Prescrizione Reato: Come un Vizio Procedurale Annulla la Condanna
La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 37555/2024 offre un’importante lezione su come un vizio procedurale, anche se apparentemente secondario, possa portare a un esito decisivo come l’estinzione del procedimento per prescrizione reato. In questo caso, un ricorso basato sulla scorretta revoca della sospensione condizionale della pena ha aperto la strada all’annullamento definitivo della condanna, dimostrando l’importanza di ogni singolo aspetto del diritto processuale.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per il reato di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, previsto dall’art. 483 del codice penale. L’imputato, dopo la condanna in primo grado, si era visto parzialmente riformare la sentenza dalla Corte d’Appello, la quale aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concesso.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando tre motivi: il diniego di un termine a difesa, un vizio di motivazione sulla responsabilità e, soprattutto, una violazione di legge relativa alla revoca del beneficio della sospensione condizionale.
Il Ruolo Chiave della Sospensione Condizionale
È stato proprio il secondo motivo di ricorso a rivelarsi cruciale. La difesa ha lamentato la violazione dell’art. 597, commi 3 e 4, del codice di procedura penale. La Corte di Cassazione ha ritenuto questo motivo ‘non manifestamente infondato’.
Il principio di diritto richiamato è chiaro: il giudice della cognizione può revocare la sospensione condizionale della pena, anche in assenza di un’impugnazione del Pubblico Ministero, ma a una condizione precisa. La revoca è legittima solo se le cause ostative alla concessione del beneficio (previste dall’art. 164, comma 4, c.p.) non erano documentalmente note al giudice che lo aveva concesso. Pertanto, il giudice d’appello ha l’onere di effettuare una ‘doverosa verifica’ su questo punto, acquisendo anche d’ufficio la documentazione necessaria.
Nel caso di specie, la sentenza della Corte d’Appello era silente: non specificava se tale verifica fosse stata effettuata né se il primo giudice fosse a conoscenza o meno delle cause ostative. Questa omissione ha costituito un vizio procedurale sufficiente a rendere il ricorso meritevole di un esame approfondito.
La Conseguenza: Rilievo d’Ufficio della Prescrizione Reato
La non manifesta infondatezza del motivo di ricorso ha avuto una conseguenza determinante. Ha impedito alla Corte di Cassazione di dichiarare immediatamente inammissibile il ricorso. Trovandosi quindi a dover esaminare nel merito la questione, la Corte ha avuto il dovere di rilevare d’ufficio ogni causa di estinzione del reato.
I giudici hanno calcolato che il termine massimo di prescrizione per il reato contestato, commesso il 10 ottobre 2016, era maturato il 10 aprile 2024. Poiché l’udienza di Cassazione si è tenuta in data successiva, l’unica conclusione possibile era dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione reato.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che la non manifesta infondatezza di anche un solo motivo di ricorso apre la via al controllo su eventuali cause di non punibilità maturate nel frattempo, come la prescrizione. La mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello sulla verifica delle condizioni per la revoca del beneficio ha rappresentato la ‘chiave’ che ha permesso di accedere a questo stadio di valutazione. Di conseguenza, l’annullamento della sentenza impugnata è diventato un atto dovuto.
Conclusioni
La sentenza impone l’annullamento senza rinvio della condanna. Ciò significa che il procedimento si chiude definitivamente e l’imputato non è più considerato colpevole, non per un’assoluzione nel merito, ma perché lo Stato non è riuscito a giungere a una condanna irrevocabile entro i termini massimi previsti dalla legge. Questo caso evidenzia come la precisione nell’applicazione delle norme procedurali sia fondamentale. Un errore nella motivazione di un aspetto apparentemente collaterale come la revoca di un beneficio può avere effetti radicali, portando all’estinzione del reato e all’annullamento completo della sentenza di condanna.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza?
La Corte ha annullato la sentenza perché il reato si è estinto per prescrizione, essendo trascorso il tempo massimo previsto dalla legge prima che fosse emessa una condanna definitiva.
Cosa ha permesso di dichiarare la prescrizione del reato?
La dichiarazione di prescrizione è stata possibile perché almeno uno dei motivi del ricorso, relativo alla revoca della sospensione condizionale della pena, non è stato ritenuto ‘manifestamente infondato’. Questo ha obbligato la Corte a esaminare il caso e a rilevare d’ufficio la maturazione dei termini di prescrizione.
Qual è l’errore commesso dalla Corte d’Appello riguardo la sospensione condizionale?
La Corte d’Appello ha revocato il beneficio della sospensione condizionale senza motivare in sentenza di aver verificato se le cause ostative alla concessione del beneficio fossero o meno note al giudice di primo grado, come invece richiesto dalla giurisprudenza.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37555 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 37555 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANT’ONOFRIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza pronunciata in data 7 novembre 2023 dalla Corte di appello di Brescia, che ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti per il reato di cui all’art. 483 cod. pen., revocando il beneficio della sospensione condizionale della pena (fatto commesso in Mantova il 10 ottobre 2016).
L’impugnativa consta di tre motivi, che eccepiscono il diniego al difensore di un termine di difesa, il vizio di violazione di legge in relazione alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena ed il vizio di motivazione in punto di conferma della responsabilità dell’imputato.
Il secondo motivo di ricorso, che denuncia la violazione dell’art. 597, commi 3 e 4, cod. proc. pen., non è manifestamente infondato, perché, avuto riguardo al principio di diritto secondo cui «Il giudice della cognizione può revocare – anche in mancanza di impugnazione del pubblico ministero (Sez. 3, n. 56279 del 24/10/2017, Rv. 272429) – la sospensione condizionale della pena concessa, in violazione dell’art. 164, comma 4, cod. pen., in presenza di cause ostative, a condizione che le stesse non fossero documentalmente note al giudice che ha concesso il beneficio, essendo a tal fine tenuto ad acquisire, anche d’ufficio, il fascicolo del giudizio per la doverosa verifica al riguardo» (Sez. 3, n. 34387 del 27/04/2021, Rv. 282084 in applicazione analogica di Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, COGNOME, Rv. 264381), nulla è detto nella sentenza impugnata circa l’espletamento da parte del giudice di appello della doverosa verifica al riguardo: ossia, circa la conoscenza o meno da parte del primo giudice delle cause ostative alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
La non manifesta infondatezza del motivo, come sopra illustrato, comporta il rilievo officioso della intervenuta estinzione del reato per prescrizione, essendone maturato il termine massimo il 10 aprile 2024.
S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Il Consigliere estensore
Così deciso 1’11 settembre 2024
Il Presidente