Prescrizione Reato: la Cassazione Chiarisce il Calcolo con Recidiva
La corretta interpretazione delle norme sulla prescrizione del reato è un pilastro del nostro ordinamento penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su come la recidiva qualificata influenzi il calcolo dei termini, portando alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso basato su un’errata valutazione temporale. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i meccanismi procedurali e sostanziali in gioco.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Reggio Calabria per un reato previsto dal Testo Unico sulle spese di giustizia (art. 95, d.P.R. 115/2002). La sentenza veniva appellata e la Corte d’Appello locale, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti contestate (inclusa la recidiva qualificata), confermava nel resto la condanna, rideterminando solo la pena.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e la Prescrizione del Reato
Il ricorrente ha presentato due censure alla Suprema Corte, entrambe giudicate manifestamente infondate.
La Tesi sulla Prescrizione del Reato
Il primo motivo si concentrava sulla presunta estinzione del reato per prescrizione del reato. Secondo la difesa, il termine massimo sarebbe maturato prima della pronuncia della sentenza d’appello. Tuttavia, questa argomentazione si basava su un calcolo palesemente errato, che non teneva conto delle specifiche disposizioni di legge in materia.
La Censura sull’Elemento Soggettivo
Con il secondo motivo, l’imputato contestava il ragionamento dei giudici di merito riguardo al dolo generico, ritenuto necessario per la configurazione del reato. La difesa proponeva una lettura alternativa degli elementi fattuali, tentando di dimostrare l’assenza dell’intento colpevole.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni sono chiare e didattiche.
Sul primo punto, i giudici hanno spiegato che il calcolo della prescrizione effettuato dal ricorrente era scorretto. In applicazione del combinato disposto degli artt. 157 e 161 del codice penale, l’aumento di due terzi del termine, previsto per la recidiva qualificata (art. 99, comma 4, c.p.), deve essere considerato. Di conseguenza, il termine di prescrizione non sarebbe spirato prima del 9 maggio 2027, una data ben lontana da quella della sentenza d’appello. La Corte ha così riaffermato un principio consolidato, citando precedenti giurisprudenziali conformi.
Per quanto riguarda la seconda censura, relativa al dolo, la Cassazione ha osservato che il ricorrente stava semplicemente riproponendo le stesse argomentazioni già avanzate e respinte in appello. I giudici di merito avevano fornito una risposta congrua, logica e priva di contraddizioni. Il tentativo di proporre una diversa interpretazione dei fatti si scontra con i limiti del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito, ma può solo verificare la correttezza giuridica e la logicità del loro ragionamento.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, il calcolo della prescrizione del reato deve tenere scrupolosamente conto di tutte le circostanze che ne modificano la durata, come la recidiva qualificata, che comporta un significativo allungamento dei termini. Un errore di calcolo su questo punto rende il motivo di ricorso manifestamente infondato. In secondo luogo, viene confermato il ruolo della Corte di Cassazione quale giudice di legittimità e non di merito. Non è possibile, in sede di cassazione, chiedere una nuova valutazione delle prove o proporre una ricostruzione dei fatti alternativa a quella, logicamente motivata, dei giudici dei gradi inferiori. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a causa dell’evidente inammissibilità del suo ricorso.
Come si calcola la prescrizione del reato in caso di recidiva qualificata?
In caso di recidiva qualificata, come previsto dall’art. 99, comma 4, del codice penale, il termine di prescrizione del reato deve essere aumentato di due terzi. Questo calcolo, basato sul combinato disposto degli artt. 157 e 161 c.p., posticipa significativamente la data di estinzione del reato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano manifestamente infondati. Il calcolo della prescrizione era palesemente errato e la censura sull’elemento soggettivo del reato consisteva nella mera riproposizione di argomenti già adeguatamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello.
Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo o sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della ricostruzione fattuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46151 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46151 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 05/03/1964
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, in epigrafe indicata, con la quale è stata rideterminata, previo riconoscimento delle generiche equivalenti alle aggravanti contestate, compresa la ritenuta recidiva qualificata, la pena stabilita nella sentenza del Tribunale cittadino di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 95, d.P.R. n. 115/2002 (in Reggio Calabria il 9/9/2010), con conferma nel resto;
ritenuto che il ricorrente ha formulato due censure, entrambe manifestamente infondate, con la prima, instando per la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che ritiene maturata prima della sentenza d’appello, senza tuttavia operare un corretto calcolo ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161 cod. pen.; l’aumento di due terzi per l’art. 99, comma 4, cod. pen. dovendo . essere considerato anche agli effetti di cui all’art. 161 cit. (tra le altre, sez. 4, n. 44610 d 21/9/2023, COGNOME, Rv. 285267-01; sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018, COGNOME, Rv. 274721-01), cosicché il termine non verrebbe a spirare prima del 9 maggio 2027; con la seconda, censurando il ragionamento giustificativo, in base al quale i giudici del merito hanno ritenuto il dolo generico necessario a sorreggere l’elemento soggettivo del reato, alla stregua degli elementi fattuali disponibili, proponendo una difforme lettura di essi, preclusa in questa sede (sul punto, sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, COGNOME, Rv. 257595; sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218; sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099), per di più reiterando censure già formulate in appello, alle quali è stata data dai giudici territoriali una risposa congrua, scevra da contraddizioni e neppure manifestamente illogica;
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 7 novembre 2024