Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9423 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9423 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME nato a DIOURBEL (SENEGAL) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore:
lAVV_NOTAIO NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa di RAGIONE_SOCIALE, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 21 marzo 2023 la Corte di appello di Roma, parzialmente riformando la sentenza emessa in data 28 gennaio 2022 dal Tribunale di Civitavecchia nei confronti di NOME, ha assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 171 legge n. 633/1941 a lui ascritto al capo B), ha dichiarato prescritto il reato di cui all’art. 650 cod.pen. ascritto al capo F), ed ha confermato la condanna per i delitti di cui agli artt. 474 cod.pen. ascritto al capo A), 648 cod.pen. ascritto al capo D), e 10-bis d.lgs. n. 286/1998 ascritto al capo E), accertati il 12 marzo 2017, riducendo la pena a mesi sette di reclusione ed euro 550,00 di multa.
Il Tribunale di Civitavecchia aveva ritenuto il NOME colpevole dei predetti reati perché, fermato a seguito di un controllo per un’infrazione al codice della strada, era risultato detenere, sull’auto che guidava, i 97 capi di abbigliamento descritti al capo A), aventi il marchio contraffatto di note case di moda, alcuni DVD e CD musicali privi del contrassegno TARGA_VEICOLO, beni tutti provento del reato di fabbricazione illecita, ed inoltre si era trattenuto nel territorio dello Stato benché privo del permesso di soggiorno.
La Corte di appello ha respinto tutti i motivi di impugnazione, ad eccezione di quello relativo alla sussistenza del reato di cui all’art. 171 legge n. 633/1941. Ha confermato perciò, per quanto rileva, la sussistenza del reato di cui all’art. 650 cod.pen., dichiarandolo però estinto per la prescrizione già maturata, e la sussistenza del reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998, non avendo l’imputato mai esibito alcun titolo di soggiorno né dimostrato di averne fatto richiesta.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione di legge per avere la Corte di appello omesso di dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998.
Esso, risultando commesso in data 12 marzo 2017, si è prescritto in data 13 marzo 2022, quindi nell’arco temporale tra il deposito della sentenza di primo grado e l’emissione di quella di secondo grado. La Corte di appello, pur valutando la prescrizione per il reato di cui all’art. 650 cod.pen., ha omesso di estendere tale decisione a questo diverso reato, evidentemente ritenendolo, per errore, un delitto e non una contravvenzione, pur essendo lo stesso punito, da sempre, con la sola pena dell’ammenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
Non vi è alcun dubbio circa la natura contravvenzionale del reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998, che è punito con la sola pena dell’ammenda, sin da quando è stato inserito nel Testo Unico dell’immigrazione dalla legge n. 94/2009. Esso si prescrive, pertanto, in quattro anni, prolungati a cinque per effetto delle interruzioni verificatesi, secondo la normativa stabilita dalla legge n. 251/2005; non è applicabile la riforma introdotta dalla legge n. 103/2017, in quanto entrata in vigore successivamente alla data di commissione del reato stesso.
Nel corso del procedimento di primo grado vi è stato un periodo di sospensione del decorso della prescrizione, indicato dal giudice di primo grado, correttamente, in dodici giorni, in quanto l’udienza fissata per il 18/06/2020 fu rinviata al 26/03/2021, per l’emergenza pandemica, ma in seguito alla decisione della sentenza della Corte costituzionale n. 140/2021 la sospensione dei termini di prescrizione può essere calcolata solo fino al 30/06/2020.
La prescrizione è dunque maturata in data 23 marzo 2022, e avrebbe dovuto essere dichiarata dalla Corte di appello, similmente alla declaratoria relativa alla contravvenzione di cui all’art. 650 cod.pen., in quanto la motivazione della sentenza emessa dal medesimo giudice il 21 marzo 2023 rende evidente l’impossibilità di una pronuncia assolutoria ai sensi dell’ari:. 129, comma 2, cod.proc.pen.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente alla condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998, e all’irrogazione della relativa pena.
L’annullamento, peraltro, può essere pronunciato senza rinvio, sussistendo le ipotesi previste dall’art. 620, comma 1, lett. a) e I), cod.proc.pen.
Il reato contestato al capo E) deve, pertanto, essere dichiarato estinto per la già intervenuta prescrizione, rilevandosi l’omissione di tale declaratoria da parte del giudice di secondo grado, e questa Corte può procedere alla rideterminazione della pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito. La sentenza di appello, infatti, ha ritenuto i vari reati uniti dal vincolo della continuazione e h indicato con precisione l’entità della pena irrogata per ciascuno di essi, in particolare applicando quale pena-base, per il reato di ricettazione contestato al capo D), la pena di sei mesi di reclusione ed euro 200,00 di multa, aumentata per la recidiva a mesi nove di reclusione ed euro 300,00 di multa, ed applicando per il reato satellite di cui al capo A) l’ulteriore pena di un mese e quindici giorni
di reclusione ed euro 100,00 di multa, e per il reato di cui al capo E), oggetto della presente decisione, l’ulteriore pena di cinque giorni di reclusione ed euro 50,00 di multa, con ragguaglio della pena detentiva a quella pecuniaria, e quindi irrogando, in concreto, un aumento pari a 1.250,00 euro di multa. La pena complessiva così determinata, poi, è stata ridotta di un terzo, essendosi proceduto secondo il rito abbreviato.
La pena irrogata, comprensiva di quella applicata per il reato di cui al capo E), risulta, quindi, pari a dieci mesi e quindici giorni di reclusione ed euro 1650,00 di multa, che avrebbe dovuto essere ridotta, per il rito abbreviato, a mesi sette di reclusione ed euro 1.100,00 di multa. Deve però prendersi atto che la Corte di appello, per un evidente errore di calcolo, ha condannato l’imputato alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 550,00 di multa.
E’ notorio che l’errore commesso in favore dell’imputato non può essere corretto, in assenza di un’impugnazione del pubblico ministero, operando anche in tal caso il divieto di reformatio in peius (cfr., tra le molte, Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, Rv. 283650). Pertanto la pena da irrogare all’imputato deve essere ricalcolata tenendo conto solo di quella relativa ai reati di cui ai capi A) e D), che deve essere ridotta di un terzo, venendo così sicuramente eliminata la pena applicata in concreto per il reato di cui al capo E).
La pena deve, pertanto, essere calcolata in quella complessiva di dieci mesi e quindici giorni di reclusione ed euro 400 di multa, che deve essere ridotta di un terzo, nella misura di sette mesi di reclusione ed euro 266,00 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al residuo reato di cui al capo E), perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena. Ridetermina la pena finale di mesi sette di reclusionet euro 266 di multa.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente