Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3452 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3452 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 20/12/1986
avverso la sentenza del 22/02/2024 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna inflitta in data 16/10/2017 dal Tribunale di Napoli a NOME COGNOME per il delitto di evasione dal regime di detenzione domiciliare,
consumato dall’8 giugno al 15 ottobre 2017, escludendo la maturazione della prescrizione in ragione della ritenuta recidiva aggravata infraquinquennale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo un unico motivo di ricorso.
2.1. Violazione di legge in quanto la sentenza impugnata non ha ritenuto maturato il termine di prescrizione ordinaria (anni cinque, in quanto la pena edittale è inferiore ad anni sei di reclusione, 3 anni + 2/3 per la recidiva), come richiesto anche dal procuratore generale, dovendosi applicare nella specie l’art. 159 cod. proc. pen. nella formulazione antecedente alla I. n. 103 del 2017 (cosiddetta Riforma Orlando), entrata in vigore il 3 agosto 2017 e successiva alla consumazione del reato, in quanto il delitto di evasione, di natura istantanea, è stato commesso al momento del primo allontanamento dal luogo di detenzione ovverosia 1’8 giugno 2017.
Ne consegue che, dall’ultimo atto interruttivo, costituito dalla sentenza di primo grado emessa il 16 ottobre 2017, il termine di prescrizione ordinaria di cinque anni è maturato il 16 ottobre 2023 cioè prima dell’emissione del decreto di citazione in appello del 2 gennaio 2024.
E’ stata disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e successive modifiche, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
L’imputato, ritenuto recidivo qualificato, è stato condannato per il reato di cui all’art. 47-ter, comma 8, I. n. 354 del 1975, in relazione all’art. 385 cod. pen. per la condotta illecita protrattasi dall’8 giugno 2017 – data del primo controllo negativo – al 15 ottobre 2017, giorno in cui era stato trovato presso l’abitazione della sorella.
2.1. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte il reato di evasione è un reato di danno, a carattere commissivo e permanente, il cui momento consumativo coincide con l’allontanamento dell’agente dal luogo di detenzione e perdura fino a quando non viene meno la condizione di evaso, così dovendosi distinguere tra
perfezionamento e consumazione (Sez. 6, n. 38864 del 13/10/2021, COGNOME, Rv. 281995)
Da ciò conseguono due effetti: che il termine di prescrizione nella specie decorre dal 15 ottobre 2017, data di consumazione del delitto contestato, ex art. 158, primo comma, cod. pen.; che la legge applicabile al caso in esame è la legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. Riforma Orlando) entrata in vigore il 3 agosto 2017.
2.2. Con riguardo al termine di prescrizione si applica l’art. 157, secondo comma, cod. pen., poiché il reato di cui all’art. 385 cod. pen. è punito, nel massimo, con la pena di tre anni di reclusione, cosicchè è su tale pena, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, che va calcolato l’aumento della metà per la recidiva contestata, ex art. 99, quarto comma, cod. pen., circostanza ad effetto speciale, pari a complessivi quattro anni e sei mesi, così da non incidere sul termine di prescrizione che resta fissato in sei anni (cfr., in motivazione, Sez. 3, n. 26868 del 19/04/2019, Rv. 276016).
Ma a prescindere dall’erroneo calcolo della Corte di appello, come condivisibilmente sostenuto nella requisitoria del Procuratore generale, comunque nel caso in esame non è maturato il termine di prescrizione dovendosi aggiungere un anno e sei mesi, come stabilito dall’art. 159, secondo comma, cod. pen., nella formulazione della sopra citata riforma Orlando che aveva introdotto un’ulteriore causa di sospensione del corso della prescrizione – successivamente abrogata dall’art.2, comma 1, lett. a, I. n. 134 del 2021 – durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello per un massimo di un anno e sei mesi.
2.3. A causa della successione delle diverse leggi in materia di prescrizione (I. 23 giugno 2017, n. 103, I. 9 gennaio 2019, n. 3 e I. 27 settembre 2021, n. 134), si è posto un complesso problema di diritto intertemporale, tale da generare anche un contrasto giurisprudenziale rispetto alla normativa applicabile con riferimento ai reati commessi nel periodo compreso tra il 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della I. n. 103 del 2017, e il 31 dicembre 2019, quale è quello oggetto di esame.
Detto contrasto è stato risolto dalle Sezioni unite che hanno stabilito il seguente principio di diritto: «per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017. Per i reati commessi a partire dall’i gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021» (Informazione provvisoria n. 19/2024 diramata dalla Suprema Corte, all’esito dell’udienza del 12 dicembre 2024).
Pertanto, poiché il reato contestato al ricorrente si è consumato il 15 ottobre 2017, la prescrizione ordinaria (pari a sei anni, cui va aggiunto un anno e sei mesi per effetto dell’art. 159, secondo comma, cod. pen. nella formulazione vigente
all’epoca) non era maturata al momento della sentenza di secondo grado, emessa il 22 febbraio 2024, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente.
Dagli argomenti che precedono consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8 gennaio 2025
La Consigliera estensora
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