Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2903 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2903 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PORTICI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/12/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso chiedendo
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Napoli confermava la sentenza con cui il tribunale di Napoli Nord, in data 7.5.2021, aveva condannato COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile COGNOME NOME, in relazione ai reati in rubrica ascrittigli.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato ex art. 612, c.p.; di cui al capo A) dell’imputazione; 2) vizio di motivazione, in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato ex artt. 610 e 392, c.p., con riferimento al fatto della rimozione della bombola di gas verificatosi il 14.10.2014, in relazione al quale il ricorrente denuncia la mancata considerazione delle prove testimoniali e documentali, dalle quali si evince che l’intervento, necessario ai sensi della normativa vigente, sia stato effettivamente disposto dal prevenuto; 3) violazione di legge in relazione alla mancanza della condizione di procedibilità, in relazione al reato ex art. 582, c.p., di cui al capo c) dell’imputazione; 4) violazione di legge in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 5) violazione di legge in punto di mancata assoluzione del prevenuto, alla luce del principio del “ragionevole dubbio”.
Con requisitoria scritta del 14.7.2023, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con conclusioni scritte del 14.9.2023, il difensore di fiducia e procuratore speciale della costituita parte civile, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato, con condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute nel grado, come da allegata nota spese.
Il ricorso va accolto nei seguenti termini.
5. Con riferimento alla fattispecie di cui al capo a) dell’imputazione si osserva che, come si evince dalla lettura del capo d’imputazione, oggetto della contestazione sono più fatti ex artt. 81, cpv., 612, c.p., per i quali è stata pronunciata condanna dal giudice di primo grado, condanna che ha formato oggetto di specifica impugnazione da parte dell’imputato, alla quale non è stata fornita alcuna risposta.
Il COGNOME giudice COGNOME di COGNOME appello, COGNOME infatti, COGNOME sul COGNOME punto, COGNOME pur soffermandosi sull’attendibilità della persona offesa, ha testualmente affermato che il motivo con cui si chiede l’assoluzione dal reato di cui al capo a) “è assolutamente inconferente, dal momento che il giudice di primo grado ha già emesso una sentenza assolutoria per il reato di cui al capo a) perché il fatto non sussiste”.
Il ricorso dell’imputato al riguardo appare, pertanto, fondato. Ciò impone di operare una distinzione all’interno dei fatti oggetto della relativa impugnazione.
Come è noto, infatti, la disciplina del reato continuato ha valenza unificante esclusivamente sul piano sanzionatorio, restando nel resto ferma, dunque anche agli effetti della prescrizione, l’autonomia delle singole fattispecie di reato unificate sotto il vincolo della continuazione (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 20525 del 13/04/2022, Rv. 283269).
Ne consegue che, con riferimento alle fattispecie di minaccia di cui al capo a) dell’imputazione, antecedenti a quella posta in essere dall’imputato 1’1.4.2016, il termine massimo di prescrizione, pur tenuto conto degli atti interruttivi del relativo decorso, in assenza di cause di sospensione, risulta perento, laddove non risulta decorso con riferimento all’ultimo episodio, consumatosi il primo aprile del 2016.
Si è verificata, pertanto, una causa di estinzione del reato, che compete al Collegio rilevare, non potendosi considerare inammissibile il ricorso presentato dall’imputato, essendo incentrato su questioni di diritto non manifestamente infondate. Come è noto, infatti, il principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall’art. 129, co. 2, c.p.p., opera anche con riferimento alle cause estintive del reato, quale è la prescrizione, rilevabili nel giudizio di
cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 3, 01/12/2010, n. 1550, Rv. 249428; Cass., sez. un., 27/02/2002, n. 17179, Rv. 221403; Cass., Sez. 2, n. 6338 del 18/12/2014, Rv. 262761). Logico corollario di tale affermazione sulla piena operatività dell’art. 129, c.p.p., è che anche nel giudizio di legittimità sussiste l’obbligo di dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, co. 2, c.p.p., pur ove risulti l’esistenza della causa estintiva della prescrizione, obbligo che, tuttavia, in considerazione dei caratteri tipici del giudizio innanzi la Corte di Cassazione, sussiste nei limiti del controllo del provvedimento impugnato, in relazione alla natura dei vizi denunciati (cfr. Cass., sez. 1, 18/04/2012, n. 35627, Rv. 253458). Il sindacato di legittimità che, pertanto, si richiede alla corte in questo caso deve essere circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire a una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte dall’art. 129, co. 2, c.p.p.: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità a esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini e ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato, deve prevalere l’esigenza della definizione immediata del processo (cfr. Cass., sez. 4, 05/11/2009, n. 43958, F.). In presenza di una causa di estinzione del reato, infatti, la formula di proscioglimento nel merito (art. 129, comma 2, c.p.p.) può essere adottata solo quando dagli atti risulti “evidente” la prova dell’innocenza dell’imputato, sicché la valutazione che in proposito deve essere compiuta appartiene più al concetto di “constatazione” che di “apprezzamento” (cfr. Cass., sez. 2, 11/03/2009, n. 24495, G.), circostanza che non può ritenersi sussistente nel caso in esame.
In relazione, dunque, al capo a), la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente ai fatti antecedenti all’1.4.2016, e con rinvio in ordine all’episodio verificatosi il primo aprile del 2016, allo stato non ancora estinto per prescrizione, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Napoli, che provvederà a colmare l’evidenziata lacuna motivazionale.
Sempre con riferimento ai reati di cui al capo a) unificati sotto il vincolo della continuazione, dichiarati estinti per prescrizione, in relazione ai quali occorre pronunciarsi agli effetti civili, ai sensi dell’art. 578, c.p.p., non può non rilevarsi il difetto di motivi specifici volti a contestare l’affermazione di responsabilità del ricorrente al riguardo, con conseguente inammissibilità del ricorso sul punto e conferma della sentenza di condanna agli effetti civili.
6. Anche con riferimento al reato ex art. 582, c.p., di cui al capo C), perseguibile a querela di parte già prima delle modifiche previste dalla cd. “riforma Caratabia”, la sentenza impugnata va annullata per essersi il reato estinto per compiuto decorso del termine massimo di prescrizione.
La questione sollevata dalla difesa in ordine al difetto della necessaria condizione di procedibilità non può essere affrontata in questa sede, essendo stata dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione.
Come affermato, infatti, da un costante e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, la questione di improcedibilità del reato per mancanza di querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, Rv. 248568; Sez. 2, n. 8653 del 23/11/2022, Rv. 284438).
Ciò non impedisce al Collegio di rilevare l’estinzione del reato, posto che, per tale fattispecie, risulta irrogata la pena della reclusione, che deve considerarsi illegale, dunque, rilevabile d’ufficio, trattandosi di reato rientrante nella competenza del giudice di pace.
7. Inammissibile, infine, deve ritenersi il motivo di ricorso che l’imputato limita al solo episodio ex artt. 610 e 392, c.p., consumatosi il 14.10.2014, di cui al capo b) dell’imputazione.
E invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.
In questa sede di legittimità, infatti, è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Infine non può non rilevarsi come il ricorso sia fondato su censure che si risolvono in parte anche nella semplice reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, con la cui motivazione sul punto, immune da vizi, il ricorrente in realtà non si confronta, dovendosi, pertanto, le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710).
La corte territoriale, invero, con motivazione affatto manifestamente illogica, contraddittoria o carente, ha evidenziato come l’episodio della rimozione della bombola del gas si inserisca nel contesto del rapporto conflittuale insorto tra il COGNOME e la COGNOME, perseguendo l’imputato l’obiettivo che la persona offesa rilasciasse l’immobile di sua proprietà da lei detenuto in qualità di affittuaria.
Non si spiegherebbe altrimenti, osserva il giudice di appello con ragionamento dotato di intrinseca coerenza logica, per quale ragione il
NOME, non abbia concordato con la sua inquilina le modalità di rimozione della bombola e vi abbia proceduto di imperio, facendo rimuovere la bombola di gas “GPL”, posta al servizio dell’appartamento locato.
Del tutto generico, infine, appare l’ultimo motivo di ricorso.
8. L’annullamento con rinvio e la dichiarazione di estinzione dei reati in precedenza indicati, comporta che il giudice del rinvio procederà anche alla determinazione della nuova entità del trattamento sanzionatorio, che comporta del pari la rivalutazione del tema relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Alla pronuncia sulle spese in favore della costituita parte civile si provvederà in sede di definitivo passaggio in giudicato della decisione di merito, mentre la non completa soccombenza del RAGIONE_SOCIALE implica che quest’ultimo non sia condannato al pagamento delle spese processuali, né di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa per le ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti di cui al capo A), antecedenti all’1.4.2016, nonché al reato di lesioni di cui al capo C), perché i reati sono estinti per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’episodio di minaccia dell’1.4.2016 e rinvia anche per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio ad altra sezione della corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Spese al definitivo.
Così deciso in Roma i 22.9.2023.