Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20764 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20764 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SULMONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 giugno 2023 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la decisione del Tribunale di Castrovillari del 16 febbraio 2022 con cui COGNOME NOME era stato condannato, concesse le circostanze attenuanti generiche, alla pena (sospesa) di mesi quattro di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda, con sospensione della patente di guida per mesi sei, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 187, comma 8, in relazione all’art. 186, comma 7, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per essersi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti clinico-tossicologici e strumentali previsti dal comma 2-bis del suddetto art. 187 cod. strada.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, erronea applicazione di legge, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 157 cod. pen., per essersi estinto per prescrizione il reato contestatogli in data antecedente allo svolgimento del giudizio di appello.
A dire del ricorrente, infatti, essendo stata integrata la fattispecie in data 2 ottobre 2017, il termine prescrizionale massimo di cinque anni, previsto per le contravvenzioni, sarebbe decorso il 2 ottobre 2022, per cui, tenuto conto dei 152 giorni di sospensione complessivamente intervenuti, il reato si sarebbe prescritto in data 3 marzo 2023, e cioè prima della celebrazione dell’udienza di appello (7 giugno 2023).
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed infatti, alla stregua di quanto in precedenza osservato, il reato per cui è giudizio è stato commesso in data 2 ottobre 2017, e quindi dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. legge Orlando), applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017.
Tale legge aveva modificato la previgente norma dell’art. 159, comma 2, cod. proc. pen, nonché introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., così come introdotto dalla suddetta legge, era stato, poi, riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la disposizione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., è stato, infine, definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021, n. 134, che ha contestualmente introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto all’art. 344-bis cod. proc. pen. – per i soli reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020 (ai sensi dell’art. 2 comma 3) – l’improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344-bis, comma 4, cod. proc. pen.
Con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla cd. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede, il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo non può essere regolamentato dall’art. 2 cod. pen., posto che le leggi succedutesi contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data.
Con riferimento alla applicabilità dell’istituto della improcedibilità (peraltro avente carattere processuale), è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 2, della legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reat commessi a far data dal 10 gennaio 2020 l’improcedibilità delle impugnazioni per
superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità. Si è, in tal senso, ritenuto che la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni e risulti coerente con la riforma introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408-01).
La successione di leggi penali nel tempo, verificatasi con l’abrogazione da parte della Riforma Cartabia dell’art. 159, comma 2, cod. pen., così come introdotto dalla legge Orlando, e la speculare introduzione dell’art. 161-bis cod. pen. – che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado – è, invece, disciplinato dall’art. 2 cod. pen., in carenza di previsione di una espressa normazione speciale. Pertanto, deve essere ritenuta disciplina più favorevole quella dettata dalla legge Orlando, per la quale, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo e di secondo di appello, decorre il termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione.
Ne deriva, quindi, l’operatività di diversi regimi di prescrizione, da ritenersi applicabili in ragione della data del commesso reato, ed in particolare: per i reati commessi fino al 2 agosto 2017, si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen., come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. legge Cirielli); per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2020, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge; per i reati commessi a far data dal 10 gennaio 2020, si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen, senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod. pen, essendo stata abrogata tale norma dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021, n. 134 e sostituita con l’art. 161-bis cod. pen. (c.d. Riforma Cartabia), e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, per l’appunto introdotta da tale ultima legge.
Ed allora, essendo stato commesso il fatto oggetto del presente giudizio nel pieno vigore della c.d. legge Orlando, al termine massimo dovranno essere aggiunti un anno e sei mesi di sospensione della prescrizione, con l’effetto che,
diversamente da quanto prospettato da parte del ricorrente, il reato in esame non è ancora ad oggi estinto per intervenuta prescrizione.
Ne deriva la pronuncia dell’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente