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Prescrizione reato minaccia: la Cassazione decide

La Cassazione ha annullato parzialmente una condanna per minaccia grave, dichiarando la prescrizione del reato di minaccia commesso più di dieci anni prima. La Corte ha stabilito che, nonostante la recidiva, il tempo trascorso ha estinto uno dei capi d’imputazione. Ha invece rigettato il motivo sulla procedibilità, chiarendo che la volontà punitiva espressa dalla vittima prima della riforma che ha introdotto la querela è sufficiente a rendere il reato procedibile.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato Minaccia: La Cassazione Annulla la Condanna per Decorrenza dei Termini

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46829 del 2024, affronta due temi cruciali del diritto penale: la prescrizione del reato di minaccia grave e l’impatto delle riforme legislative sulla procedibilità dei reati. Questa pronuncia chiarisce come il decorso del tempo possa estinguere un reato anche in presenza di aggravanti come la recidiva, e come la volontà punitiva della vittima, espressa prima di una modifica normativa, conservi la sua validità.

I Fatti del Caso: Minacce Reiterare a un Pubblico Ufficiale

Il caso riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per una serie di minacce gravi, perpetrate tramite lettere, nei confronti di un pubblico ufficiale. Le condotte contestate si erano verificate in un arco temporale significativo, con un primo episodio risalente al novembre 2010 e altri successivi fino al 2017. L’imputato, già gravato da una recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due violazioni di legge: la maturata prescrizione per il primo reato e l’improcedibilità degli altri per tardività della querela.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso. Ha annullato la sentenza limitatamente al reato commesso nel 2010, dichiarandolo estinto per prescrizione, e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena. Ha invece rigettato il motivo relativo all’improcedibilità, confermando la validità del procedimento per i reati più recenti.

Prescrizione del Reato di Minaccia: Un Motivo Fondato

Il primo punto analizzato dalla Corte riguarda il calcolo dei termini di prescrizione. Il reato di minaccia grave commesso nel novembre 2010 era il più risalente. La Cassazione ha calcolato il termine massimo di prescrizione, tenendo conto dell’aumento dovuto alla recidiva contestata. Anche considerando questo termine esteso a dieci anni e i periodi di sospensione del procedimento (120 giorni nel caso specifico), il reato si è estinto nel marzo 2021, ovvero prima della pronuncia della sentenza d’appello.

Poiché non emergevano cause di proscioglimento più favorevoli per l’imputato, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del reato per il decorso del tempo, annullando la relativa parte della condanna.

La Questione della Procedibilità e la Riforma Cartabia

Più complesso il secondo motivo, relativo alla procedibilità. L’imputato sosteneva che i reati di minaccia fossero diventati procedibili a querela a seguito del D.Lgs. 36/2018 e che la manifestazione di volontà punitiva della persona offesa, avvenuta solo nell’ottobre 2020, fosse tardiva.

La Cassazione ha respinto questa tesi. Ha chiarito che, ai sensi dell’art. 623-ter c.p., i reati in questione, a causa della recidiva qualificata, erano procedibili d’ufficio fino all’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022). È stata questa riforma a introdurre la procedibilità a querela anche per tali fattispecie. Tuttavia, la persona offesa aveva già manifestato la propria volontà di ottenere la punizione del colpevole durante un’udienza del 2020. Secondo la Corte, questa manifestazione di volontà, sebbene espressa in un momento in cui la querela non era richiesta, equivale a una valida condizione di procedibilità una volta che la legge è cambiata. Si tratta di un’irregolarità e non di un’assenza della condizione stessa, sanata dalla successiva modifica legislativa.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un duplice binario. Da un lato, applica rigorosamente i principi matematici del calcolo della prescrizione, evidenziando come neppure le aggravanti possano impedire l’estinzione del reato quando il tempo massimo stabilito dalla legge è trascorso. Questo principio garantisce la certezza del diritto e il diritto dell’imputato a non essere perseguito a tempo indeterminato.

Dall’altro lato, in tema di procedibilità, la Corte adotta un’interpretazione sostanzialistica. Valorizza la volontà punitiva della vittima, ritenendola sufficiente a soddisfare la condizione di procedibilità anche se manifestata in un contesto normativo diverso. Questa scelta interpretativa mira a evitare che le riforme processuali creino vuoti di tutela, salvaguardando i procedimenti in cui la volontà della persona offesa di perseguire il colpevole era già stata chiaramente espressa.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce l’importanza di un attento monitoraggio dei termini di prescrizione in ogni fase del procedimento penale. In secondo luogo, chiarisce come le modifiche normative in tema di procedibilità debbano essere interpretate alla luce della ratio della norma, riconoscendo validità agli atti compiuti in precedenza se sostanzialmente conformi allo scopo richiesto dalla nuova legge. La decisione garantisce così un equilibrio tra i diritti dell’imputato e la tutela delle persone offese nel passaggio tra diversi regimi procedurali.

Quando si estingue per prescrizione il reato di minaccia grave aggravato dalla recidiva?
Il reato di minaccia grave, anche se aggravato dalla recidiva, si estingue una volta decorso il termine massimo di prescrizione previsto dalla legge, che nel caso di specie è stato calcolato in dieci anni, al netto di eventuali periodi di sospensione. Se tale termine matura prima di una sentenza definitiva, il reato deve essere dichiarato estinto.

Come incidono le riforme sulla procedibilità (da d’ufficio a querela) sui processi in corso?
Se una legge introduce la procedibilità a querela per un reato prima procedibile d’ufficio, la volontà punitiva espressa dalla persona offesa prima del cambio normativo (ad esempio, durante un’udienza) è considerata sufficiente a soddisfare la nuova condizione di procedibilità, anche se non formalizzata come una querela tradizionale.

Una manifestazione di volontà di punire espressa dalla vittima prima che il reato diventi procedibile a querela è valida?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la manifestazione della volontà punitiva della persona offesa, anche se avvenuta in un momento in cui il reato era procedibile d’ufficio, equivale a una valida presentazione della querela se la legge cambia successivamente, rendendo tale condizione necessaria per la prosecuzione dell’azione penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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