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Prescrizione reato: annullata condanna in Cassazione

Un imputato, condannato per il reato ex art. 642 c.p., ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione dei termini a comparire. La Corte, pur ritenendo il motivo non inammissibile, ha rilevato l’intervenuta prescrizione del reato, maturata dopo la sentenza d’appello. Di conseguenza, ha annullato la condanna senza rinvio, confermando le statuizioni civili, poiché la prescrizione è una causa di estinzione del reato che prevale sul merito quando il ricorso non è inammissibile.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato: Quando il Tempo Annulla la Condanna

La prescrizione del reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale che sancisce l’estinzione di un illecito per il decorso del tempo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10517/2025) offre un esempio chiaro di come questo principio possa intervenire anche nelle fasi finali del processo, portando all’annullamento di una condanna. Il caso riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per il delitto di cui all’art. 642 c.p., che vede la sua condanna cancellata proprio per il maturare dei termini di prescrizione durante il giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Il percorso giudiziario ha inizio con una condanna emessa dal Tribunale di Torino il 19 gennaio 2024. L’imputato viene ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 642 del codice penale. La sentenza viene confermata dalla Corte di Appello di Torino in data 11 giugno 2024. Non rassegnato, l’imputato decide di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi principali per contestare la decisione dei giudici di merito.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla Riforma Cartabia

L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomentazioni:
1. Violazione dei termini a comparire: Il primo motivo, di natura procedurale, lamentava la violazione del termine di 40 giorni per la comparizione nel giudizio d’appello, introdotto dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022). Al momento della presentazione del ricorso (25 luglio 2024), la questione sull’applicabilità di questo nuovo termine era ancora controversa e in attesa di un chiarimento definitivo da parte delle Sezioni Unite della Cassazione.
2. Vizio di motivazione: Il secondo motivo criticava la sentenza d’appello per mancanza e illogicità della motivazione, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente considerato un presunto errore materiale commesso dall’imputato nell’indicare la targa del veicolo coinvolto.

La Decisione della Corte: la Prescrizione del Reato prevale sul Merito

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso non inammissibile. Sebbene le Sezioni Unite avessero successivamente chiarito (con sentenza del 27/06/2024) che il nuovo termine di 40 giorni si applica solo agli appelli proposti dal 1° luglio 2024, al momento del ricorso dell’imputato era disponibile solo un’informazione provvisoria di tale decisione. Questa incertezza ha reso il motivo di ricorso non palesemente infondato, superando così il vaglio di ammissibilità.

Proprio la non inammissibilità del ricorso ha aperto la strada a una conseguenza decisiva. L’art. 129 del codice di procedura penale impone al giudice, in ogni stato e grado del processo, di dichiarare d’ufficio l’estinzione del reato. La Corte ha quindi verificato i termini di prescrizione e ha constatato che il reato contestato si era estinto il 2 agosto 2024, ovvero dopo la sentenza di appello ma prima della decisione della Cassazione.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sulla base di un principio cardine del diritto processuale penale: una volta che un ricorso supera il filtro di ammissibilità, il giudice è obbligato a rilevare eventuali cause di estinzione del reato, come la prescrizione del reato. In questo caso, la questione procedurale sollevata, seppur risolta in senso sfavorevole all’imputato da una successiva pronuncia delle Sezioni Unite, era sufficientemente seria al momento della proposizione da non poter essere considerata inammissibile. Questo ha permesso alla Corte di procedere all’esame dello stato del reato e a rilevarne l’estinzione.

Al contempo, i giudici hanno ritenuto il secondo motivo di ricorso (relativo al vizio di motivazione) aspecifico e non idoneo a determinare un proscioglimento nel merito con una formula più favorevole per l’imputato. Pertanto, la prescrizione è risultata la causa di estinzione prevalente. Di conseguenza, la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio.

Le Conclusioni

La sentenza evidenzia un aspetto cruciale: l’importanza della tempestività del processo e gli effetti della prescrizione del reato. Un ricorso in Cassazione, anche se basato su motivi che potrebbero non trovare accoglimento nel merito, se non è palesemente inammissibile può ‘tenere in vita’ il processo abbastanza a lungo da far maturare i termini di prescrizione. Questo porta all’annullamento della condanna penale. Tuttavia, è importante notare che la Corte ha confermato le ‘statuizioni civili’, il che significa che l’imputato potrebbe comunque essere tenuto a risarcire il danno alla parte lesa, poiché l’estinzione del reato per prescrizione non cancella automaticamente la responsabilità civile che ne deriva.

Quando si applica il nuovo termine a comparire di 40 giorni in appello introdotto dalla Riforma Cartabia?
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite citata nel provvedimento, la nuova disciplina che individua in quaranta giorni il termine a comparire nei giudizi di appello è applicabile ai soli atti di impugnazione proposti a far data dal 1° luglio 2024.

Cosa succede se il reato si prescrive mentre il processo è pendente in Cassazione?
Se il ricorso presentato non è inammissibile, la Corte di Cassazione è tenuta, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., a rilevare la causa di estinzione del reato e, di conseguenza, ad annullare la sentenza di condanna senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

L’annullamento della condanna per prescrizione cancella anche gli obblighi di risarcimento del danno?
No. Come specificato nel dispositivo della sentenza, la Corte annulla la sentenza impugnata per prescrizione del reato ma ‘conferma le statuizioni civili’. Ciò significa che le decisioni relative al risarcimento del danno a favore della parte civile rimangono valide.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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