Prescrizione Reato e Recidiva: Quando i Termini si Allungano
L’istituto della prescrizione reato rappresenta un caposaldo del nostro sistema penale, ma il suo calcolo può diventare complesso in presenza di specifiche circostanze, come la recidiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito come la condizione di recidivo qualificato incida in modo determinante sull’estensione dei termini necessari a estinguere un reato, in questo caso quello di evasione. Analizziamo la decisione per comprendere meglio la logica del legislatore e l’interpretazione della giurisprudenza.
I Fatti del Caso
Un individuo, precedentemente condannato per il reato di evasione dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione. La principale doglianza sollevata dalla difesa si fondava sull’asserita intervenuta prescrizione del reato. Secondo la tesi difensiva, il tempo trascorso dalla commissione del fatto (avvenuto il 19 luglio 2015) sarebbe stato sufficiente a estinguere il reato prima della sentenza di secondo grado (emessa l’11 luglio 2024).
L’impatto della Recidiva sulla Prescrizione del Reato
Il cuore della questione giuridica non risiede nel semplice calcolo temporale, ma nell’applicazione delle norme che regolano l’interruzione e la sospensione della prescrizione. La Corte Suprema ha ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato, concentrando la propria attenzione su un elemento decisivo: la recidiva aggravata, contestata all’imputato ai sensi dell’art. 99, quarto comma, del codice penale.
La legge, in particolare l’articolo 161, secondo comma, del codice penale, stabilisce che in presenza di determinate aggravanti, tra cui la recidiva qualificata, i termini di prescrizione subiscono un aumento significativo. Nello specifico, l’interruzione del corso della prescrizione viene aumentata di due terzi. Questo meccanismo normativo è pensato per trattare con maggior rigore chi dimostra una particolare inclinazione a delinquere, impedendo che possa beneficiare dei normali termini estintivi.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha applicato questo principio in modo lineare. Partendo dal reato di evasione commesso nel 2015, ha calcolato il nuovo termine di prescrizione. Tenuto conto della recidiva aggravata e del conseguente aumento di due terzi del termine, il tempo necessario per estinguere il reato è stato fissato in dieci anni. Di conseguenza, al momento della decisione della Corte d’Appello nel luglio 2024, tale termine non era ancora decorso.
La decisione, pertanto, non entra nel merito della colpevolezza, già accertata nei gradi precedenti, ma si concentra su un aspetto procedurale fondamentale. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su un presupposto giuridico errato: il calcolo della prescrizione reato non teneva conto dell’effetto estensivo della recidiva. L’ordinanza si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa pronuncia della Cassazione serve come un importante promemoria sul funzionamento della prescrizione nel diritto penale. Sottolinea che la valutazione non può essere meramente cronologica, ma deve tenere conto di tutte le variabili legali, inclusa la storia criminale dell’imputato. La recidiva non è solo un fattore che incide sulla determinazione della pena, ma ha anche un impatto diretto sui tempi processuali, estendendo il potere punitivo dello Stato nei confronti di chi delinque ripetutamente. Per i cittadini e gli operatori del diritto, ciò significa che la contestazione della recidiva deve essere attentamente valutata sin dalle prime fasi del procedimento, poiché le sue conseguenze si propagano su più livelli, compreso quello della prescrizione reato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo su cui si basava, ovvero l’avvenuta prescrizione del reato, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che il calcolo della prescrizione effettuato dal ricorrente era errato.
In che modo la recidiva ha influenzato il calcolo della prescrizione nel caso specifico?
La recidiva aggravata, contestata all’imputato, ha comportato un aumento di due terzi del termine di prescrizione, come previsto dall’art. 161, comma 2, del codice penale. Di conseguenza, il termine per estinguere il reato di evasione si è esteso a dieci anni, un periodo non ancora trascorso al momento della sentenza di appello.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione della Corte?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5079 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5079 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TAURIANOVA il 13/12/1972
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso con cui si deduce l’intervenuta prescrizione è manifestamente infondato, tenuto conto che, alla luce della ritenuta recidiva ex art. 99, quarto . comma, richiamato dall’art. 161, secondo comma, cod. pen. (che implica l’aumento di due terzi dell’interruzione del corso della prescrizione ex art. 160 cod. pen.), il reato di evasi contestato si prescrive in dieci anni dalla sua commissione (il 19 luglio 2015), termine non decorso al momento della decisione di secondo grado (11 luglio 2024);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/01/2025