Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10401 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10401 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Napoli il 18-08-1986, COGNOME, nato a Sarno il 21-08-1990, COGNOME NOME, nata a San Paolo Bel Sito il 28-03-1998, COGNOME NOME, nato a San Gennaro Vesuviano il 11-08-1985, COGNOME NOME, nato ad Avellino il 23-03-1989, COGNOME Salvatore, nato a Nola il 11-12-1994, COGNOME NOME, nato a Nola il 11-12-1993 COGNOME NOME, nato ad Avellino il 14-07-1988, avverso la sentenza del 07-06-2023 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi ;
udito l’avvocato NOME COGNOME, quale difensore di fiducia di NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso e, quale sostituto processuale dell’ avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME nonché dell’avvocato NOME COGNOME, difensore di fiducia di NOME COGNOME e di NOME COGNOME si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento .
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 luglio 2020, la Corte di appello di Napoli, pur rideterminando talune pene, confermava sostanzialmente l’impostazione seguita nella pronuncia resa il 4 aprile 2019 dal G.U.P. del Tribunale di Napoli, che aveva ritenuto sussistenti due distinte associazioni a delinquere finalizzate allo spaccio di sostanze stupefacenti (contestate rispettivamente ai capi A e K).
In particolare, le indagini avevano consentito di individuare, quanto alla prima struttura associativa (capo A), il promotore e il finanziatore in NOME COGNOME all’epoca sottoposto agli arresti domiciliari in Atripalda per fatti analoghi. Tra i partecipi di tale associazione figurava anche il ricorrente NOME COGNOME.
Quanto al secondo sodalizio (capo K), le figure apicali venivano individuate in NOME COGNOME, in NOME COGNOME e nella sorella di questi, NOME COGNOME
Con riferimento a tale sodalizio, alle attività di indagine si aggiungeva il contributo dichiarativo di un collaboratore di giustizia, NOME COGNOME, uomo di NOME COGNOME, ossia di un fornitore della sostanza trafficata dal gruppo. Dopo il suo arresto, avvenuto nel febbraio 2016, COGNOME aveva iniziato a collaborare con la giustizia, fornendo significative informazioni circa la struttura del sodalizio de quo . Di tale associazione risultavano far parte, fra gli altri, i ricorrenti NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con sentenza n. 476-2022 del 25 novembre 2021, la Quarta Sezione di questa Corte, per quanto in questa sede rileva, annullava la prima sentenza della Corte territoriale, limitatamente alla qualificazione giuridica dei fatti contestati agli imputati, ciò con particolare riferimento all’esclusione della fattispecie di lieve entità rispetto ai reati fine e al mancato riconoscimento dell’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alle due associazioni di cui ai capi A e K.
In sede di rinvio, con sentenza del 7 giugno 2023, la Corte di appello di Napoli, in riforma della pronuncia di primo grado, riqualificava i reati fine nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 e i reati associativi nella fattispecie ex art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990. Per effetto di ciò, venivano dichiarati prescritti tutti i reati fine, oltre che il reato associativo di cui al capo A, che veniva ritenuto consumato fino all’aprile 2014, per cui, tenendo conto del periodo di sospensione, la prescrizione era maturata il 14 febbraio 2023.
Quanto al reato associativo di cui al capo K, che veniva ritenuto operante almeno sino al febbraio 2016, la Corte di appello rideterminava le pene a carico degli odierni ricorrenti nei seguenti termini: per NOME COGNOME e NOME COGNOME, anni 2 e mesi 8 di reclusione; per NOME COGNOME anni 2 e mesi 4 di reclusione; per NOME COGNOME anni 1 e mesi 8 di reclusione; per NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, anni 1 di reclusione ciascuno.
Avverso la seconda sentenza della Corte di appello partenopea, hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori di fiducia, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
4.1. COGNOME difeso dall’avvocato NOME COGNOME ha sollevato tre motivi.
Con il primo, la difesa contesta il giudizio sulla persistente operatività dell’associazione di cui al capo K, avendo la Corte di appello fatto affidamento alle dichiarazioni del collaboratore COGNOME di cui tuttavia non è stata adeguatamente argomentata la credibilità estrinseca, non essendosi inoltre considerata l’assenza di riscontri circa la prosecuzione dell’attività illecita, stante l’assenza di contatti telefonici con i sodali, mentre è rimasta ignorata la contraria affermazione del Tribunale di Nola, secondo cui l’attività del sodalizio era cessata nel 2014,.
Con il secondo motivo, si censura il giudizio sull’appartenenza di COGNOME al sodalizio, rilevandosi che a questi non risulta ascritto alcun episodio di spaccio oltre l’epoca (2014) in cui si assume che egli abbia aderito all’associazione , per cui sarebbe carente la prova della partecipazione dell’imputato al reato associativo .
Il terzo motivo ha ad oggetto la violazione dell’art. 58 della legge n. 689 del 1981, avendo la Corte di appello indebitamente disatteso la richiesta di conversione della pena detentiva, soffermandosi solo sulla personalità dell’imputato, senza esprimere a lcuna valutazione sulla possibilità di rieducazione dello stesso, nonostante che COGNOME, in regime di arresti domiciliari, sia stato autorizzato a svolgere attività lavorativa, senza incorrere in alcuna violazione.
4.2. NOME COGNOME e NOME COGNOME tramite il loro comune difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME hanno sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata rispetto all’affermazione circa la prosecuzione del reato associativo di cui al capo K fino al 2016, essendo stata introdotta in tal senso un’informazione inesistente nel processo, con un travisamento delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME e delle prove intercettive, non essendosi altresì considerato che, con la sentenza del Tribunale di Nola emessa nei confronti dei correi che hanno optato per il rito ordinario e acquisita ex art. 238 bis cod. proc. pen., il reato di cui al capo K è stato dichiarato prescritto, essendo l’attività illecita cessata nel 2014, conclusione questa cui il Tribunale è pervenuto valutando proprio le dichiarazioni rese da COGNOME il quale in quel giudizio fu anche sentito in sede dibattimentale.
Con il secondo motivo, è stata eccepita l’inosservanza dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., posto che, nel ritenere attendibili le dichiarazioni di COGNOME, la Corte di appello si è limitata a rimettersi alle valutazioni compiute da altro giudicante in relazione a fatti diversi da quelli oggetto del presente giudizio, mentre sarebbe stato necessario un ben più accurato vaglio critico rispetto alle
propalazioni del collaboratore, risultate invero imprecise su vari aspetti, come ad esempio rispetto al quantitativo di droga ceduto ai sodali coinvolti nel capo NOME
4.3. COGNOME, tramite il ricorso a firma dell’avvocato NOME COGNOME ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa deduce la violazione degli art. 157 cod. pen. e 192, comma 3, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, evidenziando che la Corte territoriale, pur recependo le indicazioni della sentenza rescindente circa la riqualificazione delle condotte nella fattispecie ex art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990, non ha dichiarato prescritti i fatti contestati, discostandosi dalle diverse conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Nola nel giudizio a carico di coloro che hanno scelto il rito ordinario, avendo in ciò i giudici di appello omesso di considerare che tutte le prove acquisite fissano la fine delle attività criminose nel 2014, essendo state erroneamente valutate le affermazioni, prive di riscontri, del collaboratore COGNOME il quale peraltro non ha fatto alcun riferimento a COGNOME
4.4. COGNOME ha presentato anche un secondo ricorso, a firma dell’avvocato NOME COGNOME la quale, anche nell’interesse dell’imputato COGNOME ha sollevato un unico motivo, con il quale la difesa ha eccepito il vizio di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha eluso la richiesta difensiva di retrodatazione dei fatti di cui al capo K al 2014, con conseguenti ricadute in punto di prescrizione del reato associativo. Si osserva in particolare che i giudici di appello hanno travisato le dichiarazioni rese da NOME COGNOME nei verbali di interrogatorio del 30 agosto e del 19 dicembre 2016, posto che in tali dichiarazioni manca qualsiasi riferimento preciso al momento in cui il collaboratore ha cessato i suoi rapporti con i componenti del sodalizio, non provvedendo più alle forniture dello stupefacente, dovendosi ritenere con ragionevole certezza che l ‘ associazione de qua abbia operato sino alla metà del 2015, non risultando né intercettazioni successive a quella data, né ulteriori riscontri da parte della Polizia giudiziaria, essendo altresì significativo il dato che proprio all ’11 maggio 2015 risale l ‘ ultimo reato (capo Q) dell ‘ associazione di cui al capo K. Dunque, rispetto a COGNOME, la data di inizio della decorrenza della prescrizione del delitto associativo andava individuata nell’11 maggio 2015, mentre, nei confronti di COGNOME che COGNOME ha mostrato di non conoscere, l’ultima condotta illecita è individuabile nel 26 marzo 2014, data dell ‘ ultima captazione telefonica che lo riguarda, non risultando contestato allo stesso alcun reato fine. La Corte di appello avrebbe dunque dovuto dichiarare la prescrizione del reato, anche per non creare contrasti con la sentenza del Tribunale di Nola del 10 febbraio 2023, che per i coimputati ha dichiarato prescritto il medesimo reato.
4.5. COGNOME , difeso dall’avvocato NOME COGNOME ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa si duole della mancata declaratoria di estinzione per prescrizione del reato associativo di cui al capo K, ritenuto sussistente dalla Corte
di appello fino a tutto il 2016, ciò in contrasto con l’affermazione del Tribunale di Nola, che ha ritenuto cessata l’attività del sodalizio nel 2014, mentre la contraria affermazione della sentenza impugnata non troverebbe conforto né nella prova intercettiva, né nelle dichiarazioni del collaboratore COGNOME il quale peraltro ha collocato il termine conclusivo dell’attività illecita alla fine del 2015, il che avrebbe consentito comunque di ritenere maturata la prescrizione del reato de quo .
Con il secondo motivo, si censura il trattamento sanzionatorio, rilevandosi che, nel rideterminare la pena a carico di COGNOME, la Corte di appello sarebbe incorsa nella violazione del giudicato parziale formatosi con la prima sentenza di questa Corte, ciò in quanto il G.U.P. aveva riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche in regime di prevalenza rispetto alla contestata aggravante, operando una ulteriore diminuzione di pena, mentre la Corte di appello è partita dal presupposto che il primo giudice avesse concesso le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante ex art. 74, comma 3, del d.P.R. n. 309 del 1990, non operando alcuna riduzione di pena, se non per la scelta del rito.
4.6. COGNOME , difeso dall’avvocato NOME COGNOME ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa contesta il giudizio sull ‘operatività dell’associazione di cui al capo K fino a tutto il 2016, essendosi la Corte di appello posta in contrasto con l’affermazione del Tribunale di Nola, che ha ritenuto cessata l’attività del sodalizio nel 2014, mentre la contraria affermazione della sentenza impugnata non troverebbe conforto né nella prova intercettiva, né nelle dichiarazioni del collaboratore COGNOME il quale peraltro è rimasto in libertà solo fino al febbraio 2016.
Con il secondo motivo, si deduce il difetto di motivazione rispetto alla richiesta difensiva di riconoscimento della continuazione tra il fatto contestato al capo P e il fatto giudicato con pregressa condanna, riferita a una vicenda analoga, in evidente continuità temporale e finalistica, nel medesimo contesto associativo.
4.7. COGNOME, difeso dall’avvocato NOME COGNOME, ha sollevato tre motivi, esposti congiuntamente, con i quali la difesa contesta la decisione della Corte di appello di non aver dichiarato la prescrizione del reato associativo di cui al capo K, pur avendo riconosciuto la fattispecie attenuata di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990, avendo i giudici di secondo grado mancato di confrontarsi con le deduzioni contenute nella memoria difensiva depositata all’udienza del 7 giugno 2023, con cui si era dimostrato che la condotta partecipativa di COGNOME si fermava al 23 febbraio 2014, giorno in cui è stata captata l’ultima conversazione con il sodale NOME COGNOME il che avrebbe giustificato la declaratoria di prescrizione del reato. Peraltro, la sentenza impugnata si è posta in contrasto con la sentenza irrevocabile del Tribunale di Nola che ha dichiarato la prescrizione delle singole partecipazioni, retrodatandole all’aprile 2014, sul presupposto che, successivamente a tale data, non sono emerse evidenze probatorie circa il
persistere dell’attività illecita . A ciò si aggiunge, peraltro, che il Tribunale del Riesame di Napoli, con ordinanza del 7 maggio 2018, ha annullato la misura cautelare applicata a COGNOME, non essendo provato che questi avesse continuato a gravitare nel contesto associativo nei quattro anni antecedenti all’emissione del provvedimento medesimo. In ogni caso, sarebbe frutto di travisamento l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui la partecipazione del ricorrente sarebbe proseguita fino al febbraio 2016, non deponendo in tal senso le dichiarazioni di COGNOME che ha collaborato con COGNOME e non con i vertici del sodalizio fino al febbraio 2016, così come alcuna prova sussisterebbe rispetto al fatto che fino a tale epoca COGNOME dovette ricorrere a minacce per ottenere il pagamento delle forniture elargite da COGNOME.
Dopo un rinvio interlocutorio (11 luglio 2024), dovuto all’adesione delle difese all’astensione dalle udienze proclamata dall’Unione delle Camere penali, la trattazione del giudizio veniva differi ta all’ udienza del 13 novembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati, ma, avuto riguardo al tempus commisi delicti , si impone la declaratoria di estinzione per prescrizione del residuo reato associativo di cui al capo K nei confronti dei partecipi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre la prescrizione non è maturata per i capi NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
Prima di soffermarsi sulle censure difensive, incentrate tutte sul medesimo tema della ritemuta persistente operatività del sodalizio di cui al capo K, occorre premettere che quest’ultima costituisce l’unica imputazione residuata nel presente giudizio, dopo che, in sede di rinvio, la Corte territoriale, nel ritenere sussistenti le fattispecie ex art. 74, comma 6, e 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, ha dichiarato prescritti sia il restante reato associativo di cui al capo A, sia i reati-fine. Ora, ribadito che, a seguito della sentenza rescindente (n. 476-2022) della Quarta Sezione di questa Corte, non è più suscettibile di essere messo in discussione né il giudizio sulla sussistenza dell’associazione di cui al capo K, né quello sull’appartenenza al sodalizio dei singoli ricorrenti, occorre evidenziare che , secondo l’imputazione cristallizzata al capo K, il delitto ivi contestato risulta commesso in Nola e Comuni limitrofi ‘con condotta fino a tutto il 2016’ .
Ciò posto, deve osservarsi che, nel giudizio instaurato a carico degli imputati che non hanno optato per il rito abbreviato, il Tribunale di Nola, con la sentenza emessa il 10 febbraio 2023, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al capo K, ritenendo provata la partecipazione degli associati solo fino all’aprile 2014 . A conclusioni differenti è invece pervenuta la Corte territoriale.
Ed invero i giudici del rinvio, in relazione all’epoca di attività del sodalizio di cui al capo K, hanno sottolineato (cfr. 27-28 della sentenza impugnata) che il relativo patrimonio probatorio era costituito, oltre che dalle intercettazioni e dalle attività investigative effettuate dalla P.G. a riscontro, anche dalle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME il quale, mentre non aveva fornito indicazioni sulla struttura associativa di cui al capo A, aveva invece riferito di aver collaborato attivam ente con i vertici dell’associazione contestata al capo K, ovvero NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avendo COGNOME aggiunto di aver prestato attività alle direttive di NOME COGNOME, fornitore dell a droga per il gruppo. Il collaboratore ha in particolare precisato che COGNOME, nella sua attività di fornitore, vendeva anche a credito e che COGNOME non aveva onorato il proprio debito, per cui COGNOME non aveva esitato a ricorrere alle minacce; tali eventi sono stati collocati da COGNOME sino al momento del suo arresto, avvenuto nel febbraio 2016. Secondo il collaboratore , i traffici di stupefacenti tra COGNOME e COGNOME sono inoltre proseguiti anche nel periodo in cui COGNOME aveva lasciato l’abitazione di COGNOME e aveva pr eso in affitto un appartamento a Somma Vesuviana, ossia per tutto il 2015.
Dunque, nel ricordare che l’attendibilità delle dichiarazioni di COGNOME è stata già positivamente valutata nel processo a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME che ne hanno riconosciuto la rilevanza ai fini dell’individuazione del movente e dell’esecutore materiale, rimasto sconosciuto agli investigatori, la Corte di appello ha evidenziato che le informazioni fornite da COGNOME circa le modalità e i tempi in cui si sono svolti i traffici con l’associazione diretta da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME dovevano essere ritenute parimenti credibili, tanto più che le stesse si sono rivelate precise e riscontrate, per un consistente arco temporale, alla luce dei servizi di osservazione e di pedinamento della P.G. Né poteva ritenersi idoneo a smentire le affermazioni del collaboratore il dato valorizzato dal Tribunale di Nola ai fini della retrodatazione delle condotte al 2014, ossia l’assenza di intercettazioni successive a tale data, ciò in considerazione dell’elevatissimo numero di utenze telefoniche su cui i sodali potevano contare . Di qui l’affermazione secondo cui, all’epoca della sentenza impugnata (7 giugno 2023), non era maturata, né per i partecipi, né per i capi, la prescrizione del reato associativo di cui al capo K, per come riqualificato nella sentenza impugnata (con la conseguenza che operano i limiti di pena di cui all’art. 416 cod. pen.) .
Orbene, ritiene il Collegio che la valutazione della Corte di appello circa la persistente operatività del sodalizio di cui al capo K ameno fino al febbraio 2016 sia immune da censure, in quanto scaturita da una disamina razionale delle fonti dimostrative disponibili, correttamente intese nel loro reale significato e correlate tra loro in maniera non illogica, non apparendo dirimente in senso contrario il fatto che il Tribunale di Nola abbia collocato nel 2014 la fine delle attività illecite.
Non può sottacersi, infatti, da un lato, che le posizioni soggettive dei due distinti giudizi non sono coincidenti, e , dall’altr o lato, che i due procedimenti sono stati definiti con riti diversi (ordinario quello incardinato dinanzi al Tribunale di Nola, abbreviato il presente giudizio), per cui non può affermarsi che il materiale probatorio sia lo stesso, fermo restando che il dissenso valutativo dei due giudizi concerne non la ricostruzione o la qualificazione giuridica del fatto, ma unicamente l’individ uazione del momento di cessazione delle condotte associative, profilo questo che, per la rimarcata diversità delle singole posizioni, oltre che delle differenti acquisizioni probatorie, ben può portare a conclusioni diverse, senza che ciò comporti un’inconciliabilità formale e sostanziale delle due pronunce .
In definitiva, la motivazione della sentenza impugnata circa la valutazione di attendibilità del collaboratore COGNOME (che non ha trovato alcuna smentita) e la conseguente delimitazione temporale dell’attività del sodalizio non prestano il fianco alle censure difensive, che invero si articolano, in termini tra loro sovrapponibili, nella sostanziale proposta di una lettura alternativa (e frammentaria) del materiale istruttorio, operazione non consentita in questa sede, dovendosi ribadire in proposito (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482) che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo, come quello della sentenza impugnata, privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
4. Va dunque riba dita l’infondatezza delle censure difensive, che tuttavia non può essere ritenuta manifesta, per cui non può non tenersi conto che, alla data di emissione della presente decisione, è maturata la prescrizione del reato ascritto ai ricorrenti ritenuti partecipi del sodalizio (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME), computandosi il relativo termine in 7 anni e 6 mesi. Dunque, individuando il dies a quo nel 1° febbraio 2016 e tenendo conto dei 64 giorni di sospensione relativi alla disciplina emergenziale da Covid-19, la prescrizione è maturata il 5 ottobre 2023, dunque dopo la sentenza impugnata e prima della sospensione verificatasi in questo giudizio dall’11 luglio al 13 novembre 2024.
Quanto ai tre promotori dell’associazione, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME la relativa prescrizione si computa in 8 anni e 9 mesi, per cui il relativo termine, tenuto conto della ‘sospensione Covid, matura il 5 gennaio 2025, termine cui va aggiunto l’ulteriore periodo di 122 giorni per la sospensione dall’11 luglio al 13 novembre 2024 (adesione dei difensori all’astensione proclamata dall’associazione di categoria), con prescrizione finale al la data del 7 maggio 2025.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME per essere il residuo reato a loro ascritto estinto per prescrizione, dovendosi ritenere in ciò assorbite le ulteriori doglianze in punto di trattamento sanzionatorio.
I ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME vanno invece rigettati, con onere a carico dei predetti di provvedere al pagamento delle spese processuali , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen .
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Salvatore per essere il residuo reato loro ascritto estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi di COGNOME COGNOME e COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13.11.2024