Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16994 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16994 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Bronte il 06/10/1970
avverso la sentenza del 17/05/2024 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Catania ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i delitti di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena (artt. 378 e 390, cod. pen.).
1.1. Egli è stato ritenuto colpevole di aver favorito la latitanza di NOME COGNOME all’epoca colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere per il delitto di omicidio nonché da ordine di carcerazione per l’esecuzione di una condanna definitiva alla pena di otto anni di reclusione, per partecipazione ad associazione mafiosa e finalizzata al traffico di stupefacenti e per altri reati.
A Montagno si addebita, in particolare, di aver ospitato Sciacca in un proprio casolare di campagna, presso il quale quegli è stato poi catturato ed arrestato, nonché di aver a lui procurato cibo e vettovaglie.
1.2. Le concordi decisioni dei giudici di merito si fondano essenzialmente sulle seguenti circostanze e le correlate considerazioni:
durante il periodo in cui gli investigatori hanno installato una telecamera nei pressi del casolare, pari a circa quattro mesi, l’imputato è stato visto costì abitualmente e, in un paio di occasioni, vi è entrato con delle buste della spesa, uscendone sùbito dopo;
all’interno di quel casolare, in occasione dell’arresto dello Sciacca, sono stati rinvenuti due borsoni contenenti biancheria intima ed effetti personali dello stesso, a conferma di una sua permanenza non transitoria né occasionale in quel luogo;
durante le operazioni di arresto di Sciacca, l’imputato è sopraggiunto sul posto con la propria autovettura, al cui interno sono stati rinvenuti generi alimentari anche deperibili, che, trattandosi del 27 di agosto, non potevano ritenersi compatibili con la destinazione al consumo per una cena tra colleghi, come invece da lui dichiarato, essendo, inoltre, illogico che egli, per acquistare quanto necessario per la cena, avesse interrotto il lavoro anziché attendere la fine della giornata lavorativa;
COGNOME ha ammesso di conoscere personalmente Sciacca, soggetto comunque noto nella zona per la sua elevata caratura criminale;
la circostanza per cui il latitante non sia mai stato notato dagli investigatori presso quel casolare, se non nel giorno del suo arresto, non è sufficiente per ritenere che vi si sia trovato soltanto di passaggio, giacché l’ufficiale di polizi giudiziaria che ha effettuato l’indagine ha testimoniato che la telecamera ivi installata non riprendeva l’intero fondo;
in ogni caso, i reati sarebbero configurabili per il solo fatto della messa a disposizione del luogo in favore del ricercato, a prescindere dal tempo di permanenza di quest’ultimo presso lo stesso.
Impugna la sentenza d’appello l’imputato, con atto del proprio difensore, sulla base di sei motivi, ovvero:
violazione di legge e vizi di motivazione in punto di sussistenza del delitto di favoreggiamento: per l’effettiva pericolosità della condotta favoreggiatrice, e quindi per l’offensività di essa, è necessaria – si sostiene – l’assidua frequentazione di un dato luogo da parte del latitante; nello specifico, invece, Sciacca non avrebbe mai frequentato quel casolare, non comparendo mai nelle riprese ivi effettuate dalla polizia giudiziaria, e vi sarebbe giunto solo poco prima di essere arrestato,
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non essendo neppure dimostrato che, nell’occasione, egli sia stato sorpreso all’interno di esso;
II) violazione di legge e vizi di motivazione in ordine al delitto di procurata inosservanza di pena: la sentenza avrebbe sostanzialmente omesso di motivare sullo specifico punto; inoltre, non sarebbe stata dimostrata la consapevolezza, da parte del Montagno, della condizione di Sciacca di condannato in via definitiva; e, infine, tale consapevolezza non sarebbe comunque sufficiente ad integrare il reato, se non accompagnata da alcuna attività specifica di copertura della latitanza;
III) violazione della legge penale, in tema di concorso tra i due delitti oggetto della condanna: il favoreggiamento personale, infatti, non si potrebbe configurare in caso di aiuto prestato ad un soggetto già rinviato a giudizio o condannato, qual era Sciacca;
IV) violazione di legge ed assenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis, cod. pen.): la relativa richiesta – si deduce – è stata avanzata dalla difesa alla Corte d’appello al momento delle conclusioni, con specifica indicazione delle relative ragioni, ma in sentenza non si inviene alcuna motivazione sul punto; peraltro – rimarca il ricorso – tale causa di non punibilità è applicabile anche ai fatti commessi prima della sua estensione ai reati come quelli oggetto di giudizio, avvenuta ad opera del d.lgs. n. 150 del 2022, e può essere ravvisata anche d’ufficio dal giudice d’appello;
V) violazione di legge e vizi di motivazione nella parte relativa al diniego della estinzione dei reati per prescrizione: la Corte d’appello ha escluso che fosse decorso il relativo termine di legge, ritenendo che esso fosse rimasto sospeso anche – dal 23 maggio al 14 novembre 2017 (per 175 giorni), a causa dell’adesione del difensore dell’imputato all’astensione dalle udienze proclamata dall’organismo rappresentativo di categoria; ma – obietta il ricorso – l’udienza, pur essendo in corso l’astensione dell’avvocatura, era stata rinviata per l’assenza del testimone quel giorno chiamato a deporre, e quindi per ragioni relative all’acquisizione della prova, non operando perciò la sospensione del termine di prescrizione;
VI) violazione di legge e vizi di motivazione in ordine al disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avendo la sentenza tenuto in considerazione il corretto comportamento processuale dell’imputato ed il fatto che egli si sia sottoposto ad interrogatorio.
3. Ha depositato requisitoria scritta la Procura generale, chiedendo di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata dev’essere annullata senza rinvio, perché non tutti i motivi di ricorso risultano inammissibili e, nelle more del presente giudizio, è spirato il termine legale di prescrizione del reato, che, perciò, si è estinto.
Le cause di estinzione del reato, al pari di ogni altra ragione di proscioglimento immediato di cui all’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., qualora sopravvengano al provvedimento impugnato, sono rilevabili d’ufficio dalla Corte di cassazione, non implicando la necessità di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito, incompatibili con i limiti del giudizio di legittimità (Sez. U, n. 8413 d 20/12/2007, Cassa, Rv. 238467, proprio in tema di prescrizione).
Ciò vale, a meno che tutti i motivi del ricorso proposto siano inammissibili, anche soltanto per manifesta infondatezza, poiché tale situazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità, a norma dell’art. 129, cit. cod proc. pen. (così, sempre con precipuo riferimento alla prescrizione, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266).
Per altro verso, la presenza di tale causa di estinzione del reato fa sì che, in sede di legittimità, non siano rilevabili eventuali nullità di ordine generale né viz di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275).
Tanto premesso, essendo la prescrizione un istituto di diritto sostanziale (Corte cost., sentenza n. 393 del 23 novembre 2006), deve aversi riguardo alla relativa disciplina in vigore al momento del fatto.
Pertanto, nello specifico, in relazione alla misura della pena edittale prevista per i suddetti reati, per entrambi inferiore ai sei anni di reclusione, il termine prescrizione è di sei anni, prorogato, per effetto di successive interruzioni, a sette anni e sei mesi, a decorrere dalla data di commissione del reato: ovvero dal 27 agosto 2015.
Considerando, inoltre, che il relativo decorso – secondo quanto si legge in sentenza – è rimasto complessivamente sospeso, ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3), cod. pen., per un anno, sei mesi e quattordici giorni (compreso il periodo oggetto di contestazione da parte della difesa), detto termine è spirato il 10 settembre 2024.
4. È sufficiente osservare, allora, che quanto meno la doglianza riguardante il vizio della motivazione in punto di dolo non può affatto reputarsi inammissibile.
Per entrambi i reati oggetto d’addebito, infatti, è sufficiente il dolo generico, e lo è anche nella forma eventuale. Esso, tuttavia, nel caso del favoreggiamento
personale, presuppone che l’agente, quand’anche non sia pienamente consapevole del fatto che la persona da lui aiutata sia oggetto d’investigazione da parte
dell’autorità giudiziaria o di polizia o sia da queste ricercata, per lo meno s rappresenti tale situazione e, ciò non di meno, presti volontariamente il proprio
ausilio a quella, onde consentirle di sottrarsi all’attività di dette autorità (v., ad
Sez. 5, n. 50206 del 11/10/2019, COGNOME, Rv. 278316). Con riferimento, poi, alla procurata inosservanza di pena, la consapevolezza o la rappresentazione
debbono riguardare l’esistenza di una condanna a carico del soggetto aiutato e la eseguibilità di essa (Sez. 5, n. 18368 del 09/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv.
229231). Non è sufficiente, in altri termini, che l’agente sappia o si rappresenti l’eventualità che la persona da lui aiutata abbia genericamente “problemi” di
natura giudiziaria e voglia evitare di essere rintracciata; né, ancor meno, può
esserlo la semplice conoscenza del fatto che si tratti di soggetto con trascorsi giudiziari, ancorché di rilievo (non potendosi per ciò solo escludere, ad esempio, che a cercarlo, anziché le forze di polizia, siano altri malavitosi come lui).
Nello specifico, invece, la motivazione della sentenza impugnata non scioglie del tutto il dubbio sul punto, limitandosi ad individuare degli elementi sicuramente suggestivi (la conoscenza personale tra l’imputato e Sciacca e la descrizione di quest’ultimo come «soggetto di elevata caratura criminale, ampiamente conosciuto nel contesto territoriale»), ma comunque non tali da rendere logicamente indiscutibile la consapevolezza, da parte dell’imputato, che la persona da lui ospitata si stesse sottraendo, in quel periodo, all’esecuzione di una condanna o di un provvedimento di custodia cautelare: con la conseguenza che le obiezioni difensive, se non proprio fondate e tali da rendere necessario un supplemento di motivazione sul punto, non possono comunque reputarsi prive di qualsiasi fondamento e, in quanto tali, inammissibili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025.
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COGNOME
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