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Prescrizione reato: atto interruttivo tardivo

La Cassazione annulla una sentenza per tentato furto aggravato a causa della prescrizione del reato. Il termine ordinario di sei anni era già decorso prima della notifica del decreto di citazione in appello, rendendo tale atto inefficace a interrompere la prescrizione. La Corte ha chiarito che l’effetto estintivo si era già perfezionato prima della sentenza d’appello, portando all’annullamento senza rinvio della stessa.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione del Reato: L’Importanza della Tempestività degli Atti Interruttivi

L’istituto della prescrizione del reato rappresenta un pilastro del nostro ordinamento penale, bilanciando l’esigenza di punire i colpevoli con quella di garantire la certezza del diritto e l’oblio dopo un certo lasso di tempo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26090 del 2024, offre un chiarimento fondamentale sul funzionamento dei termini e sull’efficacia degli atti interruttivi, dimostrando come un ritardo procedurale possa determinare l’estinzione del reato. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Il Decorso del Tempo

Il caso riguardava un’imputazione per tentato furto aggravato, un reato commesso il 29 aprile 2017. L’imputato era stato condannato in primo grado con una sentenza del 1° settembre 2017. Successivamente, il procedimento è proseguito verso il giudizio d’appello. Tuttavia, il decreto di citazione per il secondo grado di giudizio è stato emesso solo il 30 novembre 2023, e la sentenza della Corte d’Appello è intervenuta il 1° febbraio 2024.
Il nodo cruciale della vicenda risiede nel calcolo dei tempi. Il reato in questione prevedeva un termine di prescrizione ordinario di sei anni. Tale termine, decorrendo dalla data del fatto (29/04/2017), si è compiuto il 1° maggio 2023.

La Decisione della Cassazione sulla Prescrizione del Reato

La Suprema Corte, investita del caso, ha accolto i ricorsi e ha annullato senza rinvio la sentenza d’appello. La motivazione è netta: il reato era già estinto per prescrizione al momento della celebrazione del giudizio di secondo grado. Il decreto di citazione in appello, essendo stato emesso a novembre 2023, è arrivato quando il termine ordinario di sei anni era già spirato da diversi mesi.

Il Principio Giuridico: Atti Interruttivi e Termine Ordinario

La Corte ribadisce un principio consolidato in giurisprudenza: affinché la prescrizione non si compia, non è sufficiente che non venga superato il termine massimo (pari al termine ordinario più un quarto), ma è anche necessario che tra un atto interruttivo e il successivo non trascorra un tempo superiore al termine ordinario stesso. Nel caso di specie, tra la sentenza di primo grado (che può avere efficacia interruttiva) e il successivo atto, ovvero il decreto di citazione in appello, erano trascorsi più di sei anni. Di conseguenza, l’atto interruttivo è risultato tardivo e inefficace, poiché la prescrizione si era già perfezionata.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle sue motivazioni, la Cassazione ha spiegato che il termine ordinario di prescrizione di sei anni era stato correttamente individuato, anche in ragione dell’esclusione della recidiva specifica reiterata infraquinquennale da parte del giudice di primo grado. Senza l’intervento di validi atti interruttivi entro il 1° maggio 2023, l’effetto estintivo del reato si è prodotto automaticamente a tale data. Pertanto, la successiva sentenza della Corte di Appello è stata emessa quando l’azione penale non poteva più essere esercitata. La Corte ha richiamato precedenti conformi che solidificano questa interpretazione, sottolineando come la catena degli atti interruttivi debba essere continua e rispettosa del termine ordinario per mantenere ‘vivo’ il procedimento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza in esame ha importanti conseguenze pratiche. Evidenzia la necessità per gli uffici giudiziari di agire con tempestività nell’emissione degli atti processuali, in particolare quelli con efficacia interruttiva della prescrizione. Un ritardo, anche se di pochi mesi, può vanificare l’intero percorso processuale e portare all’estinzione del reato, con buona pace delle esigenze di giustizia. Per la difesa, questa pronuncia rafforza l’importanza di un attento monitoraggio dei termini di prescrizione, che rappresenta uno strumento di garanzia fondamentale per l’imputato contro la durata irragionevole del processo.

Quando si estingue un reato per prescrizione?
Un reato si estingue quando, dalla data della sua commissione, è trascorso il tempo definito dalla legge (termine ordinario), senza che sia intervenuta una sentenza definitiva e a condizione che tra un atto interruttivo e l’altro non sia decorso un tempo superiore allo stesso termine ordinario.

Un atto processuale può interrompere la prescrizione se emesso dopo la sua scadenza?
No. Se il termine ordinario di prescrizione è già decorso, qualsiasi atto successivo, come un decreto di citazione in appello, è inefficace a interrompere la prescrizione, poiché l’effetto estintivo del reato si è già verificato.

Cosa ha deciso la Corte nel caso specifico?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna perché il reato di tentato furto, commesso il 29/04/2017, si era già prescritto il 01/05/2023, ovvero prima che venisse emesso il decreto di citazione in appello (30/11/2023). Di conseguenza, la sentenza d’appello era stata pronunciata quando il reato era già estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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