è, dunque, pari ad anni 12 e mesi 6 e decorre dalla data della dichiarazione di fallimento del 29 novembre 2010.
i giorni di sospensione dei termini prescrizionali risultano essere 193 così determinati: 28 giorni dal 13 ottobre al 10 novembre 2016 su richiesta della difesa; 60 giorni dal 10 novembre 2016 al 9 febbraio 2017 per legittimo impedimento del difensore; 105 giorni dal 15 giugno al 28 settembre 2019 per l’astensione dei difensori dalle udienze;
i reati risultano estinti per il decorso dei termini massimi di prescrizione in data 8 dicembre 2023;
la sentenza della Corte di Appello di Roma in questione è datata 19 febbraio 2024;
Ritenuto dunque che il motivo di ricorso che deduce la intervenuta prescrizione del reato è fondato in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’inammissibilità del ricorso è preclusa solo se il rilievo della eventuale prescrizione è maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266);
che, pertanto, si deve far luogo all’annullamento della sentenza impugnata per sopravvenuta estinzione del reato per intervenuta prescrizione;
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione.
Così deciso in data 11 settembre 2024 Il corTere esteflbie GLYPH
Il Presidente