Prescrizione Reato: Come il Tempo Può Annullare una Condanna
La prescrizione del reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale che stabilisce un limite di tempo entro cui lo Stato può perseguire e punire un illecito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 31868/2024) offre un chiaro esempio di come questo principio possa portare all’annullamento di una condanna, anche se emessa in secondo grado. Analizziamo il caso per comprendere meglio il funzionamento e le implicazioni di questo meccanismo.
I Fatti del Caso
Il procedimento giudiziario ha origine da una sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, che aveva condannato un imputato per il reato di trasferimento fraudolento di valori, previsto dall’art. 512-bis del codice penale.
Successivamente, la Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza disapplicando l’aggravante della recidiva, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando due principali motivi: la violazione di legge per l’omessa declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione e, in subordine, l’errata affermazione della sua responsabilità penale.
La Decisione della Corte di Cassazione e la Prescrizione del Reato
La Suprema Corte ha ritenuto fondato e decisivo il primo motivo di ricorso, incentrato sulla prescrizione del reato. L’analisi dei giudici di legittimità si è concentrata esclusivamente sul calcolo del tempo trascorso dalla commissione del fatto illecito.
Il Collegio ha constatato che il termine massimo di prescrizione applicabile al caso di specie, pari a sette anni e sei mesi, era già interamente decorso prima che la Corte d’Appello pronunciasse la sua sentenza di condanna. Questo calcolo ha reso superfluo l’esame del secondo motivo di ricorso, che contestava la colpevolezza dell’imputato nel merito.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione è netta e si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale. Quando matura il termine di prescrizione, il reato si estingue. Tale causa estintiva deve essere rilevata e dichiarata in ogni stato e grado del procedimento. Nel caso esaminato, la Corte d’Appello avrebbe dovuto, prima di ogni altra valutazione, verificare il decorso del tempo e dichiarare l’estinzione del reato.
Avendo la Corte di Cassazione accertato che i termini erano scaduti, non ha potuto fare altro che annullare la sentenza di condanna senza rinvio. L’annullamento ‘senza rinvio’ significa che la decisione è definitiva e il processo si conclude. Il secondo motivo, relativo alla colpevolezza, è stato dichiarato ‘assorbito’, poiché la declaratoria di estinzione del reato ha reso irrilevante ogni discussione sulla responsabilità penale.
Conclusioni
Questa sentenza ribadisce l’importanza cruciale dei termini temporali nel processo penale. La prescrizione del reato non è un mero tecnicismo, ma una garanzia per il cittadino contro l’eccessiva durata dei processi. Se lo Stato non riesce a giungere a una condanna definitiva entro i tempi stabiliti dalla legge, perde il suo potere punitivo. Il caso dimostra come il decorso del tempo possa essere un fattore determinante, in grado di prevalere su qualsiasi accertamento di merito e portare alla cancellazione definitiva di una condanna.
Cosa succede se il reato si prescrive durante il processo?
Se il termine di prescrizione matura prima che sia emessa una sentenza di condanna definitiva, il reato si estingue. Il giudice, in qualsiasi fase del processo si trovi, deve dichiarare l’estinzione, e l’eventuale condanna emessa in un grado di giudizio precedente viene annullata.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza ‘senza rinvio’?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio perché l’accertamento della prescrizione è una questione di puro diritto che non richiede ulteriori valutazioni di fatto. Una volta verificato che il tempo massimo era scaduto, la conseguenza legale è l’annullamento della condanna, chiudendo definitivamente il caso.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘assorbito’?
Significa che il giudice non ha bisogno di esaminare quel motivo perché la decisione è già stata presa sulla base di un’altra argomentazione che risolve completamente la questione. In questo caso, l’accoglimento del motivo sulla prescrizione ha reso inutile valutare quello sulla colpevolezza, poiché il reato era comunque estinto.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31868 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 31868 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
•
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Bari, con sentenza del 18 novembre 2022, in riforma della sentenza del G.i.p. del Tribunale di Bari, pronunciata in data 9 gennaio 2020, disapplicata la recidiva contestata, ha ritenuto responsabile NOME del reato di cui all’attuale art. 512-bis cod. pen.
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine all’omessa declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è fondato poiché il termine massimo di prescrizione, di sette anni e sei mesi dalla data del commesso reato, risulta effettivamente decorso prima della pronuncia della sentenza impugnata che, pertanto, deve essere annullata senza rinvio;
osservato che il secondo motivo di ricorso, concernente l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, deve ritenersi assorbito nella pronuncia di annullamento;
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso, in data 9 luglio 2024.