Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11369 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11369 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a OLBIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/12/2022 della CORTE APPELLO di Cagliari – SEZIONE DISTACCATA di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del P.G. dr.ssa NOME ()DELLO,
RITENUTO IN FATTO
1.La Sezione distaccata di Sassari della Corte di appello di Cagliari il 21 dicembre 2022, in parziale riforma della sentenza, appellata dall’imputata, con cui il Tribunale di Tempio Pausania il 13 novembre 2317, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile del reato di furto consumato di una borsa contenente documenti, telefoni cellulari e denaro contante posta all’interno di un’autovettura, con le aggravanti dell’uso della violenza sulle cose (per avere rotto un vetro) e di avere agito su cose esposte per consuetudine o per necessità alla pubblica fede, fatto commesso il 21 maggio 2012, in conseguenza condannandola, con le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti, alla pena di giusizia, ha escluso l’aggravante della esposizione alla pubblica fede, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Appare opportuno precisare, per quanto si dirà più avanti (cfr. n. 1 del “considerato in diritto”), che con ordinanza di correzione di errore materiale adottata ex art. 130 cod. proc. pen. il 27 giugno 2023 la Corte di appello ha dato atto dell’effettivo contenuto del capo di imputazione, comprensivo anche dalla contestazione della recidiva specifica infraquinquennale, aggravante contenuta nel decreto di citazione a giudizio ma omessa in entrambe le sentenze di merito, in conseguenza disponendo che nell’intestazione della sentenza del 21 dicembre 2022 si intenda ricompresa anche la recidiva qualificata.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputata, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi, con i quali denunzia violazione di legge (entrambi i motivi) e vizio di motivazione (il primo motivo).
2.1. Con il primo motivo lamenta nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Rammentato che la Corte di appello ha escluso la sussistenza dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede, ribadendo l’esistenza di quella della violenza sulle cose, si censura avere cionondimeno confermato integralmente la sentenza impugnata sotto il profilo sanzionatorio omettendo però di rendere – si assume – adeguata motivazione, cioè senza dare conto degli specifici motivi che conducono a tale soluzione e limitandosi a dare atto che sono state concesse all’imputata le attenuanti generiche stimate equivalenti.
Infatti, mancherebbe nel caso di specie la necessaria motivazione adeguata richiesta dalle Sezioni Unite della S.C. (citandosi l’insegnamento di Sez. U, n. 33752 del 18/04/2013, Papola, Rv. 255660).
Né avrebbe pregio, ad avviso della ricorrente, il richiamo da parte della Corte territoriale, alla p. 7 della sentenza, alla mancata contestazione da parte dell’imputato, in quanto – si afferma – la Difesa non poteva muovere censure al giudizio di bilanciamento prima della esclusione di una delle aggravanti.
2.2. Con il secondo motivo censura la violazione dell’art. 157 cod. pen. in quanto la esclusione di un’aggravante riporta il massimo editl:ale applicabile nel caso di specie a sei anni di reclusione: con la conseguenza – si assume – della presa d’atto dell’effetto estintivo sull’illecito del decorso del tempo.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. nella requisitoria scritta del 31 ottobre 2023 (ribadita con memoria del 13 novembre 2023) ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
La Difesa il 14 novembre 2023 ha fatto pervenire “motivi nuovi” con i quali censura l’ordinanza di correzione di errore materiale adol:tata dalla Corte di appello il 27 giugno 2023 con cui si dà atto che la originaria contestazione del P.M. era comprensiva anche della recidiva specifica infraquinquennale.
Tale ordinanza, successiva al deposito dell’impugnazione, sarebbe illegittima sotto un duplice profilo: perché emessa da giudice incompetente, in quanto, pendendo appunto ricorso sin dal 24 aprile 2023, l’eventuale correzione sarebbe stata da adottarsi ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., da parte del Giudice funzionalmente superiore ossia da parte della Corte di cassazione; e perché deve comunque ritenersi ormai “cristallizzata” l’imputazione per cui è intervenuta condanna ossia furto consumato aggravato dalla (sola) violenza sulle cose.
Si denuncia, infine, la mancanza della necessaria condizione di procedibilità, non essendo presente in atti la necessaria querela della persona offesa.
Con ulteriore memoria del 17 novembre 2023 la Difesa ha replicato alle conclusioni del P.G., insistendo per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate.
CONSIDERATO IIN DIRITTO
Sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo, maturato, nel caso di specie il 21 novembre 2019. Infatti, reato commesso il 21 maggio 2012 + sette anni e sei mesi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157′ comma 1, e 161, comma .2, prima parte, cod. pen. = 21 novembre 2019 (non risultano rinvii chiesti dalla Difesa nei gradi di merito), dovendosi calcolare il termine massimo
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LA/- di prescrizione con riguardo al reato di furto mono-aggravato, così come ritenuto dalla Corte di appello nella sentenza del 21 dicembre 2020. Nessun rilievo al fine in esame può attribuirsi alla recidiva qualificata (oggetto dell’ordinanza adottata ex art. 130 cod. proc. pen.) che, benché contestata in origine dal P.M., non è stata ritenuta né dal Tribunale né della Corte di appello, che su di essa in realtà non si sono espresse, nemmeno implicitamente: devono, infatti, al riguardo richiamarsi le condivisibili considerazioni svoll:e nella parte motiva (sub nn. 7-8 del “considerato in diritto”, pp. 16-20) di Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME NOME, Rv. 275319.
1.1.Ciò posto, deve rilevarsi che il ricorso in esame, complessivamente valutato, non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure ·non declucibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l’intervenuta prescrizione. Ciò con particolare riferimento al primo motivo, avendo, in effetti, la Corte di appello mantenuto il medesimo trattamento sanzionatorio già applicato in primo grado nonostante l’esclusione di una circostanza aggravante senza tuttavia adottare adeguata motivazione, in difformità dal condivisibile insegnamento delle ‘Sezioni Unite della S.C. (Sez. U, n. 33752 del 18/04/2013, Papola, Rv. 255660: «Il giudice di appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di “rel’ormatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purchè questo sia accompagnato da adeguata motivazione»; conformi le successive Sezioni semplici, tra cui Sez. 4, n. 29599 del 07/10/2020, COGNOME, Rv. 279712: «Il giudice di appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purchè questo sia accompagnato da adeguata motivazione»). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Infatti, la Corte di appello si è limitata a scrivere (alle ultime due pagin della sentenza che «Il furto risulta aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 2 c.p., essendo emersa pacificamente la rottura del vetro dell’auto, ma non per effetto della esposizione a pubblica fede, e in ciò si condivide l’appello della difesa, non potendosi ritenere la borsa dotazione o accessorio dell’auto. L’esclusione della suddetta aggravante tuttavia non si riflette sul quantum di pena, essendo state concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche, stimate equivalenti alle aggravanti, e ritenendo la Corte corretta la valutazione operata dal giudicante, rispetto alla quale la difesa non ha mosso alcuna censura», censura
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che, come puntualmente rilevato con il primo dei motivi di ricorso (alla p. 3), NOME COGNOME non avrebbe potuto sollevare in tali termini, in quanto il Tribunale aveva riconosciuto anche l’aggravante della esposizione alla pubblica fede.
1.2. Quanto alle doglianze sollevate con i “motivi nuovi”, si osserva che l’irrituale ordinanza del 27 giugno 2023 della Corte di appello contenente la censurata “correzione” si sarebbe dovuta impugnare autonomamente, mentre, pur mancando altra formula, il verbale di denunzia di NOME COGNOME del 21 maggio 2012 contiene, alla p. 2, la esplicita volontà di costituirsi parte civi nell’instaurando procedimento penale, ciò che, per costante insegnamento di legittimità, costituisce atto equipollente alla espressa manifestazione della volontà punitiva da parte della persona offesa (Sez. 3, n. 19971 del 09/01/2023, COGNOME, Rv. 284616; Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801; Sez. 5, n. 2293 del 18/06/2015, deo. 2016, COGNOME, Rv. 266258; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone ed altro, Rv. 260557).
In conseguenza, non può prosciogliersi l’imputato per difetto di querela, formula – astrattamente – più favorevole della presa d’atto dell’intervenuta prescrizione (Cfr. sez. 5, n. 3722 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262372: «Il proscioglimento per mancanza di querela è più favorevole della declaratoria di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione»).
1.3. Pertanto sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare l’esistenza di una cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pene maturata successivamente rispetto all’adozione della sentenza impugnata (sentenza di secondo grado del 21 dicembre 2022; prescrizione massima maturatasi, come detto, il 26 settembre 2023).
E’ poi appena il caso di sottolineare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è ben noto che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità, addirittura pur se di ordine generale, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Cremonese, Rv. 220511) e non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in presenza, come nel caso di specie, di una causa di estinzione del reato, quale la prescrizione (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275).
Infine, non ricorrono le condizioni per uria pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle non illogiche
valutazioni rese dalla Corte di appello nella sentenza: non emergendo, dunque, all’evidenza circostanze tali da imporre, quale mera “constatazione” cioè presa d’atto, la necessità di assoluzione (Sez. U, n. 35490 del 28/0512009, COGNOME, Rv. 244274), si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere, appunto, il reato contestato estinto per prescrizione.
Discende, pertanto, la statuizione in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 30/11/2023.