Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2590 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2590 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 37533/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ASTI il 11/04/1960 avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), Avv. NOME COGNOME che ha chiesto la conferma delle statuizioni civili con condanna dell’imputato alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio; lette le conclusioni scritte del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 settembre 2024, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv., 642, 482, 477 cod. pen., con condanna alla rifusione delle spese della costituita parte civile.
1.1. Avverso la sentenza, ricorre per Cassazione il difensore di Lescaro, osservando che i reati erano già prescritti al momento della pronuncia di appello, in quanto il momento consumativo dei reati contestati, come già eccepito in sede di conclusioni davanti alla Corte di appello, era da individuarsi nel momento in cui l’imputato aveva inviato alla compagnia assicuratrice la documentazione falsa, e il contratto assicurativo piø recente era quello del 25 luglio 2016 (primo motivo).
1.2. Il difensore eccepisce inoltre la mancanza di motivazione in relazione all’omessa valutazione di quanto dedotto dalla difesa nel corpo delle conclusioni scritte inviate in data 16 settembre 2024; rispetto alla decisività delle argomentazioni contenute all’interno dell’atto era sufficiente osservare che l’analisi delle stesse avrebbe dovuto condurre la Corte di appello ad emettere una sentenza di estinzione dei reati contestati per l’intervenuta prescrizione (secondo
motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł generico e manifestamente infondato.
1.1. I reati risultano essere stati accertati alla data del 18.11.2016.
1.2. In sede di appello la difesa aveva contestato la mancata pronuncia assolutoria nel merito e l’eccessività della pena.
1.3. Il giudizio di appello veniva celebrato in data 23.09.2024 con il rito cartolare.
1.4. La difesa, a mezzo PEC, in data 16.09.2024 aveva trasmesso conclusioni scritte con le quali aveva chiesto di assolvere l’imputato dal reato a lui ascritto e, in subordine, di pronunciare sentenza ex art. 129 cod. proc. pen., essendo i reati estinti per intervenuta prescrizione.
1.5. Con sentenza in data 23.09.2024, la Corte di appello di Milano rigettava il ricorso dell’imputato confermando la pronuncia di primo grado con la quale lo stesso era stato condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione in relazione ai reati a lui ascritti in rubrica.
La difesa, con l’odierno ricorso, nel rilevare la maturata prescrizione del reato, asseritamente intervenuta prima della pronuncia della sentenza di appello, si duole della mancata rilevazione della causa estintiva del reato già in quella sede.
2.1. Senza precisare in quale precisa data la prescrizione sarebbe maturata, la difesa evidenzia che dalla scheda sintetica – peraltro priva di sottoscrizione – redatta ex art. 165bis disp. att. cod. proc. pen. dopo la proposizione del ricorso per cassazione, allegata agli atti, si evincerebbe che i reati si sarebbero prescritti in data 17.07.2024, tenuto conto della data di accertamento nonchØ della durata degli eventi interruttivi e sospensivi.
2.2. In sede di conclusioni scritte in data 10.01.2025, la difesa ha insistito per l’annullamento ovvero per la declaratoria di nullità dell’impugnata sentenza in ragione dell’ ‘intervenuta prescrizione (dei reati) in momento antecedente alla sentenza di secondo grado’.
Partendo dal secondo motivo di ricorso, evidenzia il Collegio come la Corte territoriale non avesse alcun obbligo di motivare sulle conclusioni presentate dalla difesa dell’imputato.
Invero, premesso che, per costante giurisprudenza, in tema di disciplina emergenziale da Covid-19, l’omessa valutazione delle conclusioni scritte inviate dalla difesa a mezzo PEC ex art. 23bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020 n. 176, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio per lesione del diritto di intervento dell’imputato, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., a condizione che esse abbiano un autonomo contenuto argomentativo volto a sostenere le ragioni del gravame, perchØ solo in tal caso costituiscono effettivo esercizio del diritto di difesa (Sez. 2, n. 30232 del 16/05/2023, COGNOME, Rv. 284802; Sez. 6, n. 44424 del 30/09/2022, Manca, Rv. 284004), evidenzia il Collegio come l’applicazione della prescrizione non fosse stata in alcun modo argomentata dalla difesa, anche e soprattutto in riferimento al termine della sua asserita avvenuta maturazione, essendosi la parte limitata ad evocarne, in termini oltremodo generici e – peraltro – solo in via subordinata, la ricorrenza, senza alcun riferimento al relativo contesto fattuale. In relazione a quest’ultimo, infatti, non può non evidenziarsi come le vicende illecite abbiano riguardato un significativo numero di clienti (tali COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME) e di conseguenti contratti, in fattispecie sì sostanzialmente sovrapponibili quanto alle modalità delle condotte ma anche cronologicamente del tutto distinte tra loro in quanto originatesi e sviluppatesi in tempi differenti.
Passando al primo motivo, al di là di ogni altra valutazione sull’adempimento dell’onere sollecitatorio difensivo, appare doveroso premettere che, nella fattispecie, tenuto conto delle tipologie di condotte accertate, in presenza di un’ipotesi particolare di frode commessa nella
cosiddetta fase “assuntiva”, poichØ la condotta contestata Ł consistita nella falsificazione della documentazione prodromica alla stipulazione del contratto di assicurazione, il falso di cui all’art. 642 cod. pen. costituisce un atto unilaterale necessariamente recettizio, in quanto destinato a produrre effetto solo nel momento in cui giunge a conoscenza o comunque all’indirizzo della compagnia, involgendo la sfera giuridica della persona offesa potenzialmente lesa dalla condotta fraudolenta, poichØ titolare del diritto patrimoniale compromesso tutelato dalla norma incriminatrice. Invero, non può revocarsi in dubbio come l’anticipazione della punibilità dovuta alla ricostruzione della fattispecie quale reato di pericolo non possa prescindere da una verifica dell’idoneità della condotta a mettere in pericolo il bene protetto, altrimenti si finirebbe per punire l’intenzione e ciò contrasterebbe con il principio di offensività. Si tratta pur sempre di un’ipotesi di truffa e di un delitto che offende il patrimonio, in cui la falsità Ł destinata ad indurre in errore la compagnia. Così il reato sarà integrato tutte le volte in cui l’ufficio preposto della compagnia sia raggiunto, anche per il tramite degli intermediari a ciò abilitati, da una richiesta di polizza supportata da documenti falsi, si accorga della falsità dei dati e non proceda all’emissione della polizza; ovvero, il documento falso, pur diretto alla compagnia, venga intercettato prima di giungere a questa per cause indipendenti dalla volontà del colpevole ovvero venga individuato presso i soggetti abilitati a fungere da intermediari (Sez. 2, n. 27136 del 18/05/2023, Trib. Milano, Rv. 284798, in motivazione).
4.1. In particolare, nella fattispecie, sono stati falsificati e poi trasmessi a RAGIONE_SOCIALEp.a. false certificazioni di famiglia e falsi intestatari al PRA, al fine di corrispondere un premio assicurativo inferiore e di ottenere le (non altrimenti dovute) agevolazioni derivanti dalla legge Bersani (L. n. 40/2007). Si Ł, dunque, al cospetto di una frode in contraendo, in conseguenza della quale la compagnia ha stipulato il contratto di assicurazione emettendo la relativa polizza.
4.2. Orbene, premesso che – indiscutibilmente – fintanto che i documenti contraffatti restano nella esclusiva sfera del soggetto agente e non vengono portati a conoscenza del destinatario della richiesta di polizza, a supporto della richiesta stessa e al fine di essere valutati per la quotazione del premio, il reato non può dirsi “consumato”, evidenzia il Collegio come il possibile rilievo che trattasi di reato a consumazione anticipata, circostanza che avrebbe come conseguenza che il delitto possa consumarsi a prescindere dal conseguimento dell’effettivo vantaggio patrimoniale da parte dell’agente (che, come detto, consiste nel pagamento di un premio inferiore e, semmai, rileva ai fini dell’aggravamento della pena), ciò non consentirebbe comunque di prescindere nella ricostruzione della fattispecie dall’intento perseguito dall’agente che contraddistingue sul piano del disvalore la condotta di falso.
4.3. Fermo quanto precede, nella fattispecie non Ł stato chiarito, nØ la difesa ha allegato ai fini della valutazione della prescrizione in quali (comuni o diverse) date fossero stati stipulati i vari contratti e, prima ancora, in quale data (o in quali date) si fossero verificati gli inoltri alla compagnia assicurativa.
Tutto questo ha evidente riverbero sulla data di consumazione delle diverse condotte di reato (contestate in continuazione) e sulla conseguente decorrenza del termine prescrizionale, evidentemente non collegabile all’indicata comune data di accertamento dei fatti. In relazione a dette epoche di consumazione dei reati, anche – come detto – al solo fine di far rilevare la dedotta maturata prescrizione, la parte nulla deduce davanti al giudice di merito, finendo per proporre un motivo del tutto generico che ha giustificato, la mancata risposta della Corte territoriale. Si afferma in giurisprudenza che il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poichØ i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (cfr., Sez. 5, n. 44201 del 20/09/2022, Testa, Rv. 283808).
4.4. NØ, in tale prospettiva, può assumere una qualche rilevanza quanto sostenuto dal difensore nelle conclusioni scritte presentate prima dell’udienza della Corte di appello. Invero, premesso che ‘l’appello, al pari del ricorso per cassazione, Ł inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata’ (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822), nell’atto di appello non vi era nessuna censura relativa al fatto che il termine di prescrizione avrebbe dovuto essere retrodatato all’invio dell’ultimo dei contratti assicurativi stipulati in forza della documentazione falsamente formata, censura proposta soltanto, appunto, nelle conclusioni scritte, in violazione quindi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen. (si veda, Sez.6, n. 36206 del 30/09/2020, COGNOME, Rv. 280294: ‘in materia di impugnazioni, la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicchØ sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto ” petitum “, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione’).
Anche sotto questo ulteriore profilo, pertanto, deve ritenersi come nessun obbligo di motivazione avesse la Corte di appello sul punto; nØ una verifica sul tempus commissi delicti può essere svolta da questa Corte, posto che la pronuncia richiederebbe accertamenti in fatto del tutto inammissibili in sede di legittimità.
4.5. NØ, infine, si può ritenere che la scheda ex 165bis disp. att. cod. proc. pen. riportante l’indicazione della data di prescrizione, non essendo un provvedimento giudiziale, possa spiegare un qualche effetto vincolante o anche solo precettivo, sulle valutazioni del giudice ad quem, essendo detta compilazione un adempimento di carattere amministrativo ed a fini esclusivamente ricognitivi, la cui inosservanza non determina alcuna conseguenza nØ a livello giuridico nØ pratico sulla successiva fase di giudizio, ben potendo quelle indicazioni (ciò vale anche per le comunicazioni relative alla durata della custodia cautelare ovvero di altre misure cautelari non detentive ovvero per ogni altra indicazione di contenuto informativo), oggetto di specifico preventivo controllo da parte del magistrato di legittimità addetto all’esame preliminare del ricorso e poi del Collegio giudicante, essere disattese o sconfessate in sede di giudizio anche in assenza di specifiche contestazioni delle parti.
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 3.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Quanto alle domande della parte civile, si deve osservare che nel giudizio di legittimità, in caso di ricorso dell’imputato rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purchØ abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione; nel caso in esame, la parte civile si Ł limitata a depositare conclusioni e nota spese, senza alcuna argomentazione a sostegno delle proprie pretese o a contrasto delle deduzioni del ricorrente, per cui la sua domanda deve essere inevitabilmente rigettata (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03; Sez. 5, n. 34816 del
15/06/2021, COGNOME non mass.; Sez. 1, n. 17544 del 30/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 26484 del 09/03/2021, Castrignano, non mass.; Sez. 1, n. 34847 del 25/02/2021, COGNOME, non mass.; da ultimo, in motivazione, Sez. U, n. 887 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese processuali sostenute nel presente grado dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
Così Ł deciso, 14/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME