Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8214 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8214 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Milano il 27/03/1986;
avverso la sentenza del 09/07/2024 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME Di NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma per valutare se le condotte successive alla cessazione di COGNOME dalla carica di amministratore della RAGIONE_SOCIALE possano essere riqualificate come tentativo di reato, con rideterminazione della pena;
lette le conclusioni dell’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse della parte civile RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore delegato e rappresentante legale, Avvocato NOME COGNOME che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali come da nota allegata;
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lette le conclusioni dell’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Roma con la quale NOME COGNOME è stato condannato, per il delitto di cui all’art.316-ter cod. pen., alla pena di du anni di reclusione in quanto la società di cui era legale rappresentante, RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto ed ottenuto, dal 14 ottobre 2015 al 3 aprile 2017, dal gestore dei servizi energetici (GSE) incentivi economici pubblici, negoziabili nel mercato protetto, per la somma di euro 653.812,85, senza documentare l’avvenuta realizzazione dei progetti che ne legittimassero la corresponsione, con esclusione dei fatti commessi il 14 ottobre 2015 e il 9 dicembre 2015 per i quali non era stata superata la soglia di punibilità di euro 3.999,96.
Inoltre, la sentenza ha confermato la condanna dell’imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile RAGIONE_SOCIALE liquidato in complessivi euro 649.480,33.
Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore di fiducia, censurando vizio di motivazione della sentenza impugnata per non avere considerato che il ricorrente fosse cessato dalla carica di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE a partire da dicembre 2015 cosicchè le richieste per ottenere gli incentivi economici dal GSE successive a tale data non potevano essergli attribuite.
La Corte di merito, inoltre, aveva erroneamente ritenuto che vi fosse stata una richiesta cumulativa valida per tutti i progetti tanto da qualificare il reato ” consumazione prolungata”, mentre ogni domanda di efficientamento era autonoma e ogni frazione della condotta illecita si era consumata alla data dell’erogazione e non alla data della richiesta dell’incentivo.
Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio, con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive disposizioni di legge, e le parti hanno concluso come in epigrafe indicato.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nei limiti indicati dalla motivazione che segue.
Il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. si consuma nel luogo in cui il soggetto pubblico erogante dispone l’accredito di contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre provvidenze in favore di chi ne abbia indebitamente fatto richiesta, perché con tale atto si verifica la dispersione del denaro pubblico.
Allorché le erogazioni pubbliche siano conferite in ratei periodici ed in tempi diversi il delitto deve ritenersi «unitario a consumazione prolungata con la conseguenza che la relativa consumazione cessa con la percezione dell’ultimo contributo» (in questi termini l’informazione provvisoria n. 17/2024 della sentenza delle Sezioni Unite emessa il 28 novembre 2024).
Sulla base di tale premessa ermeneutica, occorre rilevare che, nel caso di specie, la tariffa agevolata prevista dall’art. 24, secondo comma, d. Igs. n. 28 del 3 marzo 2011 (attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) e dal D.M. 19 febbraio 2007, c.d. secondo conto energia, è un «incentivo che ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio» per la produzione di energia alternativa di natura fotovoltaica ed è erogato a fondo perduto dal RAGIONE_SOCIALE, il cui azionista unico è il Ministero dell’economia e delle finanze, che svolge funzioni di natura pubblicistica nel settore elettrico e, in particolare, in tema di incentivazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, sovraintende alla gestione del relativo sistema pubblico di incentivazione, previa verifica dei presupposti e dei requisiti normativi per ottenerla e mantenerla provvedendo alla concreta erogazione.
Ne consegue che il contributo versato dal RAGIONE_SOCIALE rientra nell’ambito delle erogazioni pubbliche di cui all’art. 316-ter cod. pen. (come già affermato da Sez. 6, n. 9060 del 30/11/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284336 e Sez. 6, n. 12625 del 19/02/2013, Degennaro, Rv.254490).
Deve, dunque, ritenersi che, con riferimento alla fattispecie in esame, il reato contestato all’imputato si sia consumato con l’ultimo contributo erogato dal GSE S.p.a. in data 3 aprile 2017 e si sia estinto per prescrizione il 3 ottobre 2024 essendo maturato il termine massimo, pari ad anni sette e mesi sei, ex artt. 157 e 161 cod. pen., in assenza di cause di sospensione.
Ne discende l’obbligo di immediata declaratoria di estinzione del reato, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non emergendo dagli atti, in termini di “evidenza”, elementi per pervenire ad una pronuncia assolutoria ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
La rilevata causa di estinzione del reato comporta, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza agli effetti penali.
3.In ordine alle statuizioni civili a favore della RAGIONE_SOCIALE, la sentenza impugnata ha omesso di considerare che parte degli incentivi indebitamente erogati sono stati conseguiti dopo che il ricorrente aveva cessato il ruolo di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE destinataria del beneficio.
Né risulta che il danno arrecato alla parte civile da parte dell’imputato sia desumibile dal capo di imputazione, dalla sentenza o dal ricorso, mancando gli elementi utili a quantificarlo ovverosia: a) il periodo in cui COGNOME ha ricoperto carica societaria; b) le richieste di incentivi da lui sottoscritte; c) la data in c società ha ottenuto le erogazioni.
Sulla base delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, agli effetti penali, in quanto il reato è estinto pe prescrizione; mentre agli effetti civili la sentenza va annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione.
Annulla altresì la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso il 24 gennaio 2025
La Consigliera
NOME
sid ente