Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21962 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato ad Airola il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 15/12/2022 della Corte di appello di Napoli, quinta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
letta la memoria difensiva con conclusioni in data 01/03/2024;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 1.76 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso
chiedendo di disporsi l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’omessa pronuncia sulla continuazione, con declaratoria di inammissibilità nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15/12/2022, la Corte di appello di Napoli confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Benevento in data 20/05/2021 con la quale NOME COGNOME, in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni due, mesi due e giorni venti di reclusione per il capo A (artt. 110, 648, primo comma, cod. pen.) e a mesi tre di arresto per il capo B (art. 707 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla mancata pronuncia ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen., in relazione ai capi A) e B).
Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 516, 519 e 521 cod. proc. pen. Il fatto storico, come ricostruito dai giudici d appello, assume connotazioni diverse da come contestato, potendosi la stessa ritenere sussunta più nell’ipotesi di furto di cui al capo C (contestato al concorrente NOME COGNOME, in concorso con persona ignota) che non in quella di ricettazione di cui al capo A).
Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nonché del vincolo della continuazione tra i capi A) e B).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato ed il suo accoglimento determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo B), per essere il reato estinto per prescrizione, con conseguente eliminazione della relativa pena, pari a mesi tre di arresto; nel resto, il ricorso si profila inammissibile
Il primo motivo, oltre che evocativo di non consentite censure in fatto, è del tutto aspecifico in quanto pedissequamente reiterativo di doglianze già proposte avanti al giudice del gravame. Va, in proposito, rammentato il principio
di diritto secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità.
Il secondo motivo è del tutto generico in quanto manchevole dell’indicazione del fondamento nonchè della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento del motivo di censura, che non può ignorare – come, invece, avvenuto nella fattispecie – le affermazioni del provvedimento impugnato.
Il terzo motivo di ricorso che, con un primo profilo, contesta la mancanza di motivazione in ordine al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 6 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Suprema Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli rite decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 242419). Invero, il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Pertanto il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalenl:e rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione. E’ pertanto sufficiente – come avvenuto nella fattispecie – il diniego anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità (cfr., Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, COGNOME, Rv. 248737).
Di contro, con riguardo all’ulteriore profilo della continuazione, rileva in premessa il Collegio come il reato contravvenzionale, in relazione al quale non può
operare per legge l’aggravante della recidiva, avuto riguardo alla data di commissione del fatto, risulta essersi già prescritto in data 29/04/2022, ossia in epoca precedente alla pronuncia della sentenza di appello; ne consegue che il “silenzio” della Corte territoriale sulla richiesta di continuazione è improduttivo di effetti, avendo la prescrizione del reato di cui al capo B) fatto venir meno il presupposto (esistenza di due reati) per una sua delibazione.
Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo B) per intervenuta prescrizione del reato, a cui necessariamente consegue l’eliminazione della relativa pena inflitta a tale titolo, pari a mesi tre di arresto; nel resto, come detto, il ricorso si profila inammissibile
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo B) (art. 707 c.p.) per essere il reato estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena, pari a mesi tre di arresto. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 27/03/2024.