Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 31578/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 26/01/1965 avverso la sentenza del 05/06/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21/09/2022, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato NOME COGNOME, collaboratore di giustizia, colpevole del delitto di cui agli artt. 416 e 416bis .1 cod. pen., per aver costituito una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine, nonchØ furti all’interno di abitazioni o esercizi commerciali, aggravata dal fine di aver commesso il fatto al fine di agevolare la ndrangheta e, in particolare, la cosca armata COGNOME, propaggine della piø potente organizzazione denominata COGNOME COGNOME e – riconosciute le circostanze attenuanti generiche, computate con il criterio dell’equivalenza rispetto alla contestata recidiva, oltre che concessa l’attenuante speciale ex art. 416bis .1 terzo comma cod. pen., ritenuta la continuazione con i fatti giudicati con la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 17/05/2016, passata in giudicato il 16/10/2016 e, infine, applicata la diminuente del rito – lo ha condannato alla pena di un anno di reclusione, a titolo di aumento ex art. 81 cod. pen., rispetto alla sopra detta pronuncia, oltre al pagamento delle spese processuali.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria, in riforma quoad poenam della pronuncia di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta in mesi otto di reclusione, sostituendo la pena detentiva irrogata con la pena sostitutiva della detenzione domiciliare e, quindi, prescrivendo all’imputato di concordare con il servizio centrale di protezione il domicilio presso il quale sarà espiata tale pena.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo un motivo unico, a mezzo del quale vengono cumulativamente denunciati i vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per violazione di legge e motivazione apparente, contraddittoria e illogica, in riferimento all’art. 157 e seguenti cod. pen., stante la mancata declaratoria di estinzione per prescrizione del reato contestato. Con riferimento al reato associativo semplice, non si sarebbe dovuto tener conto della contestata recidiva, per non esser stata la stessa applicata in sede di determinazione della pena in concreto. Inoltre, essendosi applicato il disposto del quarto comma dell’art. 416bis .1 cod. pen., non si sarebbe dovuto computare – in vista del calcolo del termine di prescrizione – l’aggravante preveduta nella medesima norma.
In definitiva, il delitto associativo semplice – in ipotesi difensiva – si Ł prescritto il 24/12/2023, ossia prima della trattazione del processo in fase di appello.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Integrando brevemente quanto già sintetizzato in parte narrativa, può precisarsi come NOME COGNOME sia stato condannato, nell’ambito del presente processo, per il reato di associazione semplice finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, aggravat o dalla finalità agevolatrice mafiosa; la pena Ł stata determinata – a titolo di aumento per continuazione, rispetto a precedente condanna – in primo grado in un anno di reclusione, ridotta in appello a otto mesi di reclusione. ¨ stata riconosciuta la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, con il criterio della subvalenza rispetto alle circostanze attenuanti generiche ed Ł stata riconosciuta, inoltre, l’attenuante speciale della collaborazione.
2.1. L’unico auspicio difensivo Ł rappresentato, dunque, dalla richiesta di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, previa individuazione del termine massimo di prescrizione – in ipotesi difensiva – in anni otto e mesi nove, che sarebbe quindi vanamente spirato il 24 dicembre 2023.
2.2. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, però, la recidiva qualificata, a patto che non sia stata espressamente esclusa dal giudice, si riverbera comunque sulla determinazione del tempo necessario all’estinzione del reato per prescrizione, non avendo alcun rilievo il fatto che essa sia stata magari computata – nel giudizio di bilanciamento, effettuato a norma dell’art. 69, comma secondo cod. pen. – con il criterio della subvalenza, rispetto alle circostanze attenuanti. L’art. 157, comma 3, cod. pen., infatti, testualmente esclude che il giudizio comparativo di cui sopra abbia alcuna incidenza, sulla determinazione del termine di prescrizione (Sez. 6, n. 50995 del 09/07/2019, Pastore, Rv. 278058; Sez. 2, n. 21704 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275821; Sez. 2, n. 4687 del 15/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275639).
2.3. Giova altresì ricordare come, allorquando ricorra l’aggravante mafiosa, la prescrizione massima non possa mai consolidarsi, nel senso che – dopo ciascun atto interruttivo – il termine ordinario ricomincia a decorre nuovamente, senza mai raggiungere un tetto e, pertanto, sostanzialmente all’infinito (si veda, fra tante, Sez. 2, n. 4822 del 15/11/2022, dep. 2023, Cristiano, Rv. 284389: ‹‹In tema di reati aggravati ex art. 416bis .1. cod. pen., trova applicazione la disciplina della prescrizione disposta dall’art. 160, comma terzo, cod. pen., che, per i reati di cui all’art. 51, commi 3bis e 3quater , cod. proc. pen., non prevede un termine massimo, sicchØ, in questi casi la prescrizione matura soltanto se, da ciascun atto interruttivo, sia decorso il termine minimo fissato
dall’art. 157, cod. pen. e pertanto, in presenza di plurimi atti interruttivi, Ł potenzialmente suscettibile di ricominciare a decorrere all’infinito››; sulla medesima direttrice interpretativa si era posta anche Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 271164). Ed Ł infine pacifico – nella concreta fattispecie – che il termine ordinario di prescrizione non sia mai decorso, tra due successivi atti in grado di svolgere funzione interruttiva.
Giova precisare, infine, che la disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 416bis .1. cod. pen. – specificamente richiamato dalla difesa – opera sul piano dell’elisione dell’aumento di pena previsto per l’aggravante di cui al primo comma, ai fini del computo della pena ai sensi dell’art. 157 cod. pen.; tale diposto, invece, non influisce nØ sugli effetti interruttivi ex art. 161 cod. pen., nØ sullo speciale regime da esso previsto,quanto alle condizioni fattuali del metodo e del fine mafioso, comunque formalmente contestate e riconosciute in sentenza.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 21/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME