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Prescrizione reato e Covid: calcolo della sospensione

Un imprenditore, condannato per truffa, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato la prescrizione del reato, annullando la condanna penale a causa di un errore nel calcolo del periodo di sospensione legato all’emergenza Covid-19. Tuttavia, ha rinviato il caso a un giudice civile per una nuova valutazione del risarcimento danni, censurando la motivazione della corte d’appello in merito alla mancata ammissione di prove testimoniali decisive.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato: La Cassazione detta le regole sul calcolo della sospensione Covid

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18391/2024) offre chiarimenti cruciali sul calcolo della prescrizione reato, in particolare riguardo l’applicazione dei periodi di sospensione introdotti durante l’emergenza Covid-19. La Corte ha annullato una condanna per truffa, accogliendo il ricorso di un imprenditore, ma ha rinviato la causa al giudice civile per la valutazione del risarcimento danni, evidenziando importanti principi sulla motivazione delle sentenze d’appello.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa. L’accusa era di aver ingannato il legale rappresentante di una società, asportando del materiale ferroso da un capannone senza corrispondere il prezzo pattuito. Secondo l’accusa, l’imputato si era presentato come un imprenditore solvibile del settore smaltimento rifiuti, inducendo così in errore la controparte.

La Corte d’Appello di L’Aquila aveva confermato la condanna, rigettando le obiezioni della difesa. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su sei motivi distinti.

I Motivi del Ricorso e la Prescrizione del Reato

Il ricorso si fondava su diversi punti, ma il più rilevante ai fini della decisione penale è stato il primo, relativo all’intervenuta prescrizione del reato. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel calcolare il periodo di sospensione della prescrizione dovuto alla normativa emergenziale Covid-19. Secondo il ricorrente, tale sospensione non era applicabile al suo caso, e, conteggiando correttamente solo le sospensioni per legittimo impedimento del difensore, il reato si era estinto prima della data della sentenza d’appello.

Altri motivi di ricorso includevano:
* La mancata ammissione di prove testimoniali decisive che avrebbero potuto dimostrare l’assenza di artifici e raggiri.
* L’errata interpretazione della legge penale, ritenendo che la sola presentazione come imprenditore non potesse integrare il reato di truffa.
* Il travisamento dei fatti riguardo l’attività lavorativa dell’imputato e la sua presunta irreperibilità dopo i fatti.

La Decisione della Cassazione: Annullamento Penale e Rinvio Civile

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo relativo alla prescrizione reato. I giudici hanno chiarito che la sospensione straordinaria dei termini processuali prevista dal D.L. n. 18/2020 non opera in modo generalizzato per tutti i procedimenti pendenti. Essa si applica solo ai procedimenti che hanno subito una “effettiva stasi” a causa delle misure pandemiche, ovvero quelli per cui era già stata fissata un’udienza nel periodo emergenziale.

Nel caso specifico, l’udienza era stata rinviata a una data successiva al periodo di sospensione, pertanto la Corte d’Appello aveva errato ad includere quei giorni nel calcolo. Eseguito il conteggio corretto, la Cassazione ha stabilito che il reato era effettivamente estinto per prescrizione prima della pronuncia d’appello. Di conseguenza, ha annullato senza rinvio la sentenza agli effetti penali.

Il Vizio di Motivazione e le Statuizioni Civili

Nonostante l’annullamento penale, la Corte ha dovuto esaminare gli altri motivi di ricorso per decidere sulle statuizioni civili (il risarcimento del danno). Su questo fronte, la Cassazione ha accolto le doglianze della difesa, riscontrando un grave vizio di motivazione nella sentenza d’appello. Il giudice del gravame non aveva adeguatamente risposto alle censure mosse dall’imputato, in particolare riguardo alla mancata audizione dei testimoni a discarico. Questi testimoni, secondo la difesa, avrebbero potuto chiarire la natura reale dell’accordo, dimostrando che non era previsto un pagamento in denaro ma che il ritiro del materiale ferroso costituiva il compenso per la pulizia del capannone. La Corte d’Appello aveva liquidato la questione in modo sbrigativo, senza confrontarsi con la decisività di tali prove.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri. In primo luogo, ha accolto il motivo sulla prescrizione del reato, aderendo ai principi già espressi dalle Sezioni Unite. Ha specificato che la sospensione dei termini processuali per l’emergenza Covid-19 non è automatica per tutti i procedimenti, ma è legata all’effettiva paralisi dell’attività giudiziaria causata dalla pandemia. Poiché nel caso di specie l’udienza era stata rinviata d’ufficio a una data esterna al periodo di sospensione emergenziale, tale sospensione non poteva essere applicata. Il calcolo corretto, che includeva solo i rinvii per legittimo impedimento del difensore, portava a una data di maturazione della prescrizione anteriore alla sentenza d’appello. Questo ha comportato l’annullamento senza rinvio della condanna penale.
In secondo luogo, la Corte ha analizzato gli altri motivi di ricorso ai soli fini della responsabilità civile. Ha riscontrato una violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Corte d’Appello. Quest’ultima non aveva fornito una risposta adeguata e puntuale alle specifiche censure difensive, in particolare quella relativa alla mancata ammissione di testimoni ritenuti decisivi. Secondo la Cassazione, il giudice d’appello è tenuto a motivare in modo approfondito su ogni punto devoluto, specialmente quando si contesta la valutazione delle prove. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata carente anche nella descrizione degli artifici e raggiri, non potendosi questi esaurire nella mera presentazione dell’imputato come imprenditore.

le conclusioni

La sentenza si conclude con un doppio esito. Sotto il profilo penale, il processo si chiude definitivamente con l’estinzione del reato per prescrizione. Questa decisione riafferma la necessità di un’applicazione rigorosa e non estensiva delle norme sulla sospensione dei termini, anche quelle eccezionali come quelle per il Covid-19. Sotto il profilo civile, la causa viene rinviata a un nuovo giudice, il quale dovrà riesaminare il merito della vicenda per decidere sulla richiesta di risarcimento danni. Questo nuovo giudizio dovrà tenere conto di tutte le prove, incluse quelle testimoniali precedentemente omesse, e fornire una motivazione completa e logica. La pronuncia sottolinea così il principio per cui l’estinzione del reato non cancella automaticamente il diritto della parte civile a ottenere giustizia, ma impone una valutazione autonoma e approfondita della responsabilità civile.

Quando si applica la sospensione della prescrizione per l’emergenza Covid-19?
Secondo la sentenza, la sospensione del termine di prescrizione prevista dall’art. 83 del D.L. n. 18/2020 si applica solo ai procedimenti per i quali un’udienza o un termine processuale era già fissato nel periodo emergenziale (9 marzo – 11 maggio 2020 e 12 maggio – 30 giugno 2020), causando un’effettiva stasi del procedimento. Non si applica se il rinvio è stato disposto per un’udienza fissata in data successiva a tale periodo.

Se il reato si estingue per prescrizione, la parte civile perde il diritto al risarcimento?
No, non necessariamente. Come dimostra questo caso, anche se il reato è prescritto e la condanna penale viene annullata, il giudice deve comunque valutare i motivi di ricorso che riguardano la responsabilità civile. Se questi motivi sono fondati (ad esempio, per un vizio di motivazione sulla colpevolezza), la Corte di Cassazione annulla la sentenza anche agli effetti civili e rinvia la causa a un giudice civile competente per un nuovo giudizio sul risarcimento del danno.

Presentarsi semplicemente come imprenditore è sufficiente per configurare il reato di truffa?
La sentenza chiarisce che la sola circostanza di presentarsi come imprenditore durante una trattativa commerciale non è, di per sé, sufficiente a integrare gli ‘artifizi e raggiri’ richiesti per il reato di truffa. È necessario che a tale condotta si aggiungano altri elementi ingannevoli idonei a indurre in errore la vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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