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Prescrizione reato: la sospensione salva il processo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per reati ambientali, il quale sosteneva l’avvenuta estinzione del reato. La Corte ha chiarito che il calcolo della sospensione della prescrizione reato, inclusi i periodi tra il primo e il secondo grado di giudizio, ha correttamente impedito la sua decorrenza, confermando la legittimità della condanna.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione della Prescrizione Reato: La Cassazione Fa Chiarezza

La prescrizione reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale che sancisce l’estinzione di un illecito per il decorso del tempo. Tuttavia, il suo calcolo può essere complesso, specialmente a causa dei periodi di sospensione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17535/2025, offre un importante chiarimento su come questi periodi, in particolare quelli tra i diversi gradi di giudizio, debbano essere conteggiati, anche alla luce delle recenti riforme legislative.

Il Contesto: una Condanna per Reati Ambientali

Il caso nasce da una condanna emessa dal Tribunale di Castrovillari nel giugno 2023 nei confronti di un individuo per violazioni ambientali previste dal D.Lgs. 152/2006. La pena inflitta era di 4 mesi di arresto e 2.000 euro di ammenda. La decisione è stata successivamente confermata dalla Corte di appello di Catanzaro nell’ottobre 2024. L’imputato, non rassegnato, ha presentato ricorso in Cassazione.

Il Motivo del Ricorso: una Questione di Prescrizione del Reato

L’unico motivo di ricorso si basava su un presunto errore della Corte di appello: non aver dichiarato l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione. La tesi difensiva sosteneva che le norme sulla sospensione della prescrizione introdotte dalla cosiddetta “Legge Orlando” fossero state abrogate dalla successiva “Riforma Cartabia”. Di conseguenza, secondo l’imputato, il tempo trascorso tra la sentenza di primo grado e quella di appello avrebbe dovuto essere sufficiente a far maturare i termini massimi di prescrizione.

La Decisione della Cassazione sulla Prescrizione Reato

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno eseguito un calcolo dettagliato dei termini, dimostrando che, al momento della sentenza di appello, il reato non era ancora prescritto. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei diversi periodi di sospensione che hanno interrotto il decorso del tempo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ricostruito il percorso della prescrizione reato a partire dalla data di commissione dell’illecito, il 22 maggio 2018. Il termine massimo di prescrizione quinquennale, tenuto conto di una prima sospensione di 154 giorni, sarebbe scaduto il 23 ottobre 2023, ovvero prima della sentenza di primo grado.

Tuttavia, il punto cruciale della motivazione risiede nel calcolo di un ulteriore periodo di sospensione. La legge all’epoca vigente (art. 159, secondo comma, c.p.) prevedeva una sospensione della prescrizione tra la data della sentenza di primo grado (01/06/2023) e quella di appello (30/10/2024). Questo lasso di tempo ammontava a 517 giorni.

Sommando questi periodi di sospensione, il termine di prescrizione è stato significativamente posticipato. La Corte ha stabilito che la successiva Riforma Cartabia non poteva avere l’effetto di annullare retroattivamente un periodo di sospensione già maturato sotto la vigenza della legge precedente. Pertanto, grazie a questo calcolo, il reato non era prescritto né al momento della decisione d’appello né al momento della sentenza della Cassazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: le norme procedurali, incluse quelle sulla sospensione della prescrizione reato, si applicano secondo il principio tempus regit actum, ovvero si applica la legge in vigore nel momento in cui l’atto processuale viene compiuto. Le riforme legislative successive, pur abrogando le norme precedenti, non possono cancellare gli effetti giuridici già prodotti, come un periodo di sospensione già in corso. La decisione garantisce certezza giuridica e impedisce che i processi in corso vengano vanificati da cambiamenti normativi, confermando la validità delle condanne emesse.

Perché l’imputato ha sostenuto che il suo reato fosse prescritto?
L’imputato ha sostenuto che la disciplina normativa sulla sospensione della prescrizione, introdotta dalla c.d. “Legge Orlando”, era stata abrogata dalla successiva “Riforma Cartabia”, e che quindi il tempo decorso tra la sentenza di primo grado e quella di appello avrebbe dovuto comportare l’estinzione del reato.

Come ha calcolato la Cassazione i termini della prescrizione del reato?
La Corte ha calcolato che il termine di prescrizione quinquennale, a partire dalla data del reato (22 maggio 2018), tenuto conto di una prima sospensione di 154 giorni, sarebbe scaduto il 23 ottobre 2023. Ha poi aggiunto un ulteriore periodo di sospensione di 517 giorni tra la sentenza di primo grado e quella di appello, come previsto dalla legge allora vigente, posticipando così la data di estinzione del reato.

La riforma Cartabia ha annullato la sospensione della prescrizione in questo caso?
No. La Corte ha stabilito che il periodo di sospensione tra la sentenza di primo grado e quella di appello era regolato dalla normativa in vigore in quel momento (art. 159, secondo comma, cod. pen.). La successiva riforma Cartabia non ha avuto l’effetto di annullare retroattivamente quel periodo di sospensione già maturato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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