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Prescrizione reato: annullata condanna per calunnia

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per calunnia a causa dell’intervenuta prescrizione del reato. Nonostante l’appello fosse stato dichiarato inammissibile per un vizio formale, la Corte ha stabilito che la causa di estinzione del reato prevale su ogni altra questione. La prescrizione era maturata prima ancora della sentenza di primo grado, determinando l’annullamento sia della condanna penale sia delle statuizioni civili per il risarcimento del danno.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato: Come Annulla una Condanna anche con Appello Inammissibile

L’istituto della prescrizione del reato rappresenta un principio cardine del nostro ordinamento giuridico, stabilendo che lo Stato non può perseguire un illecito penale dopo un certo lasso di tempo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza questo principio, chiarendo che la prescrizione prevale anche su vizi procedurali gravi, come l’inammissibilità di un appello. Analizziamo insieme questo interessante caso che ha portato all’annullamento di una condanna per calunnia.

I Fatti del Caso: Un Appello Formalmente Viziato

La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Taranto per il reato di calunnia, commesso tra il 2014 e il 2015. L’imputata, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso tale decisione.

Tuttavia, la Corte di appello di Lecce dichiarava l’impugnazione inammissibile. Il motivo? Un vizio puramente formale: la mancata allegazione, all’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputata, un requisito allora previsto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale (norma oggi abrogata). Di fronte a questa decisione, la difesa ricorreva in Cassazione, lamentando l’eccessivo formalismo e, soprattutto, evidenziando un fatto cruciale: il reato era già prescritto al momento della stessa condanna di primo grado.

La Decisione della Cassazione e la Prevalenza della Prescrizione del Reato

La Suprema Corte, pur riconoscendo la correttezza formale della decisione della Corte d’Appello sull’inammissibilità (alla luce della normativa allora vigente, come interpretata dalle Sezioni Unite), ha spostato il focus sulla questione sostanziale della prescrizione del reato.

I giudici di legittimità hanno constatato che il termine massimo di prescrizione per il reato di calunnia contestato (pari a sette anni e sei mesi, incluse le sospensioni) era maturato il 3 agosto 2023. La sentenza di condanna del Tribunale, però, era stata emessa solo il 4 ottobre 2023, quasi due mesi dopo l’estinzione del reato. La Corte di appello, concentrandosi sul vizio procedurale, aveva omesso di rilevare questa causa estintiva.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha applicato il principio sancito dall’art. 129 del codice di procedura penale, secondo cui il giudice ha l’obbligo di dichiarare immediatamente d’ufficio determinate cause di non punibilità, tra cui la prescrizione del reato. Questo dovere prevale su qualsiasi altra questione, inclusa l’analisi dei motivi di inammissibilità dell’impugnazione.

Una conseguenza fondamentale di questa decisione riguarda le statuizioni civili. La Corte ha revocato anche la condanna al risarcimento dei danni a favore della parte civile. La motivazione è logica e rigorosa: l’art. 578 c.p.p. consente di mantenere ferme le statuizioni civili solo se la prescrizione interviene dopo una sentenza di condanna valida. In questo caso, la condanna di primo grado era stata pronunciata quando il reato era già estinto, rendendola di fatto illegittima fin dall’origine. Mancava, quindi, un valido accertamento di responsabilità penale su cui fondare la responsabilità civile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche:

1. La prescrizione è sovrana: La maturazione dei termini di prescrizione deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche in presenza di un’impugnazione formalmente inammissibile. È un baluardo di civiltà giuridica che prevale sui formalismi procedurali.
2. Attenzione alle statuizioni civili: Se il reato si prescrive prima della sentenza di condanna di primo grado, le eventuali disposizioni a favore della parte civile vengono meno. Non può esserci condanna al risarcimento nel processo penale se manca un presupposto valido, ovvero un accertamento di colpevolezza pronunciato prima dell’estinzione del reato.

Un appello può essere dichiarato inammissibile se manca l’elezione di domicilio?
Sì, secondo la formulazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. in vigore per le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024, la mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio rendeva l’appello inammissibile.

Se un appello è inammissibile, il giudice può comunque dichiarare la prescrizione del reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’obbligo di dichiarare immediatamente una causa di estinzione del reato, come la prescrizione, prevale su qualsiasi questione procedurale, inclusa l’inammissibilità dell’impugnazione, come previsto dall’art. 129 c.p.p.

Cosa succede alle richieste di risarcimento danni se il reato si prescrive prima della condanna di primo grado?
Vengono revocate. La sentenza chiarisce che se la prescrizione matura prima della sentenza di primo grado, non esiste un accertamento di responsabilità valido. Di conseguenza, le statuizioni civili che condannano al risarcimento del danno devono essere annullate perché prive del loro fondamento giuridico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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