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Prescrizione reato paesaggistico: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava la prescrizione reato paesaggistico. Il caso riguarda un abuso edilizio, la cui qualificazione giuridica è mutata da delitto a contravvenzione a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale. La Cassazione ha stabilito che il giudice dell’esecuzione non può modificare la data di commissione del reato accertata nella sentenza definitiva di condanna, e ha rinviato il caso per una nuova valutazione sulla base della data originariamente stabilita, che potrebbe portare all’estinzione del reato.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato Paesaggistico: la Cassazione fissa i limiti del Giudice dell’Esecuzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha affrontato un tema di grande rilevanza pratica: la prescrizione reato paesaggistico e i poteri del giudice in fase di esecuzione. La decisione chiarisce che il giudice dell’esecuzione non può modificare la data di commissione del reato se questa è già stata accertata con sentenza passata in giudicato, anche quando interviene una modifica normativa favorevole all’imputato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per abusi edilizi e violazioni paesaggistiche su un’isola del Golfo di Napoli. L’imputato era stato condannato in via definitiva per aver realizzato un manufatto abusivo in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, un’ipotesi originariamente qualificata come delitto ai sensi dell’art. 181, comma 1-bis, del D.Lgs. 42/2004.

Successivamente alla condanna definitiva, una sentenza della Corte Costituzionale (n. 56 del 2016) ha dichiarato parzialmente illegittima tale norma, con l’effetto di riclassificare il fatto commesso dall’imputato da delitto a semplice contravvenzione. Questa modifica è sostanziale, poiché le contravvenzioni prevedono un termine di prescrizione molto più breve.

Forte di questa novità, l’interessato ha presentato un incidente di esecuzione, chiedendo al Tribunale di dichiarare estinto il reato per prescrizione. Il Tribunale, pur rideterminando la pena, ha rigettato la richiesta di estinzione, affermando che il reato era stato commesso in una data (5 maggio 2008) tale da non far maturare la prescrizione, nonostante la riqualificazione.

La Decisione della Cassazione e la Prescrizione Reato Paesaggistico

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice dell’esecuzione avesse illegittimamente modificato la data di commissione del reato. Secondo il ricorrente, infatti, le sentenze di merito del processo di cognizione avevano collocato il fatto in un’epoca molto precedente, ossia a ridosso del 21 ottobre 2005. Se si fosse considerata questa data, la prescrizione sarebbe maturata ben prima della sentenza d’appello.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando gli atti per un nuovo esame. Gli Ermellini hanno rilevato un vizio logico e un travisamento degli atti processuali da parte del giudice dell’esecuzione.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il giudice dell’esecuzione è vincolato agli accertamenti contenuti nella sentenza passata in giudicato. Non è consentito, in sede esecutiva, modificare elementi di fatto come il tempus commissi delicti (il tempo di commissione del reato), che sono stati oggetto di valutazione e decisione nel processo di cognizione.

Nel caso specifico, la sentenza di primo grado aveva chiaramente indicato che le opere abusive erano state realizzate ‘a ridosso del 2005’. Il giudice dell’esecuzione, invece, ha fondato la sua decisione sulla data di un successivo sopralluogo di polizia (5 maggio 2008), modificando di fatto l’accertamento storico cristallizzato nel giudicato. Questo errore è stato decisivo, perché posticipare la data di commissione ha impedito di dichiarare la prescrizione.

La Cassazione ha inoltre precisato un altro punto cruciale: l’eventuale estinzione del reato paesaggistico per prescrizione comporta la revoca dell’ordine di rimessione in pristino (demolizione). Tale ordine, infatti, è una sanzione accessoria che può essere impartita solo con una sentenza di condanna. Resta fermo, tuttavia, il potere-dovere dell’autorità amministrativa di ordinare autonomamente la demolizione delle opere abusive.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza il principio della intangibilità del giudicato, anche di fronte a sopravvenute modifiche normative favorevoli al reo. Il ruolo del giudice dell’esecuzione è quello di applicare tali modifiche (come la riqualificazione del reato) sulla base dei fatti già accertati in via definitiva, senza poterli rimettere in discussione. La corretta individuazione del momento in cui il reato è stato commesso rimane un pilastro per il calcolo della prescrizione. La decisione della Cassazione impone ora al Tribunale di Napoli di verificare attentamente gli atti del processo originario per stabilire la data corretta e, di conseguenza, decidere se la prescrizione reato paesaggistico sia effettivamente maturata.

Il giudice dell’esecuzione può modificare la data di commissione di un reato accertata in una sentenza definitiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che in sede esecutiva non è consentito modificare la data del commesso reato accertata nel giudizio di cognizione con sentenza passata in giudicato. Il giudice dell’esecuzione è vincolato ai fatti così come cristallizzati nella decisione irrevocabile.

Cosa accade all’ordine di demolizione se il reato paesaggistico viene dichiarato estinto per prescrizione?
Se il reato paesaggistico viene dichiarato estinto per prescrizione, anche l’ordine di rimessione in pristino (demolizione) impartito dal giudice penale deve essere revocato, poiché è una sanzione accessoria che consegue a una sentenza di condanna. Ciò non pregiudica il potere autonomo dell’autorità amministrativa di ordinare la demolizione.

Perché in questo caso si è discusso di una riqualificazione del reato da delitto a contravvenzione?
La discussione è nata a seguito della sentenza n. 56 del 2016 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 181, comma 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004. Per i fatti materiali oggetto del processo, questa sentenza ha avuto l’effetto di riclassificare l’illecito da delitto a contravvenzione, comportando l’applicazione di un termine di prescrizione più breve.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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