Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7382 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 7382  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato a STRADELLA (PV) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/02/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Torino confermava la pronuncia di condanna di primo grado nei confronti del ricorrente, per i delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva e fallimentare, nonché per quello di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, tre motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti di cui all’art. 173 di att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il COGNOME lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza, nonché omessa o erronea valutazione delle prove assunte, vizi nei quali la decisione della Corte territoriale sarebbe incorsa per aver integralmente confermato la pronuncia del Tribunale di Alessandria senza considerare i vizi già denunciati in appello e trascurando le fonti di prova indicate dalla difesa.
Inoltre la decisione impugnata, rispetto al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, avrebbe compiuto un mero vaglio formale dei dati contabili della società fallita, non considerando che le operazioni compiute da esso ricorrente avrebbero potuto essere giustificate per la natura degli affari trattati.
2.2. Mediante il secondo motivo l’imputato denuncia la “contestazione” della recidiva reiterata specifica infraquinquennale evidenziando che:
aveva patteggiato la pena rispetto ad un reato commesso nel mese di settembre dell’anno 2001 e che, poiché i fatti relativi ai capi 1), 2) e 3) erano stati posti in essere negli anni 2008 e 2009 e non già nel 2005, come indicato erroneamente nei capi di imputazione, erano decorsi oltre cinque anni dalla commissione del precedente reato;
la recidiva è facoltativa e, quindi, può essere esclusa dall’autorità giudiziaria anche a fronte della relativa contestazione;
la recidiva non avrebbe carattere specifico non potendo essere considerati della medesima indole i reati contestati nel processo in esame e quelli ex art. 648-bis cod. pen. oggetto della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
2.3. Con il terzo motivo, il COGNOME deduce violazione degli artt. 157 e 161 cod. pen. in relazione alla disapplicazione dell’art. 99, comma 2, cod. pen., poiché, venendo meno la recidiva per effetto dell’accoglimento del motivo di cui al § 2.2., dovrebbe ritenersi estinto per intervenuta prescrizione il delitto di cui capo 3) che, peraltro, sarebbe estinto per detta ragione anche in caso di ritenuta
equivalenza della recidiva con le concesse circostanze attenuanti generiche, essendo stato il reato commesso nel mese di settembre dell’anno 2009.
In data 1° dicembre 2023 il ricorrente ha depositato, con il difensore AVV_NOTAIO, memoria difensiva corredata di motivi aggiunti, nella quale ha evidenziato che un’interpretazione del principio di ne bis in idem al lume dei principi affermati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dovrebbe indurre a ritenere che non sia consentito un doppio aumento di pena per la recidiva rilevante anche ai fini del decorso del termine di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è inammissibile in quanto assolutamente generico, poiché, mediante lo stesso, l’imputato si limita a riportare, finanche “virgolettate”, l deduzioni e conclusioni spiegate nell’atto di appello senza confrontarsi in alcuna misura con le motivazioni addotte dalla Corte territoriale per disattenderle, ed assumendo, sic et simpliciter, la mancata valutazione delle stesse.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite, infatti, il ricorso per cassazione è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fa o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 01).
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Sotto un primo e preliminare aspetto, essendo stata – seppur genericamente – evocata nel motivo la questione della facoltatività nell’applicazione della recidiva contestata, giova ricordare che, in forza del più recente insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, la facoltatività nell’applicazione della recidiva comporta, a tal fine, una motivazione specifica corredata da un esame del percorso criminale del reo e della significatività del nuovo delitto, nell’ambito di tale percorso, in termini di rafforzamento dell’attitudine a delinquere, che abbia riguardo anche alla natura del nuovo delitto rispetto ai precedenti e al tempo trascorso dalla commissione di essi (cfr. Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878 – 01).
Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha diffusamente e congruamente motivato sotto tali aspetti nel § 4.3. nel quale, oltre a far riferimento ai precedenti penali del ricorrente, alle relative imputazioni ed alle date nelle quali sono intervenute le relative pronunce di condanna, si è
evidenziato che, sebbene i relativi delitti siano stati commessi in un significativo arco temporale ciò non ha comportato uno iato rispetto al compimento di attività illecite in ambito economico da parte del COGNOME, come reso evidente anche dalle allarmanti vicinanze ad ambienti ad elevata pericolosità, stante la condanna per il riciclaggio di proventi rivenienti dal delitto di sequestro di persona a scop di estorsione.
La stessa sentenza impugnata ha sottolineato che, d’altra parte, non solo l’imputato ha mostrato una perdurante inclinazione al delitto ma anche una pressione nella propria pericolosità, atteso che i reati per cui è processo, oltre ad essere gravi, sono sintomatici di una notevole capacità di costruire un sistema di rapporti illeciti includente numerose persone ed imprese, con a supporto anche un apparato documentale attendibile.
Sono manifestamente infondate, inoltre, le censure della difesa dell’imputato rispetto all’applicazione della recidiva, tanto infra-quinquennale che specifica.
Sotto il primo aspetto, come ha correttamente evidenziato la Corte d’appello di Torino, il delitto di cui al capo 3) si è consumato nella data del 30 settembre 2009, quando è stata presentata la dichiarazione dei redditi per l’anno 2008, e, dunque, meno di cinque anni prima dalla condanna per il delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen.
Quanto al secondo aspetto, con motivazione congrua, che si sottrae per questo ad ogni sindacato in sede di legittimità, la sentenza impugnata ha osservato che i fatti delittuosi commessi dal COGNOME sono della medesima indole, in quanto riguardano forme di criminalità economica e sono stati posti in essere nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Il terzo motivo è, invece, fondato, atteso che il delitto di cui al capo 3) si è prescritto nella data del 30 maggio 2022, anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata.
Infatti il delitto contestato (ossia quello di cui all’art. 2 cel d.lgs. n. 7 2000), commesso in data 30 settembre 2009, si prescrive in sei anni.
In considerazione pure della recidiva contestata e applicata ai sensi dell’art. 99, quarto comma, e della considerazione degli atti internativi nella misura massima derivante dal combinato disposto degli artt. 160 e 161, secondo comma, cod. pen., il termine di prescrizione deve essere per vero determinato in dodici anni e mezzo dall’indicata data di commissione del delitto.
Il motivo aggiunto resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo, non essendo rilevante il relativo esame per la prescrizione dei capi :L) e 2).
In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo 3), perché estinto per prescrizione, con eliminazione della pena inflitta a titolo di aumento per la continuazione, pari ad anni uno e mesi due di reclusione.
Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo 3), perché estinto per prescrizione ed elimina la pena inflitta a titolo di aumento per la continuazione pari ad anni uno e mesi due di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2023
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