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Prescrizione reato 334 cp: quando inizia a decorrere?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, stabilendo un principio fondamentale sulla prescrizione reato 334 cp (sottrazione di cose sequestrate). La Corte ha ribadito che, in assenza di prove contrarie, il momento consumativo del reato, e quindi l’inizio della prescrizione, coincide con la data in cui l’autorità accerta la mancanza dei beni, e non con la data del sequestro. I restanti motivi del ricorso sono stati respinti per genericità.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Reato 334 cp: la Cassazione chiarisce il Momento Consumativo

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di reati contro l’amministrazione della giustizia: la decorrenza della prescrizione reato 334 cp, ovvero la sottrazione di cose sottoposte a sequestro. La decisione ribadisce un orientamento giurisprudenziale consolidato, offrendo chiarimenti fondamentali sul momento in cui il reato si considera commesso, con importanti conseguenze pratiche. L’analisi del caso permette di comprendere non solo le dinamiche della prescrizione, ma anche i requisiti di ammissibilità di un ricorso in Cassazione.

I Fatti di Causa: il Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato era stato condannato per il reato di cui all’art. 334 del codice penale, per aver sottratto dei beni che erano stati precedentemente sottoposti a sequestro.

Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali:
1. La violazione di legge per la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
2. La mancata sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
3. L’avvenuta prescrizione del reato, sostenendo che il reato si fosse consumato in un’epoca prossima al sequestro dei beni e non al momento del successivo accertamento della loro mancanza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su due distinte valutazioni: la genericità dei primi due motivi e la manifesta infondatezza del terzo, relativo alla prescrizione.

Le Motivazioni: la Prescrizione del Reato ex Art. 334 c.p. e la Genericità dei Motivi

La Corte ha esaminato attentamente ogni motivo di ricorso, giungendo a conclusioni nette che rafforzano principi consolidati del nostro ordinamento.

La Genericità dei Primi Motivi d’Appello

I primi due motivi, riguardanti la tenuità del fatto e la sostituzione della pena, sono stati giudicati generici. La Cassazione ha ricordato che un ricorso è inammissibile quando i motivi si limitano a richiamare la disciplina normativa senza evidenziare i vizi specifici della sentenza impugnata. È necessario, infatti, fornire una precisa prospettazione delle ragioni di fatto e di diritto che si intendono sottoporre a verifica, cosa che nel caso di specie non era avvenuta. Il ricorrente non aveva spiegato perché, nel suo caso specifico, la decisione dei giudici di merito fosse errata.

Il Momento Consumativo e la Prescrizione Reato 334 cp

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del terzo motivo, quello relativo alla prescrizione reato 334 cp. Il ricorrente sosteneva che la prescrizione dovesse calcolarsi dalla data del sequestro. La Corte ha respinto questa tesi come manifestamente infondata, richiamando una pacifica giurisprudenza in materia.

Secondo l’orientamento consolidato, il momento consumativo del reato di sottrazione di beni sequestrati può essere ritenuto coincidente con quello dell’accertamento della loro mancanza da parte dell’autorità. Si tratta di una presunzione che può essere superata solo se l’imputato riesce a provare rigorosamente l’esistenza di situazioni che rendano almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto. In assenza di elementi di segno contrario, si presume che la dispersione del bene sia avvenuta in un’epoca prossima alla data in cui l’autorità ne ha accertato l’assenza. Di conseguenza, è da tale data che inizia a decorrere il termine di prescrizione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che chi intende contestare una sentenza in Cassazione deve formulare motivi specifici e dettagliati, non potendosi limitare a un generico richiamo di norme. In secondo luogo, e più significativamente, consolida il principio per cui, nel reato di sottrazione di beni sequestrati, la prescrizione inizia a decorrere dal momento dell’accertamento della mancanza dei beni. Questa presunzione sposta sull’imputato l’onere di dimostrare che il reato sia stato commesso in un momento precedente, una prova spesso difficile da fornire. Tale interpretazione garantisce una maggiore efficacia nella repressione di condotte che ledono l’autorità delle decisioni giudiziarie.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato di sottrazione di beni sequestrati (art. 334 c.p.)?
Secondo la Corte di Cassazione, in mancanza di prove contrarie, si presume che la prescrizione inizi a decorrere dalla data in cui l’autorità giudiziaria accerta la mancanza dei beni sequestrati, e non dalla data in cui è stato disposto il sequestro.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato generico, e quindi inammissibile, quando non contiene una precisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno della richiesta, ma si limita a richiamare astrattamente le norme di legge senza criticare specificamente i punti della sentenza impugnata.

È possibile provare che la sottrazione dei beni sia avvenuta in un’epoca diversa da quella dell’accertamento?
Sì, è possibile, ma la Corte specifica che è necessario fornire una prova rigorosa di situazioni che possano confutare la presunzione e rendere almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto. L’onere di fornire tale prova grava sull’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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