Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18391 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18391 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIOIA DEL COLLE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione.
udito il difensore di COGNOME NOME, avvocato COGNOME VITTORIO del foro di Ascoli Piceno, che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 9 giugno 2023 la Corte di appello di L’Aquila confermava la sentenza di condanna nei confronti di NOME COGNOME pronunciata dal Tribunale di Chieti per il reato di truffa in danno della parte civile NOME COGNOME, in propr quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, con ulteriore condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede
fatta salva la provvisionale di euro 6.000, ed alla rifusione delle spese legali di fase in favore della stessa.
Avverso la citata sentenza NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione formulando a tal fine sei distinti motivi con i quali chiede di cassare l’impugnata sentenza, con rinvio a un nuovo giudice per un nuovo esame o, qualora se ne ritenessero sussistenti i requisiti, con decisione nel merito.
2.1 Con il primo motivo si eccepisce la violazione di legge per errata applicazione dell’art. art. 83 comma 4 e 9 del decreto-legge n. 18 del 2020, non potendosi applicare, ad avviso del ricorrente, la sospensione della prescrizione prevista da tale articolo per il periodo pandemico, in quanto nel lasso di tempo previsto dalla disposizione citata, ossia il periodo tra il 9 Marzo 2020 e il 30 giugno 2020, non vi fu alcuna attività processuale. Ne conseguirebbe che essendoci stati nel corso del dibattimento di primo grado tre rinvii per legittimo impedimento del difensore, e conteggiandosi così un aumento di 60 giorni per ciascuna rinvio, ai sensi dell’articolo 159, comma 1, numero 3) cod. pen. si giungerebbe ad individuare come data di maturazione della prescrizione il 4 giugno 2023, data antecedente all’udienza presso la Corte di appello del 9 giugno 2023. Ne risulta quindi che la prescrizione del reato sarebbe già intervenuta in data antecedente al giudizio di impugnazione.
2.2 Con il secondo motivo RAGIONE_SOCIALE la violazione dell’articolo 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. per la mancata assunzione di una prova decisiva, in quanto nessuno dei testimoni addotti a discarico dall’imputato nella lista testi presentata al giudic di primo grado fu ammesso a testimoniare, nonostante fossero state indicate le specifiche circostanze su cui essi avrebbero dovuto deporre e che avrebbero dimostrato l’inesistenza degli artifici e raggiri cui fa riferimento l’imputazione. T questione fu oggetto anche di specifico motivo di impugnazione, su cui la Corte di appello di L’aquila ha deciso senza adeguatamente confrontarsi con l’eccezione dell’atto di appello, ritenendo erroneamente che i testi avrebbero dovuto testimoniare unicamente sul fatto che il materiale oggetto della asserita truffa non aveva valore, mentre, in realtà, i testi erano stati indicati per riferire anche su al circostanze decisive, come precisato nella lista testi.
2.3 Con il terzo motivo deduce violazione di legge con riferimento all’articolo 640 cod. pen., nonché vizio di motivazione per manifesta illogicità della stessa
allorquando sono stati ritenuti integrati gli artifizi e raggiri cui fa riferime norma incriminatrice dall’essersi l’imputato asseritamente presentato come imprenditore del settore nonché solvibile. Trattasi in tutta evidenza di una circostanza del tutto inidonea a integrare una condotta decettiva, in quanto qualsivoglia persona intraprenda una trattativa commerciale si presenta nella veste di imprenditore, senza che perciò solo si possa attribuire a tale fatto un intento truffa ldino.
2.4 Con il quarto motivo si duole della violazione dell’articolo 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per travisamento del fatto, con riferimento alla circostanza indicata nelle sentenze di merito che il COGNOME non svolgesse attività nel settore dello smaltimento e che pertanto, così presentandosi, avesse messo in atto un raggiro nei confronti dei NOME COGNOME. Dagli atti risulterebbe, invece, che la ditta erano intestate le fatture con riferimento al cui mancato pagamento la società RAGIONE_SOCIALE di essere stata truffata, si occupava di gestione di rifiuti anch industriali ed aveva una Partita I.V.A. diversa da quella indicata dalla parte civil nell’atto di costituzione in giudizio.
2.4 Con il quinto motivo eccepisce la violazione dell’articolo 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per travisamento del fatto con riferimento alla circostanza che il COGNOME, nel presentarsi ai NOME COGNOME, li avrebbe convinti a concludere l’accordo con millanterie che avrebbero ingenerato una falsa aspettativa di solvibilità. Tale assunto non risulterebbe affatto, ad avviso del ricorrente, dalle testimonianze raccolte in dibattimento, in quanto la stessa vittima avrebbe ammesso di non essere stata oggetto di alcun artificio e raggiro.
2.5. Infine, con il sesto motivo si RAGIONE_SOCIALE il travisamento del fatto con riferiment alla circostanza che il COGNOME abbia, dopo l’asportazione dei materiali, fatto perdere le proprie tracce. Infatti, il contenuto della dichiarazione del teste NOME COGNOME non consentirebbe di ritenere accertato il fatto che il COGNOME dopo il carico dei materiali si sia reso irreperibile, bensì evidenzierebbe che la RAGIONE_SOCIALE no avesse fatto alcuno sforzo per tentare di entrarvi in contatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni che di seguito saranno esposte.
Quanto al primo motivo, in cui si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato che sarebbe stato commesso in data 6 giugno 2015, esso si ritiene fondato e perciò va accolto.
La sentenza di appello, pronunciata in data 9 giugno 2023, ha affermato che la prescrizione sarebbe maturata solo il 9 settembre 2023, tenuto conto dei periodi di sospensione della prescrizione per tre casi di legittimo impedimento del difensore o dell’imputato, oltre al rinvio d’ufficio ex art. 83 D.L. n.18/2020 per emergenza Covid-19, per un periodo totale di sospensione calcolato in mesi 9 e tre giorni.
La Corte di appello ha però errato nell’interpretare la disciplina della sospensione della prescrizione nel periodo emergenziale per il Covid-19. Sul punto sono intervenute le Sezioni unite della Corte di Cassazione, che in massima affermano due principi di diritto: 1. “In tema di disciplina della prescrizione a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applica ai procedimenti la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all’il maggio 2020, nonché a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale. (In motivazione, la Corte ha escluso che la sospensione della prescrizione possa operare in maniera generalizzata, per tutti i procedimenti pendenti, in quanto la disciplina introdotta all’art.83, comma 4, d.l. n.18 del 2020, presuppone che il procedimento abbia subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la pandemia)” (si veda Sez. un., n.5292 del 26.11.2020, dep. 10.02.2021, Rv. 280432-02); 2. “In tema di disciplina della prescrizione a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, per i procedimenti rinviati con udienza fissata nella “prima fase” dell’emergenza (periodo dal 9 marzo all’il maggio 2020) si applica per intero la sospensione della prescrizione prevista dall’art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, pari a sessantaquattro giorni, ma non anche la disciplina della sospensione di cui al comma 9 del citato art. 83, dettata per la seconda fase dell’emergenza (periodo dal 12 maggio al 30 giugno 2020), che concerne i soli procedimenti, rinviati d’ufficio, per i quali l’udienza fos già stata fissata in tale successivo periodo. (In motivazione, la Corte ha precisato che i periodi di sospensione previsti dal comma 4 e dal comma 9 dell’art.83, d.l. n.18 del 2020, si sommano esclusivamente qualora, per la trattazione del procedimento, sia stata fissata udienza in entrambi i periodi rispettivamente considerati dalle disposizioni citate)” (si veda Sez. un., n.5292 del 26.11.2020, dep. 10.02.2021, Rv. 280432-03). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Collegio intende conformarsi ai suddetti principi di diritto, rilevando che, n caso di specie, il giudice di primo grado, all’udienza del 17.10.2019 dispose un rinvio d’ufficio per sentire dei testimoni citati ex art. 507 cod. proc. pen. all’udienza fissata il 2.07.2020, quindi in data successiva ai periodi interessati dalla disciplin emergenziale per il Covid-19. Ne consegue che per il periodo di rinvio d’ufficio della citata udienza non ricorre alcuna sospensione della prescrizione, a dispetto di quanto, invece, sostenuto dalla sentenza impugnata. Risulta, inoltre, corretto il calcolo indicato nel ricorso, secondo cui nel corso del dibattimento di primo grado furono disposti tre rinvii per legittimo impedimento del difensore (28.06.2018; 11.03.2021 e 4.11.2021), e conteggiandosi così un aumento di 60 giorni per ciascuna rinvio, ai sensi dell’articolo 159, comma 1, numero 3) c:od. pen., si giunge ad individuare come data di maturazione della prescrizione il 4 giugno 2023, data antecedente all’udienza presso la Corte di appello del 9 giugno 2023.
In forza di tali considerazioni la sentenza impugnata va annullata agli effetti penali, perché il reato contestato NOME COGNOME è estinto per prescrizione.
3. Gli altri motivi di ricorso riguardano la responsabilità di NOME COGNOME per il fatto illecito a lui contestato, che in questa sede deve essere in ogni caso valutata ai fini della responsabilità civile per la quale vi è stata la costituzione di parte ci di NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, con condanna generica al risarcimento dei danni in suo favore da liquidarsi in separata sede (si veda in tal senso Sez. 2, n.35140 del 06.05.2022, Rv.283951-01).
In via preliminare, va ricordato che il giudice di appello in presenza di un atto di appello non inammissibile per carenza di specificità, è tenuto a motivare in modo puntale e analitico su ogni punto a lui devoluto, anche laddove l’atto di appello riproponga questioni già di fatto dedotte e decise in primo grado. (così Sez.2, n.52617 del 13.11.2018, Rv. 274719-02).
Nel caso di specie il Collegio ritiene che la sentenza impugnata non offre una motivazione adeguata a rispondere alle specifiche censure dedotte con l’atto di appello, in sostanziale violazione dell’obbligo di motivazione che incombe sul giudice del gravame. In particolare, con riguardo all’eccezione relativa alla mancata assunzione di una prova decisiva, precisamente l’audizione dei testimoni addotti a discarico dall’imputato nella lista testi presentata al giudice di primo grado nonostante fossero state indicate le specifiche circostanze su cui essi avrebbero dovuto deporre e che avrebbero dimostrato l’inesistenza degli artifici e raggiri cui fa riferimento l’imputazione, emerge senza dubbio che la Corte di appello di L’aquila ha deciso senza adeguatamente confrontarsi con la deduzione contenuta nell’atto di
appello, ritenendo erroneamente che i testi indicati (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) avrebbero dovuto testimoniare unicamente sul fatto che il materiale oggetto della asserita truffa aveva scarso valore, mentre, in realtà, i testi erano stati indicati per riferire anche su altre circostanze decisive, come precisato nella lista testi, in particolare sul fatto che vi fossero stati degli accord l’imputato ed i NOME COGNOME in forza dei quali per la pulizia del capannone COGNOME avrebbe preso per sé il materiale ferroso senza corrispondere nulla. Tali circostanze, se appurate come vere, porterebbero ad escludere l’integrazione della truffa per il mancato pagamento del corrispettivo in denaro che non sarebbe stato, a quel punto, dovuto. Al pari non vi sono adeguate motivazioni relativamente agli artifizi e raggiri realizzati dall’imputato, non potendosi essi configurarsi per il s fatto di essersi presentato come imprenditore nella trattativa con la controparte. La Corte di appello avrebbe dovuto chiarire in modo analitico e diffuso circa l’efficienza causale delle condotte del COGNOME nell’integrazione della fattispecie di cui all’art 640 cod. pen., tenuto conto che il mancato pagamento del corrispettivo di una prestazione altrui oppure il sottrarsi ai contatti con i propri debitori non son condotte di per sé sufficienti a configurare il reato di truffa, essendo azioni comuni con altre fattispecie penali nonché con il mero illecito civile da inadempimento contrattuale.
A fronte di siffatte carenze motivazionali la sentenza impugnata va annullata anche in relazione alle statuizioni civili, con rinvio per un nuovo giudizio al giudic civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla altresì la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per un nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 24 gennaio 2024
Il Consigliere estensore