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Prescrizione reato: annullata condanna per decorrenza

La Corte di Cassazione annulla una condanna per accesso abusivo a sistema informatico, dichiarando l’estinzione del crimine per intervenuta prescrizione del reato. La Corte ha stabilito che il termine massimo di otto anni era già decorso alla data della sentenza d’appello, essendo l’ultima condotta risalente al 2013. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata senza rinvio per gli effetti penali, senza alcun addebito di spese alla parte civile.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato: La Cassazione Annulla Condanna per Decorrenza dei Termini

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha annullato una condanna per accesso abusivo a sistema informatico, evidenziando il ruolo cruciale della prescrizione del reato nel sistema penale. Questo caso dimostra come il decorso del tempo possa estinguere l’azione penale, anche a fronte di una responsabilità accertata nei precedenti gradi di giudizio. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Un imputato era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte d’Appello per il delitto previsto dall’art. 615 ter del codice penale (accesso abusivo a un sistema informatico). L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su un unico, decisivo motivo: l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

L’ultima condotta illecita contestata risaliva al 4 aprile 2013. Secondo la normativa applicabile ratione temporis, il termine massimo di prescrizione per tale reato, comprensivo degli atti interruttivi, era fissato in otto anni. Pertanto, tale termine era spirato il 4 aprile 2023, ben prima della pronuncia della Corte d’Appello, datata 6 novembre 2024.

La Prescrizione del Reato e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, riconoscendo la fondatezza del motivo legato alla prescrizione del reato. I giudici hanno constatato che, al momento della sentenza d’appello, il reato era già estinto. Non essendo emerse cause di sospensione del termine e non sussistendo i presupposti per un proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p. (che richiede l’evidenza dell’innocenza dell’imputato), la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del reato.

La Sorte delle Spese della Parte Civile

Un altro aspetto interessante della sentenza riguarda la decisione sulle spese legali della parte civile. La Corte ha stabilito che nulla era dovuto a titolo di rimborso. La motivazione si fonda su due pilastri:
1. Il ricorso dell’imputato verteva esclusivamente sulla prescrizione del reato, una questione di diritto penale su cui la parte civile non ha un interesse giuridico a controdedurre.
2. La parte civile si era limitata a chiedere genericamente il rigetto del ricorso, senza fornire un contributo argomentativo specifico per contrastare i motivi di impugnazione.

Seguendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha concluso che, in tali circostanze, non è dovuta la liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Suprema Corte è lineare e si basa su un calcolo matematico del tempo. Verificata la data dell’ultima condotta (4 aprile 2013) e il termine massimo di prescrizione (otto anni), la Corte ha semplicemente constatato che tale termine era scaduto il 4 aprile 2023. Poiché la sentenza di appello è intervenuta successivamente, essa avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del reato anziché confermare la condanna. L’annullamento senza rinvio è la conseguenza diretta di questa constatazione, poiché non vi sono ulteriori questioni di merito da decidere. La decisione sulle spese della parte civile è motivata dal principio secondo cui il rimborso è legato a un’effettiva attività difensiva volta a contrastare i motivi del ricorso, attività che in questo caso è mancata e che, comunque, non avrebbe avuto pertinenza data la natura del motivo sollevato.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: la pretesa punitiva dello Stato non può essere esercitata senza limiti di tempo. La prescrizione del reato funge da garanzia per il cittadino, assicurando che i processi si concludano entro un termine ragionevole. Il caso in esame dimostra che, anche quando la responsabilità penale sembra accertata, il decorso del tempo è un fattore determinante che il giudice è tenuto a rilevare, con l’effetto di annullare la condanna per gli effetti penali. Inoltre, chiarisce i limiti del diritto al rimborso delle spese per la parte civile nel giudizio di legittimità, specialmente quando l’oggetto del contendere è una questione, come la prescrizione, che esula dai suoi diretti interessi civilistici.

Perché la condanna è stata annullata dalla Corte di Cassazione?
La condanna è stata annullata perché il reato contestato si è estinto per prescrizione. Il termine massimo di otto anni era già trascorso alla data della sentenza della Corte d’Appello, rendendo la condanna non più applicabile per gli effetti penali.

Come è stato calcolato il termine di prescrizione del reato?
Il termine è stato calcolato partendo dalla data dell’ultima condotta illecita, il 4 aprile 2013. Considerando la pena massima prevista dalla legge all’epoca dei fatti e gli aumenti per gli atti interruttivi, la Corte ha determinato che il termine massimo di otto anni scadeva il 4 aprile 2023.

Per quale motivo la parte civile non ha ottenuto il rimborso delle spese legali?
La parte civile non ha ottenuto il rimborso perché l’unico motivo del ricorso riguardava la prescrizione, una questione puramente penale su cui la parte civile non aveva interesse giuridico a controbattere. Inoltre, la sua attività difensiva in Cassazione è stata considerata minima e non specifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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