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Prescrizione reato permanente: il caso dell’evasione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per evasione, il quale sosteneva l’avvenuta prescrizione del reato. La Corte ha stabilito che l’evasione è un reato permanente, la cui consumazione si protrae fino alla cessazione della condotta illecita. Di conseguenza, il termine di prescrizione decorre dalla fine del comportamento criminoso e si applicano le norme vigenti in quel momento, inclusa la cosiddetta “Riforma Orlando” che ha introdotto un’ulteriore causa di sospensione dei termini. Pertanto, la prescrizione non era maturata.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato Permanente: La Cassazione sul Caso di Evasione

La corretta individuazione del momento in cui un reato si considera consumato è cruciale per il calcolo della prescrizione. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema della prescrizione del reato permanente, specificando come il protrarsi della condotta illecita influenzi sia il calcolo dei termini sia la legge applicabile. Il caso analizzato riguarda un’ipotesi di evasione dalla detenzione domiciliare, offrendo spunti fondamentali per comprendere la natura di questa tipologia di reati.

I Fatti del Processo

Un soggetto veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di evasione dal regime di detenzione domiciliare. La condotta illecita si era protratta per diversi mesi, dall’8 giugno 2017 al 15 ottobre 2017, data in cui l’imputato era stato rintracciato presso l’abitazione di un familiare. L’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione.

La Questione della Prescrizione del Reato Permanente

La difesa sosteneva una tesi precisa: il delitto di evasione avrebbe natura istantanea. Secondo questa interpretazione, il reato si sarebbe perfezionato e consumato nel momento stesso del primo allontanamento dal luogo di detenzione, ovvero l’8 giugno 2017.

Questa data è fondamentale perché precede l’entrata in vigore della cosiddetta “Riforma Orlando” (L. n. 103/2017), la quale ha introdotto nuove cause di sospensione della prescrizione, rendendone più difficile la maturazione. Se il reato si fosse consumato a giugno, si sarebbe dovuta applicare la normativa precedente, più favorevole all’imputato, e il termine di prescrizione sarebbe scaduto prima della citazione in appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la condanna. I giudici hanno rigettato completamente la tesi difensiva sulla natura istantanea del reato di evasione, riaffermando un principio consolidato in giurisprudenza.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella qualificazione giuridica del reato di evasione come reato permanente. La Corte ha chiarito che, a differenza del reato istantaneo che si esaurisce in un unico momento, il reato permanente si caratterizza per una condotta che protrae l’offesa al bene giuridico tutelato per un certo periodo di tempo, a causa della volontà dell’agente.

Nel caso dell’evasione, la condotta illecita non è il singolo atto di allontanamento, ma il permanere in uno stato di illegalità che si conclude solo quando la situazione di evasione cessa (ad esempio, con l’arresto o la costituzione spontanea). Di conseguenza, la Corte ha stabilito due principi fondamentali:

1. Decorrenza della Prescrizione: Il termine di prescrizione per un reato permanente non inizia a decorrere dal primo atto della condotta, ma dal giorno in cui la permanenza è cessata. Nel caso di specie, dal 15 ottobre 2017.
2. Legge Applicabile: La normativa da applicare per il calcolo della prescrizione è quella in vigore al momento della cessazione della condotta. Poiché il reato si è consumato nell’ottobre 2017, si applica pienamente la “Riforma Orlando”, entrata in vigore nell’agosto dello stesso anno.

Applicando questi principi, la Corte ha calcolato il termine di prescrizione (sei anni) aggiungendo il periodo di sospensione di un anno e sei mesi previsto dalla riforma per la durata del processo d’appello. Il risultato è che, al momento della sentenza di secondo grado (febbraio 2024), il reato non era ancora prescritto.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con chiarezza la distinzione tra perfezionamento e consumazione nei reati permanenti. Per la prescrizione del reato permanente di evasione, e per reati simili, è determinante il momento finale della condotta. Questa interpretazione ha implicazioni significative, poiché sposta in avanti sia il termine iniziale per il calcolo della prescrizione sia la normativa di riferimento, rendendo applicabili eventuali riforme legislative più severe intervenute durante il protrarsi del reato.

Che cos’è un reato permanente secondo la Corte?
È un reato in cui la condotta illecita e l’offesa al bene giuridico protetto si protraggono nel tempo per volontà dell’autore. La consumazione del reato non si esaurisce in un istante, ma continua fino a quando la condotta antigiuridica non cessa.

Da quale momento inizia a decorrere la prescrizione per il reato di evasione?
La prescrizione inizia a decorrere non dal momento del primo allontanamento, ma dal giorno in cui cessa la condizione di evaso, ad esempio con l’arresto o la presentazione spontanea alle autorità. Questo perché l’evasione è un reato permanente.

Quale legge si applica per calcolare la prescrizione di un reato che si è protratto nel tempo, a cavallo di una riforma legislativa?
Si applica la legge in vigore al momento della consumazione del reato, che per i reati permanenti coincide con la cessazione della condotta illecita. Pertanto, se una riforma entra in vigore mentre il reato è ancora in corso, sarà quella riforma a disciplinare la prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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