Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30063 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
udito il difensore
Ricorso definito ex art. 23 comma 8 D. L. 137/2020.
CanceAeria
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza emessa in data 16 novembre 2023, ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Vallo della COGNOMEnia con la quale NOME era stato ritenuto responsabile dei reati di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, perché quale proprietario e committente, su terreno sottoposto a vincolo paesaggistico e ambientale ex d.ivo n. 42 del 2004, rientrante nella perimetrazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE e del Vallo di RAGIONE_SOCIALE e in zona sismica, realizzava opere abusive consistenti in un manufatto edilizio in c.a. allo stato grezzo RAGIONE_SOCIALE dimensioni di m.8,50 x 8,00, pari ad una superficie coperta di mq.68 con copertura a due falde con altezza alla gronda di m. 3 e al colmo di m.360, massetto in c.a. realizzato esternamente al prospetto principale del manufatto, RAGIONE_SOCIALE dimensioni di circa m. 8, con ferri d’attesa posti lungo il perimetro; una pista sterrat di penetrazione dell’intera aerea pari a circa m. 136 con larghezza variabile da m. 2 a m. 4, eseguita mediante sbancamento e spietramento; un movimento terra relativo allo sbancamento e taglio del terreno pari a mc. 200; posizionamento di una cisterna interrata (capo A); di cui all’art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004 per avere realizzato le opere sopra indicate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale in assenza di autorizzazione (capo B), in violazione RAGIONE_SOCIALE prescrizioni antisismiche e in violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni sul conglomerato cementizio (artt. 6471, 65-72 e 93,94-95 d.P.R. n. 380 del 2001) capi C), D) ed E) e senza preventivo nulla osta dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (art. 13 e 30 legge n. 394 del 1991) capo G), nonché del reato di cui all’art. 734 cod.pen. per avere alterato con l’opera abusiva di cui al capo A), le bellezze naturali di località soggetta alla speciale protezione (capo F) e del reato di cui all’art. 633 cod.pen. in relazione all’art. 639 bis cod.pen. perché con la condotta indicata nel capo A), occupava un’area demaniale comunale gravata da usi civici senza la prescritta concessione. Fatti commessi fino al 16 giugno 2018. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Con la medesima sentenza era concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinata la rimozione RAGIONE_SOCIALE opere abusive realizzate con ripristino dello stato dei luoghi.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. c) cod.proc.pen., errore interpretativo del giudice, omessa risposta ai motivi di appello sull’affermazione di responsabilità per tutti i capi di imputazione e non solo, come ritenuto, per i capi F) e H).
Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. e) cocl.proc.pen., vizio di motivazione in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il reato di cui al capo F).
La Corte territoriale avrebbe confermato la responsabilità penale per il reato di cui all’art. 734 cod.pen. non valutando appieno l’intervento sul tratto viario in ter battuta posto in essere dall’imputato per migliorare lo stato dei luoghi avendo il ricorrente posto in essere opere di manutenzione ordinaria di un percorso viario preesistente mediante taglio della vegetazione in una zona completamente antropizzata. Assenza di danno e dunque assenza dell’evento del reato. Quanto al capo H), non vi sarebbe la prova che le particelle diverse da quella su cui insisteva il vecchio fabbricato siano detenute sine titulo dall’imputato.
Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. e) cod.proc.pen., vizio di motivazione. Il mancato raggiungimento della prova univoca dei reati l’imputato avrebbe dovuto essere assolto da tutti i reati ascritti anche con la formula dubitativa di cui all’art. 530 cpv cod.proc.pen. di fronte alla prospettazione di una alternativ ricostruzione dei fatti.
Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) e c) cod.proc.pen. e mancato rilievo della prescrizione dei reati avendo errato la Corte d’appello nel ritenere che la commissione dei reati fosse non riconducibile all’inizio del 2017, secondo le indicazioni del teste COGNOME circa il fatto che l’immobile era già esistente come la strada già presente nel 2016 e che l’immobile era allo stato “grezzo”. Errato calcolo dei termini di sospensione del corso della prescrizione con riguardo al rinvio disposto all’udienza dell’11/11/2020 al 30/06/2021, per giorni 231 in assenza di indicazione del giudice che aveva accolto l’istanza difensiva, mentre corretta sarebbe la sospensione del corso della prescrizione per giorni 273 a seguito di rinvio disposto all’udienza del 30/06/2021 al 30/03/2022. L’incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o comunque sull’inizio del termine di prescrizione consentirebbe l’applicazione del principio del favor rei, sicché collocando temporalmente il presunto intervento abusivo al più alla fine dell’anno 2016 questo sarebbe ormai prescritto.
-Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. tenuto conto dello scarso allarme sociale e della non abitualità del comportamento.
Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione al trattamento sanzionatorio, erronea individuazione del reato più grave in quello di cui al capo H), erronea applicazione della reclusione in luogo di quella dell’arresto e ammenda, erronea irrogazione della reclusione per il reato di cui al capo H) tenuto
conto che all’epoca dei fatti era prevista la reclusione fino a due anni o la multa da C 103 a C 1.032 di multa, da cui la errata individuazione del reato più grave nella fattispecie di cui al capo H) in luogo di quella di cui al capo A) per la quale vi è sanzione congiunta di pena detentiva e pecuniaria. Pena illegale in relazione all’irrogazione della pena per il reato di cui all’art. 639 cod.pen. come modificata dalla legge 01/12/2018 e dunque dopo i fatti commessi.
Violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla rimozione RAGIONE_SOCIALE opere abusive con ripristino dello stato dei luoghi. Mancanza di motivazione in relazione alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza, genericità, risultando anche in parte diretto a richiedere un diverso accertamento di fatto.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile. La lettura dell’atto di appello è chiara: il difensore aveva proposto atto di appello avverso la sentenza di condanna limitatamente all’affermazione della responsabilità per i capi F) e H), sicchè, non essendo devoluta l’impugnazione con riguardo agli altri reati di cui ai capi A), B), C), D), E), G), correttamente il giudice dell’appello ha circoscritto la disamina dei motiv di impugnazione ai soli capi F) e H). La stessa Corte d’appello ha rilevato che per i residui reati si era formato il giudicato.
Il secondo e terzo motivo sono inammissibili perché orientati a richiedere una diversa valutazione del merito e sono anche generici là dove non si confrontano con la sentenza impugnata.
Sulla scorta dell’accertamento consacrato nelle conformi sentenze di merito che, in presenza di c.d. doppia conforme, si saldano per costituire un unico corpo argomentativo sicché è possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado colmare eventuali lacune della sentenza di appello (Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Rv. 239735), risulta che a seguito di sopralluogo dei Carabinieri della Stazione di San Giovanni a Piro, in data 16/06/2018, in agro del Comune di Camerota, località Stretta, luogo sottoposto a vincolo paesaggistico, era stata accertata l’esecuzione di lavori edilizi consistenti nella edificazione di un manufatto edilizio in c.a. allo stato grezzo RAGIONE_SOCIALE dimensioni di m.8,50 x 8,00, pari ad una superficie coperta di mq.68, una pista sterrata di penetrazione dell’intera aerea pari a circa m. 136 con larghezza variabile da m. 2 a m. 4, eseguita mediante sbancamento e spietramento, un movimento terra relativo allo sbancamento e taglio
del terreno pari a mc. 200, un posizionamento di una cisterna interrata, le cui caratteristiche e dimensioni avevano alterato, secondo i giudici del merito (cfr. pag. 13), le bellezze dei luoghi soggetti, in quanto protetti dal vincolo paesaggistico, a speciale protezione, essendo collocate, le opere realizzate, nel perimetro del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE e del Vallo di RAGIONE_SOCIALE. In particolare, l’intera opera abusiva, intesa nel suo complesso, come sopra descritta, aveva determinato l’alterazione RAGIONE_SOCIALE visioni panoramiche e di insieme offerte dalla natura, modificando il godimento estetico, sicchè era integrato il reato di cui all’att. 734 cod.pen.
Ora il ricorrente, per un verso non si confronta con la decisione, essendosi limitato a contestare una sola RAGIONE_SOCIALE opere abusive contestate (la pista sterrata realizzata mediante sbancamento e spietramento) e per altro verso a prospettare una diversa e alternativa ricostruzione del fatto (rimozione della vegetazione spontanea) che non è consentita in questa sede a fronte del doppio accertamento di fatto e della non contestazione della contravvenzione edilizia e paesaggistica sulla quale si è formato il giudicato.
Allo stesso modo anche la censura relativa al reato di cui al capo H), invasione di terreni, non si confronta con la decisione impugnata che, a pag. 14, ha accertato, sulla scorta del testimoniale, che le part. 135 e 136 di cui al foglio n. 29 erano derivate dall’originaria particella n. 48 dei Comune di Camerota e di Licusati ed erano gravate da usi civici e l’affrancazione in favore dei NOME era avvenuta solo per la particella n. 135 e non per la n. 136, oggetto di occupazione.
4. Il quarto motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.
Come è noto, il reato urbanistico al pari del reato paesaggistico, hanno natura permanente e la loro consumazione, che ha inizio con l’avvio dei lavori di costruzione, perdura fino alla cessazione dell’attività edilizia abusiva (Sez. 3, n. 50620 del 18/06/2014, Urso, Rv. 261916), momento nel quale inizia a decorrere il termine di prescrizione.
La cessazione dell’attività, come ricorda la giurisprudenza, coincide con l’ultimazione dei lavori per il completamento dell’opera (Sez. 3, n. 38136 del 25/9/2001, Triassi, Rv. 220351), con la sospensione dei lavori volontaria o imposta ad esempio mediante sequestro penale (Sez. 3, Sentenza n. 49990 del 04/11/2015, P.G. in proc. Quartieri e altri, Rv. 265626), con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio (Sez. 3, n. 29974 del 6/5/2014, P.M. in proc. Sullo, Rv. 260498).
Dunque, ciò che rileva, e che deve essere rigorosamente provato o risultare dagli atti, è che l’attività antigiuridica sia cessata e il momento in cui la stessa s verificata, momento a partire dal quale decorre il termine quinquennale di
prescrizione trattandosi di reati contravvenzionali.
Nel caso di specie, dal testo del provvedimento impugnato, emerge che il dies a quo è stato individuato nel sequestro del 16 giugno 2018
Ora il ricorrente censura la sentenza con una prospettazione difensiva che mira a individuare un diverso momento di cessazione della permanenza con prospettazione meramente fattuale tesa ad una rivalutazione del fatto e invocando l’applicazione del termine di cessazione della permanenza più risalente, per il principio del favor rei.
Sul punto va rammentato che, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, non è invocabile l’applicazione del c.d principio del favor rei nella determinazione del momento della decorrenza del termine di prescrizione e ciò perché il ricorso al principio evocato presuppone l’incertezza della data di commissione del reato (Sez. 2, n. 35662 del 16/05/2014, COGNOME, Rv. 259983; Sez. 3, n. 8253 del 03/12/2009 COGNOME e altri, Rv. 246229) che, nel caso in esame, non sussiste sulla base della individuazione operata dai giudici (sequestro) con motivazione che non presenta illogicità ed è corretta in diritto.
Ogni diversa decorrenza (ultimazione dei lavori, sospensione volontaria o coatta) doveva essere oggetto di dimostrazione rigorosa da parte del ricorrente non essendo invocabile alcun principio di favor rei. In assenza alcuna di diversa indicazione della data di cessazione della permanenza, che non viene allegata nel ricorso, questa deve essere mantenuta, come correttamente indicato nelle sentenze di merito, al momento del sequestro del 16/06/2018, dunque, il reato non era prescritto alla data di pronuncia della sentenza in grado di appello, tenuto conto dei 504 giorni di sospensione del corso della prescrizione.
Sul punto, correttamente, è stato calcolato, quale sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 159 cod.pen., il rinvio dell’udienza dell’11/11/2020 a 30/06/2021, per giorni 231, su istanza della difesa, operando ex lege la sospensione del termine di prescrizione non essendo richiesta la formale indicazione nel verbale di udienza da parte del giudice. La prescrizione maturerà al 10 novembre 2024 (16 giugno 2023 + 504 giorni di sospensione del corso della prescrizione).
Il quinto motivo è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il diniego di riconoscimento della speciale causa di non punibilità è stato argomentato in ragione dell’esclusione della particolare tenuità dell’offesa derivante dalla pluralità RAGIONE_SOCIALE violazioni in materia edilizia, paesaggistica e antisismica, ratio decidendi in conformità dei principi reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità.
Sul punto, questo Collegio osserva che, ai fini della applicabilità dell’art. 131bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, nel caso in cui siano state violate più disposizioni di legge (urbanistiche, antisismiche e in materia di conglomerato c.a.), non possa ritenersi di particolare tenuità, avuto riguardo all’offensività complessiva della condotta derivante dalla violazione di più disposizioni della legge penale, pur a fronte dell’unicità naturalistica del fatto, (Sez. 3, n. 1911 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 266586). La sentenza impugnata mostra di avere fatto corretta applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità e con motivazione congrua ha escluso la particolare tenuità dell’offesa era stata esclusa in ragione dell’entità RAGIONE_SOCIALE opere (pagg. 18 e ss.).
Alla stessa sorte non si sottrae il sesto motivo: è corretta l’individuazione del reato più grave nel delitto di cui all’art. 633 cod.pen. tenuto conto che i deli sono più gravi RAGIONE_SOCIALE contravvenzioni (art. 16 cod.proc.pen.).
Osserva il Collegio che sin dalle pronunce Sez. U, n. 15 del 26/11/1997, Varnelli, Rv. 209485 – 01 e Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013 PG/ COGNOME, Rv. 255347 – 01, il riconoscimento della continuazione non presuppone necessariamente reati sanzionati con pene omogenee ed è consentito pur se la contravvenzione è punita con una pena edittale che, valutata sotto il profilo della conversione (art. 135 cod. pen.), risulta più elevata rispetto a quella prevista per il delitto; anche in ques ipotesi, deve ritenersi violazione più grave quella costituente delil:to (Sez. U, n. 4901 del 27/03/1992, COGNOME, cit.). Più recentemente, Sez. 1, n. 26308 del 27/05/2004, Rv. 229007 – 01, si è ribadito che, in tema di continuazione, l’individuazione della violazione più grave a fini di computo della pena deve essere condotta con riguardo alla valutazione compiuta in astratto dal legislatore, e poiché nel vigente sistema penale la previsione dei reati quali delitti o contravvenzioni esprime la valutazione legislativa di maggiore o minore gravità dell’illecito, nel reato continuato i primi vann sempre considerati più gravi RAGIONE_SOCIALE seconde, anche nel caso che i valori della sanzione per il reato contravvenzionale siano equivalenti o più elevati rispetto a quelli concernenti l’ipotesi delittuosa. Anche le Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273751 – 01, confermano il principio enunciato dalle Sezioni Unite Varnelli, tenuto conto che, come affermato da Sez. U, Varnelli, il delitto è sempre più grave della contravvenzione per le conseguenze più gravi che l’ordinamento riconnette alla commissione del delitto.
Nessun profilo di illegalità della pena è ravvisabile. I giudici sono partiti dal pena base, per il delitto di cui all’art. 633 cod.pen., di mesi sei di reclusione, rido
ex art. 62 bis cod.pen., a mesi quattro di reclusione, ed aumentata per la continuazione a mesi cinque di reclusione.
I reato più grave è stato individuato nel capo H), delitto di cui all’art. 63 cod.pen.
La pena è stata irrogata nella cornice edittale prevista all’epoca del fatto (reclusione fino a due anni o con multa da 103 a 1.032 di multa).
La censura è, in definitiva, manifestamente infondata.
7. Il settimo motivo è parimenti manifestamente infondato. I giudici territoriali hanno espressamente dichiarato di aderire all’orientamento di legittimità secondo cui in tema di reati edilizi, il giudice ha la facoltà, e non l’obbligo, di subordina beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso per la prima volta, alla demolizione dell’opera abusiva al fine di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato, dovendo, conseguentemente, indicare le ragioni per le quali, nel formulare il giudizio prognostico di cui all’art. 164, comma primo, cod. pen., ritenga necessario porre l’esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio (Sez. 3, n. 36548 del 14/09/2022, COGNOME, Rv. 283655 – 01) e con motivazione congrua, e nell’esercizio del potere discrezionale di subordinare la pena alla demolizione, hgeilevato, con argomenti ineccepibili, che i comportamenti pregressi (mancato adempimento a ben due ordini di demolizione, quello importati dal Comune di Camerota e quello emesso dall’RAGIONE_SOCIALE), erano circostanze idonee alla indicata subordinazione per il beneficio.
8. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 12/06/2024